Zibordi Giovanni: un intellettuale riformista
04 agosto 2004
di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 17 novembre 2002 - anno 5 - numero 42
Nel 1904, dopo tormentate vicissitudini, dalle quali ebbe vita difficile, in quanto riformista turatiano, da parte dei "rivoluzionari" in provincia di Mantova, Giovanni Zibordi andò a Reggio Emilia, "il principale laboratorio di vita socialista" (come egli stesso la definì).
In quell’anno il socialismo reggiano, alle valide schiere che già aveva, aggiunse due grandi nomi: il prof. Giovanni Zibordi, su invito di Prampolini chiamato a dirigere il quotidiano socialista "La Giustizia" e l’insegnante Giuseppe Soglia, chiamato a dirigere le scuole comunali (di quest’ultimo abbiamo tracciato un profilo in un precedente articolo). Giovanni Zibordi nacque a Padova il 20 settembre 1870, da famiglia agiata che aveva proprietà a Poggio Rusco (Mantova) e, in questa località, passava le vacanze estive ed, infine, vi si trasferì definitivamente nel 1886. Si laureò in storia e letteratura a Bologna, dove fu allievo del Carducci, nel 1892. Insegnò italiano in ginnasi e licei di diverse città d’Italia. Nel 1901 abbandonò l’insegnamento per assumere la direzione del giornale socialista "Nuova Terra" di Mantova.
Della fase ateistica e anticlericale del pensiero carducciano, Zibordi conservò una specie di culto, rievocandola poi nella sua affermazione di incompatibilità fra fede religiosa e appartenenza al partito socialista. Ma fin dalla nascita del socialismo come partito, Francesco Zanardi e Giovanni Zibordi erano due giovani attivi nel Circolo radicale di Poggio Rusco. Infatti il Circolo radicale di Poggio Rusco e quello di Serravalle Po, furono gli unici organismi della provincia di Mantova, presenti al congresso costitutivo il partito socialista nell’agosto del 1892 a Genova, con delega a Camillo Prampolini.
A rafforzare questo concetto, Zibordi ricordava su "Critica Sociale" del 16 marzo 1908, che già nel 1890: "… cominciavano a sorgere qua e là, specialmente nella Bassa provincia (Mantova) e nei pressi delle rive del Po, grande agitatore di onde e di idee, i ‘circoli’ di giovani, non ancora socialisti ma aspiranti a studiare con criteri nuovi, la questione sociale".
Nel 1894 con le leggi eccezionali crispine furono sciolti d’autorità, il Circolo socialista e la Società di Mutuo Soccorso di Poggio Rusco e Zibordi, quale dirigente di entrambi, subì due processi in Pretura, dove venne condannato a tre mesi di domicilio coatto. In sede di appello il Tribunale lo assolse per inesistenza di reato. Per comprendere quell’intricato e tempestoso periodo del movimento proletario socialista mantovano, annotava Zibordi, "si doveva aver presente la sinistra influenza della democrazia, sorgente di pseudo-rivoluzionarismo e al tempo stesso di inquinamento interclassista". Sottoposto a duri attacchi, con la vittoria della corrente ferriana, Zibordi presentò nel dicembre del 1903 le dimissioni da direttore della "Nuova Terra", che vennero accettate. Fu quello l’epilogo di una irriducibile lotta all’interno del partito, che vedeva schierata la tendenza "rivoluzionaria" guidata da Enrico Ferri, Girolamo Gatti ed Enrico Dugoni, contro la tendenza riformista rappresentata da Zibordi, Vezzani e Bernaroli. Sulle note posizioni di Ferri, Turati espresse sempre la sua diffidenza; Ivanoe Bonomi lo attaccò con la critica acuta e precisa; Zibordi lo combatté con il suo sarcasmo e la sua intransigenza morale. Infatti la propaganda demagogica e "rivoluzionaria" del Ferri, poteva anche – in certo senso – incantare le masse, ma non riuscì a nascondere agli uomini politici più avveduti, il vuoto del pensiero e il fondo moderato del suo animo. Ferri era convinto che un buon discorso potrebbe creare tanto entusiasmo quanto seme poteva creare in un anno di lento lavoro organizzativo. Ben diciassette anni Zibordi rimase a Reggio Emilia come giornalista, consigliere e assessore comunale, consigliere provinciale e, con le suppletive del 1915, eletto deputato nel Collegio di Montecchio Emilia e, rieletto nel 1919 a Parma. Polemista valido, efficace ed agguerrito, fornito di un retroterra culturale solido, completava – in un certo senso – le attitudini propagandistiche di Prampolini, inventore e costruttore di organizzazioni proletarie, con il sostegno di una coerente affermazione ideologica.
Ciò non significa che la sua opera sia stata quella di un pedante dottrinario, tutt’altro, la sua produzione giornalistica e di oratore fu in prevalenza legata a elementi concreti. Giovanni Zibordi fece parte del gruppo dei fedeli di "Critica Sociale" e del vecchio riformismo. Combatté strenuamente con Turati e Treves, nei congressi, contro il programma massimalista e, specie dopo il primo dopoguerra, contro l’infatuazione bolscevica. Fu avverso alla guerra per l’esplicito richiamo ai principi dell’internazionalismo. Con l’avvento del fascismo, scampò fortunosamente ad un attentato squadristico, poi venne bandito da Reggio Emilia dai fascisti. Nel 1922 si trasferì a Milano alla redazione de "La Giustizia" organo del Psu.
Dopo la soppressione della stampa di opposizione, Giovanni Zibordi guadagnò da vivere per la famiglia, con lezioni private e con pubblicazioni di argomenti letterari. Durante il periodo fascista fu sorvegliato ed ammonito. Nel 1930 pubblicò il volume "Prampolini e i lavoratori reggiani". Si occupò di studi letterari fino alla morte, avvenuta a Bergamo il 30 luglio 1943.