Montemarini Luigi e il mondo contadino
04 agosto 2004
di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 03 febbraio 2002 - anno 5 - numero 05
Nelle elezioni politiche del 1900, nel Collegio di Stradella (Pv); che fu l’antico collegio di Agostino Depretis, venne eletto per la prima volta e per il Psi, Luigi Montemartini, un giovane professore di botanica. Tale elezione produsse una notevole impressione, soprattutto per due aspetti: 1) per il valore politico del conte Arnaboldi, lo sconfitto, uno dei leader del partito conservatore della zona; 2) per la poca notorietà del competitore vittorioso.
Luigi Montemartini nacque il 6 marzo 1869 a Montù Beccaria (prov. di Pavia). Di famiglia benestante, compì gli studi a Pavia dove si laureò in scienze naturali, continuando poi a coltivare due distinti rami della botanica: la fisiologia e la patologia vegetale. Fu docente alla scola superiore di agraria a Milano e poi dell’Università di Pavia. Il suo impegno scientifico, che ebbe larghi riconoscimenti, si intrecciò ben presto con quello sociale e politico. Consigliere comunale a Montù Beccaria nel 1892, fondò il Circolo socialista e, nell’anno successivo, si iscrisse al Psi. Nel 1894 subì una condanna per aver organizzato una manifestazione di solidarietà per i fasci siciliani. Nel 1898 divenne consigliere provinciale e nel 1900 venne eletto deputato, e da allora restò ininterrottamente alla Camera per 23 anni, cioè fino all’avvento della dittatura fascista. Per quanto giovanissimo e nuovo ai lavori parlamentari, Montemartini si distinse subito a Montecitorio. L’opera sua di deputato fu più assidua e intensa che palese. Infatti, il deputato socialista di Stradella, partecipò alla discussione del bilancio dell’agricoltura e di quello della Pubblica Istruzione. Egli fu nella Commissione della Legge per gli appalti alle cooperative e vi sostenne l’emendamento favorevole alle Cooperative dei piccoli proprietari e mezzadri. Cercò anche di integrare alla Camera la grande battaglia da lui ingaggiata nel Consiglio Provinciale di Pavia a favore dei mondarisi. Ma quella che merita di essere ricordata è l’opera di Montemartini, per l’organizzazione dei piccoli proprietari e per l’affermazione dei principi cooperativistici tra i piccoli viticoltori dell’Oltrepo pavese che si concretizzò nell’organizzazione delle cantine sociali e per l’attenzione posta ai problemi del bracciantato agricolo e della sua organizzazione: la Federterra.
Per iniziativa di Montemartini la prima Cantina sociale fu costituita a Montù Beccaria, seguita da quella di San Damiano e di Motescano, confluite poi nelle Cantine sociali riunite di Stradella. Tali cantine ebbero un rapido e fortunato sviluppo; dotate di attrezzature moderne, di una larga rete commerciale e di buone possibilità di credito, giunsero presto ad un alto grado di efficienza economica. Peraltro esse costituirono un importante mezzo di penetrazione nell’influenza socialista nella zona.
Nei primi anni del 1900 si sviluppò nel Psi un dibattito sui compiti che si ponevano di fronte al movimento delle Leghe contadine. Il Congresso costitutivo della Faderterra (1901) aveva posto alla base del proprio programma l’obiettivo della socializzazione della terra, in ciò riflettendo l’orientamento unitario della maggioranza delle organizzazioni padane. Al Congresso nazionale del Psi di Imola (1902) il deputato riformista Montemartini, svolse una relazione sul tema: "Sopra l’organizzazione dei lavoratori della terra", dove affermò che la Federterra non doveva avere un carattere politico, per evitare che un pronunciamento in senso socialista potesse essere causa di minore solidarietà fra i lavoratori dei campi. La situazione di alcune province padane, come Bologna, Ferrara, Mantova, dove il movimento contadino era di aperta ispirazione socialista, non poteva servire da modello per determinare la condotta dei socialisti nella Vandea delle altre campagne d’Italia. Fu una osservazione fondata e un’intuizione storicamente valida che però al Congresso di Imola nulla risolse sugli indirizzi della Federterra. Luigi Montemartini benché fosse diventato una delle personalità di maggior rilievo del socialismo riformista italiano, restò fortemente legato alla sua terra d’origine e ai suoi problemi. Già nel 1902 partecipando al Congresso delle Leghe contadine di Voghera e Casteggio, contribuì a dare preziosi indirizzi pratici a quelle organizzazioni; nel 1903 intervenne allo sciopero dei fornaciari di Voghera e Pressana e a quello della Cartiera di Romagnano Sesia. Il legame con la sua terra fu determinato anche dalla molteplice attività di amministratore di Enti Locali: presidente dell’Amministrazione Provinciale di Pavia; consigliere ed assessore di quella città; presidente dell’Ospedale Civico, che contribuì a trasformarlo in Policlinico universitario; presidente dell’acquedotto dell’Oltrepo pavese. Alla Camera parlò contro l’intervento di truppe anti-sciopero in Lemellina; prese parola sullo sciopero del Sempione; in difesa, dove dimostrò una invidiabile competenza delle Cantine sociali. Negli anni del primo conflitto mondiale, intervenne alla Camera affinché con provvedimenti governativi, i comuni fossero mossi in grado di fronteggiare all’incremento delle spese per l’assistenza alle famiglie dei combattenti. Dopo l’avvento del fascismo, fu assegnato, per un breve periodo, al confino di polizia, poi fu destinato alla cattedra di botanica all’Università di Palermo. Abbandonato forzatamente ogni impegno politico, ebbe un periodo di feconda attività scientifica. Nel 1945, Montemartini tornò a Montù Beccaria, dove venne designato sindaco. Nel 1946 fu eletto deputato alla Costituente nelle liste del Psi, fu poi senatore di diritto. Morì a Pavia il 5 febbraio 1952.