Schiavi Alessandro: un'attività esemplare
04 agosto 2004
di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 5 gennaio 2003 - anno 6 - numero 01
Ai primi di dicembre 1896, presso la federazione socialista di Bologna, giunse ad Alessandro Schiavi (nella foto del 1897) che ne era il segretario organizzativo, una cartolina di Anna Kuliscioff che diceva testualmente: "siete stato nominato da Bissolati redattore dell’"Avanti!" preparatevi a raggiungere Roma". Notizia più lieta non poteva capitare per giovane romagnolo; era il coronamento dei suoi sogni.
Alessandro Schiavi nacque a Cesenatico (Rimini) il 28 novembre 1872, figlio di un medico benestante e di idee conservatrici e di una madre proveniente dall’aristocrazia forlivese. Svolse i suoi studi universitari a Roma quando ancora vi insegnava Antonio Labriola, e si laureò in legge.
Schiavi aderì al partito socialista fin dal 1894, impegnandosi subito con entusiasmo a questo ideale. Nell’agosto del 1896 era già schedato come "sovversivo" e le informazioni prefettizie indicavano il giovani Schiavi come fornito di "… intelligenza svegliata, cultura non comune… ha molta influenza locale e anche fuori provincia". Era piuttosto raro che le informazioni prefettizie sottolineassero le qualità positive dei "sovversivi" schedati. Naturalmente la scelta di Schiavi di aderire al Psi, comportò la dolorosa rottura con la famiglia. Diresse il settimanale forlivese socialista "Il Risveglio" e, come già accennato all’inizio, entrò a far parte della prima redazione del quotidiano "Avanti!" a Roma, come esperto di problemi esteri. Schiavi si dimostrò un giornalista e scrittore di vaglia, collaborando a diverse pubblicazioni italiane ed estere e tradusse le opere di Marx e di Engels e di altri eminenti politici della sinistra europea. Già nel 1896 partecipò al Congresso internazionale di Londra come membro della delegazione italiana. Maurizio Ridolfi, che ha curato un pregevole lavoro su: "Alessandro Schiavi – Indagine sociale, culture politiche e tradizione socialista nel primo ‘900" (Editrice "Il ponte vecchio" – Cesena 1994) cui partecipò un gruppo di validi studiosi, scrisse: "… da questo momento tutta la biografia politica e culturale di Schiavi si svolge all’insegna di un interscambio continuo tra "provincia" e continente, tra il pragmatismo sociale e il solidarismo etico acquisiti negli anni della formazione e circolazione di idee fra i riformatori di sinistra europei". Redattore dell’"Avanti!" affrontò coraggiosamente la dura reazione del 1898 che mostrava il suo volto con arresti in massa, stati di assedio e tribunali militari.
Riuscì a sfuggire all’arresto e fu costretto all’esilio in Svizzera. Trasferitosi a Milano, Turati gli affidò una rubrica di carattere internazionale su "Critica Sociale" e dove si instaurò, oltre che ad una lunga collaborazione con la rivista, una profonda amicizia e stima con il capo del riformismo italiano. Dal 1903 al 1910, Schiavi fu alla guida dell’ufficio del Lavoro della Società Umanitaria di Milano. Notevole ed apprezzato fu il lavoro eseguito e significativa l’azione svolta attraverso indagini statistiche sulle condizioni sociali ed economiche del mondo del lavoro. Nell’affrontare in modo moderno i problemi dei lavoratori, Schiavi riuscì a fare dell’Umanitaria un vero e proprio laboratorio di politica sociale. Dirigente dal 1911 al 1914 dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Milano, continuò l’opera iniziata nell’Umanitaria e poté svolgere una attività costruttiva ed una qualità progettuale, poche volte raggiunte nell’edilizia popolare in Italia.
Consigliere ed assessore comunale di Milano nelle giunte Caldare e poi Filippetti, in quella veste attuò una politica veramente rinnovatrice nel campo dell’edilizia popolare, della lotta al carovita ed alla municipalizzazione dei pubblici servizi. Dirigente politico di primo piano, presiedette l’assemblea della sezione socialista di Milano che nel 1914 espulse Mussolini dal Psi. Restò a Milano fino al 1926, poi fu costretto dai fascisti al potere, a tornare a Forlì, dove riprese la sua attività di studioso e di traduttore di opere politico-filosofiche, mantenendo, malgrado la sorveglianza, contatti con l’antifascismo militante in Italia e all’estero, non nascondendo mai la sua fede politica. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale fu amministratore a Forlì nella Giunta del Cln, come assessore alle Finanze e ai Lavori Pubblici. Fu anche consultore nazionale (1945). All’interno del partito apparteneva alla corrente di "Critica Sociale" e partecipò nel 1947 alla scissione di Palazzo Barberini. Fu senatore della Repubblica dal 1953 al 1958. Schiavi ebbe anche incarichi in istituzioni sovranazionali. Fu infatti Vice Presidente dell’Assemblea Ceca, all’epoca una delle prime strutture comunitarie europee. Nell’immediato dopoguerra Schiavi venne assorbito dalla sistemazione e pubblicazione dell’archivio Turati, prima che venisse depositato ad Amsterdam, e l’opera più impegnativa fu la raccolta e la pubblicazione del carteggio epistolare Turati-Kuliscioff. Schiavi oltre a quest’opera che comprendeva vari volumi si occupò dello studio delle origini del movimento operaio italiano e dei pionieri del socialismo. Inoltre pubblicò, per una larga diffusione, una collana di significative personalità del riformismo italiano, che intitolò: "I buoni artieri". Alessandro Schiavi morì a Forlì il 17 maggio 1965. Stefano Servadei scrisse ("Avanti!" 13 agosto 1986) che Alessandro Schiavi fu "… un maestro, un cavaliere dell’ideale, una lunga e attiva presenza che ha concorso a rendere gli uomini più liberi, il mondo più giusto, la speranza più attuale".