Vacirca Vincenzo e le sue vicende avventurose

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - anno 4 - numero 44 - 2 dicembre 2001

Alberto Simonini, dopo la morte di Vincenzo Vacirca, di lui scrisse su "La Giustizia" del 6 gennaio 1957, che "…odiava ogni specie di dittatura, perché era socialista democratico; gratificava dello stesso disprezzo fascisti e comunisti, perché li considerava entrambi nemici del socialismo e della democrazia". Vincenzo Vacirca (nella foto) nacque a Chiaromonte Gulfi (Ragusa) il 26 novembre 1886. Nel ragusano (allora zona della provincia di Siracusa) ebbe inizio la sua attività politica. Nel 1899, appena tredicenne, fu con Nannino Terranova tra i fondatori del Circolo socialista di Vittoria. Di questo avvenimento ne feci accenno quando, su questa rubrica, trattai la figura di Nannino Terranova. Il giovane Vacirca cominciò presto a riflettere sull’ingiusto destino della povera gente della zona in cui viveva e a dedicare tutto se stesso al più alto e nobile degli ideali: il socialismo. Nel 1902 organizzò a Ragusa la Lega dei contadini e guidò i lavoratori in agitazioni che gli costarono 26 giorni di carcere e l’odio implacabile degli agrari. Successivamente svolse intensa attività propagandistica e diresse alcuni periodici: "Per il popolo" a Ragusa, "Sicilia nuova" e "L’insofferente" a Modica. Nel 1904 ricoprì la carica di segretario della Camera del Lavoro di Brindisi e diresse "L’azione socialista" organo della Cdl e della locale Federazione socialista. Nel 1906 diresse la "Parola socialista" di Ravenna e resse, come segretario, la Federazione del Psi. Trasferitosi a Venezia per tutto il 1907 fu direttore del "Secolo nuovo". Qui organizzò scioperi imponenti e riportò una grave condanna per reato di stampa. Dopo ciò, Vacirca si rifugiò in Brasile dove fu attivo propagandista e giornalista; difese i lavoratori delle "fazendas" e diresse l’ "Avanti!", organo dei socialisti italiani in Brasile. L’azione di Vacirca destò sicuramente allarme nelle sfere reazionarie di quel paese, per cui venne espulso. Vacirca riparò in Argentina, ma al suo arrivo a Buenos Aires venne arrestato come individuo sospetto ed indesiderabile, ma venne subito liberato grazie all’intervento di Enrico Ferri, che si trovava in Argentina per un ciclo di conferenze scientifiche. Rimase quindi in Argentina fino al 1911, continuando a lavorare per la classe operaia che comprendeva diversi emigrati italiani. Riuscì a rientrare in Italia clandestinamente ma, per sottrarsi alle varie condanne, dovette rifugiarsi a Trieste e poi nell’Istria (territorio Asburgico). A Pola ottenne la direzione del quotidiano "Istria socialista" e partecipò attivamente, anche qui, ad alcune agitazioni, perciò venne espulso anche dall’Austria. Non potendo tornare in Italia per le sue pendenze penali, emigrò negli Stati Uniti, dove rimase per sei anni, tenendo conferenze ed organizzando le operaie nella "American Federation of Labor" e dirigendo pubblicazioni a New York, a Chicago e a Boston. Tra il 1914-15 s’impegnò nella propaganda antimilitarista. Durante un comizio a New Orleans, contro la guerra, alcuni nazionalisti italiani gli spararono alcuni colpi di rivoltella, fortunatamente andati a vuoto. Ritornò in Italia nel 1919 e venne subito arrestato per condanne non scontate, ma poté essere liberato per amnistia. Proclamato candidato a Siracusa e a Bologna venne eletto deputato a Bologna. Alla Camera intervenne più volte su problemi dei lavoratori di Sicilia. In questo periodo s’impegnò a fondo nella propaganda tra i lavoratori della Sicilia Sud-Orientale. Nel 1920 fece parte della delegazione del Psi in visita a Mosca ed ottenne interviste con massimi esponenti bolscevichi, che vennero pubblicate sull’ "Avanti!". Con l’affermazione del fascismo, gli squadristi tentarono in più occasione di ucciderlo, a Ragusa, Modica, Noto, Avola, Vittoria, Bologna, Alessandria e solo per poco sbagliarono il bersaglio. Il disegno dei fascisti era di impedire ai lavoratori di ascoltare la parola di colui che non si piega di fronte a nessuna minaccia e continua imperterrito a denunciare ovunque le vergogne e i misfatti del regime fascista. Durante un suo comizio a Ragusa, vengono uccisi tre operai e ci sono una sessantina di feriti. Tutto ciò per intimidire la folla che accorre ovunque risuoni la voce dell’intrepido tribuno. Nel 1924 venne rieletto deputato in Sicilia, con una votazione trionfale. Minacciato di morte da fascisti, visse per qualche tempo a Milano, dove fu redattore capo dell’"Avanti!". Con la scissione del 1922 aderisce al Psu di Turati e Matteotti e divenne redattore della "Giustizia". Nel 1924 dopo esser stato a Londra su incarico del partito, si fermò a Lugano ove diresse il quotidiano "Libera Stampa"; condannato in contumacia a quattro anni di carcere venne privato del permesso di soggiorno in Svizzera. Quindi si rifugiò in Usa, dove riprese l’attività giornalistica e oratoria. Nel 1926 venne privato della cittadinanza italiana. Nel 1927 subisce un’aggressione nella ferrovia sotterranea di New York, ad opera di un gruppo di fascisti, e riportò una grave ferita alla testa. Nei suoi lunghi anni d’esilio, Vacirca pubblicò romanzi e monografie sociali, opere politiche, drammi e biografie. Nel 1943 fece parte dell’Office of Strategic Service e fu tra i primi a sbarcare in Sicilia dove lavorò nei servizi di propaganda e svolse anche attività politica. Nel dopoguerra considerò anacronistica la fedeltà del pensiero di Marx e di Lenin e l’alleanza Pci-Psi. Partecipò quindi alla costituzione del Psli di cui fu membro della direzione e direttore della "Giustizia". Della situazione del socialismo in Italia, Vacirca ne fu deluso e stanco. Colpito da un male incurabile, morì in un ospedale di Roma il giorno di natale del 1956.

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