Galileo Beghi, medico di Canaro

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - anno 4 - numero 34 - 23 settembre 2001

Più vado avanti con le mie ricerche, sempre più incontro medici che furono apostoli della loro professione e apostoli del socialismo. Quasi che il binomio medicina-socialismo, contenga una caratteristica sociale ben delineata e definita. Ed è proprio rileggendo l’interessante libro di Claudio Garbelloni, dal titolo che si richiama appunto al binomio suddetto, "Medicina e socialismo nel Polesine" (Minelliana, Rovigo 1986), nel quale viene inquadrata la figura di un medico di campagna, che ci imbattiamo in Galileo Beghi (nella foto) di Canaro (Ro). Gaetano Arfé, presentando il su citato volume, scrisse: "…è storia di sofferenze, di lotte, di persecuzioni di uomini oscuri tra i quali emerge una figura, quella di Galileo Beghi, che l’amore per i poveri – mi si perdoni l’espressione antiquata – portò a farsi medico e che la medicina portò al socialismo; un uomo che non fu un eroe come il suo amico e compagno Giacomo Matteotti, ma fu per volontario impulso, un combattente di lunga resistenza, un costruttore di opere che non si vedono ma che incisero durevolmente nella vita degli uomini tra i quali visse".

In una lettere inviata al prof. Emilio Zanella (che fu il primo sindaco socialista di Rovigo) il sindacalista Rinaldo Rigola, riferendosi all’opera di un medico socialista, scrisse: "…come può un medico degno di tal nome, esercitare l’arte sua in pro dei malarici e dei pellagrosi, senza portare l’attenzione sull’ambiente fisico, sociale ed economico da cui traggono origine questi terribili morbi? Come può non chiedere bonifiche agrarie, abitazioni sane, alfabeto e pane a sufficienza?". Per il marchigiano dott. Nicola Badaloni, medico condotto di Trecenta (Ro), deputato dal 1886 al 1919 e poi senatore, aveva un comportamento che derivava da questa autodirettiva di vita: "…medico vero non è e non può essere chi non sente imperioso l’amore dei suoi simili: l’uomo non può e non deve essere solamente l’oggetto dei suoi studi e della sua opera, ma l’argomento più alto del suo pensiero, della sua sollecitudine, del suo entusiasmo, del suo affetto".

Galileo Beghi nacque a Garofolo, frazione del Comune di Canaro, a ridosso degli argini del Po, il 12 maggio 1874. I Beghi abitavano nella stessa casa in cui nacque Benvenuto Tisi, il noto pittore della scuola cinquecentesca ferrarese. Il padre era un maestro comunale e nonostante le difficili condizioni economiche, Galileo venne avviato agli studi. Fece il liceo a Rovigo, poi si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Ateneo di Bologna e divenne allievo di Augusto Murri. Si laureò il 26 luglio 1900 sostenendo una tesi su uno studio d’igiene. Giovanissimo divenne socialista, seguace e discepolo di Nicola Badaloni e, come il medico di Trecenta, anche Beghi si dedicò assiduamente all’organizzazione dei contadini e, ben presto, risultò essere uno dei maggiori esponenti socialisti del Medio Polesine. Fu presidente del circolo socialista di Canaro, collaborò al periodico dei socialisti polesani "La lotta", all’"Asino" di Podrecca e, per un periodo, ebbe anche l’incarico di corrispondente dell’"Avanti!". Dal 1° agosto 1900, Beghi assunse la condotta medica di Canaro, un paese questo, che per buona parte dell’anno era sommerso da una vasta e metifica palude, a causa della quale la malaria infieriva su gran parte della popolazione. Beghi comprese subito che tale morbo era dovuto soprattutto all’ambiente, sul quale era necessario intervenire con sistemazioni fondiarie e bonifiche. A Canaro la situazione igienico-sanitaria era grave per la presenza dello scolo Poazzo, che attraversava tutto il paese. L’avv. Aurelio Balotta di Rovigo, a distanza di due anni dalla morte di Beghi, su "La lotta" del 30 marzo 1946 scrisse: "…era umile, era buono infinitamente più buono di tutti noi, era nato in questa nostra terra, era vissuto sempre fra i contadini, ne aveva diviso i dolori, ne aveva curato i corpi e le anime, era carne della loro stessa carne, sapeva parlare alle folle degli umili con un linguaggio che era per gli umili". Di chiaro orientamento riformista, come Badaloni, svolse un’intensa attività di partito con comizi, riunioni, convegni, congressi. Venne eletto deputato nel 1913, riconfermato nel 1919 ed infine nel 1922. Nel 1915 votò contro la guerra poi, nel 1916, prestò servizio, con grado di ufficiale medico, nella Cri presso l’Ospedale Civile di Rovigo.

Nel dopoguerra, con l’avvento del fascismo, iniziò anche per Beghi un doloroso calvario. Il 26 giugno 1921, i fascisti uccisero selvaggiamente Andrea Fei di Occhiobello, ma che frequentava i compagni socialisti di Canaro. Nello stesso giorno dell’assassinio di Fei, una cinquantina di ceffi fascisti circondarono la casa dei Beghi e tra spari e grida inferocite tentarono di abbattere la porta che, per fortuna, resistette. In quell’azione per poco non morì la moglie Elvira. Quella situazione di intimidazione personale e di reale pericolo per la sua famiglia, lo portò a rinunciare alla candidatura nel Psu di Matteotti nel 1924. Beghi, pur conservando le sue idee di socialista e di ostinato nemico del fascismo, si ritirò dalla lotta politica per dedicarsi interamente al servizio di medico e alla famiglia. Il 6 maggio 1939 fu collocato a riposo e l’anno successivo si trasferì a La Spezia. Nel 1942 tornò a Canaro chiamato a svolgere il servizio di interino. Ormai era troppo tardi. Galileo Beghi fu ricoverato all’Ospedale di Rovigo, poi a Levanto ed infine a Rapallo, dove si spense il 1 aprile 1944. Il 21 ottobre 1956, alla presenza dei figli Pietro Mario e Renzo, venne inaugurato presso la sede municipale di Canaro un busto marmoreo di Galileo Beghi ed intitolata a lui una via del centro urbano. In quell’occasione ebbi l’onore di conoscere i figli di Beghi. Pietro Mario Beghi fu il presidente del Cln di La Spezia e il Prefetto della Liberazione.

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