Di Napoli Attilio e le lotte contadine in Basilicata
04 agosto 2004
di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 30 ottobre 2002 - anno 5 - numero 40
Il prefetto di Potenza in data 24 maggio 1914, in una sua nota riservata, definì l’avv. Attilio Di Napoli di Melfi, "… elemento assai turbolento che ha acquistato un pericoloso ascendente sulle masse". Infatti la borghesia e gli agrari della Basilicata, più volte ebbero ad invitare il Prefetto ad arrestare i capilega e i dirigenti socialisti nell’intento di stroncare il movimento contadino in intere zone.
Nel corso del 1911 e del 1912 i socialisti condussero in tutta la Basilicata, una attiva agitazione contro la guerra, con comizi, cortei. Fra i più attivi dirigenti figuravano: Di Mase di Irsina, Reale e Pignatari nel potentino e Attilio Di Napoli nel melfese. In queste agitazioni i temi principali furono contro la guerra e per il disarmo, contro i caroviveri e per il suffragio universale. Il primo maggio 1912 si ebbero incidenti in tutta la regione, in particolare a Potenza, a Tolve e a Menfi, dove si verificarono scontri fra nazionalisti e socialisti. Con l’intervento delle autorità di polizia, vennero sciolti i cortei, sequestrate le bandiere socialiste ed arrestati dei manifestanti.
Attilio di Napoli nacque a Melfi (Potenza) il 4 giugno 1883 da famiglia della media borghesia. Si laureò in giurisprudenza e fin dai primi anni del secolo xx° aderì al PSI. Nella sua città natale divenne ben presto il massimo esponente del movimento socialista. Segretario della Lega contadina e del Circolo socialista. Fondò e diresse il settimanale "Il Lavoratore". Inviò spesso notizie politiche da Melfi all’Avanti! e tenne una fitta corrispondenza epistolare con Enrico Ferri ed Ettore Ciccotti. Fu un conferenziere attivissimo e nella sua oratoria non mancarono mai le questioni collegate alla polemica anticlericale. Egli fu un valido organizzatore e propagandista, specie nelle campagne interne a Melfi per conquistare i contadini all’organizzazione socialista. Nel 1913, prima delle elezioni politiche, nella Basilicata si sviluppò un consistente movimento contadino. Anima di questo movimento fu Francesco Ciccetti di Palazzo San Gervasio (Potenza). Sempre nel 1913 i socialisti di Melfi conquistarono il comune ed Attilio Di Napoli, che li aveva guidati a questa vittoria, venne eletto Sindaco. Poi, in pochi anni, verranno costituire e rafforzate le Leghe contadine e i Circoli socialisti nei vari paesi del melfese: a Barile, Ripolla, Venosa, Montemilone, Minervino Murge. Con l’allargamento del suffragio universale, venne offerta a Francesco Ciccotti la candidatura nel Collegio di Melfi. "…. Nel materano, nel melfese, - scrisse Giovanni Calice nel suo "Lotte politiche e sociali in Basilicata" - l’aumento della vita, la stagnazione dei salari agricoli, le difficoltà dei disoccupati per la diminuzione degli investimenti in lavori pubblici dopo l’impresa libica, fenomeni tutti aggravati da una annata di cattivi raccolti, aumentano il potere di suggestione e di guida delle forti Leghe di resistenza di contadini e al centro delle lotte, guidate da Di Napoli, e Ciccotti nel melfese e da Latronico e Leone nel materano, migliaia di contadini rivendicano aumenti salariali, diminuzione di orario di lavoro, rapporto di fittanza collettiva senza la mediazione dei subconcedenti".-
A causa dell’attiva propaganda avviata durante il periodo della neutralità italiana (1914) e continuata anche durante i primi anni del conflitto, "Il Lavoratore", diretto da Di Napoli, venne sospeso nel 1917 con la motivazione che "…. Con la pubblicazione di detto periodico si proponeva di deprime lo spirito pubblico nell’attuale momento politico favorendo anche le proposte di pace degli imperi centrali". Nel 1914 Di Napoli venne eletto consigliere provinciale di Potenza. Nel 1919 Di Napoli fu alla testa delle agitazioni nel Melfitano, contro i cari viveri. Nelle elezioni politiche del 1921 venne eletto deputato. Nel 1920, Di Napoli sostenne la linea espressa da Francesco Ciccotti, quella cioè che "la politica socialista deve consistere in un’opera di costruttive realizzazioni e di serena educazione sociale, aliena da ogni spirito di violenza materiale e morale". Al Congresso socialista, Di Napoli si fa portatore di questa linea, attaccando il scissionismo della frazione comunista, che avrebbe non solo rappresentato un indebolimento delle forze lavoratrici ma, col suo insistere sulla violenza rivoluzionaria, non avrebbe fatto altro che gettare i popoli nella fame e nella miseria".- Con l’avvento del fascismo al potere, Di Napoli più volte fu vittima di episodi di violenza squasrista. Nel 1924 gli fu impedito di tornare da Roma a Menfi. Confinato e sottoposto a diffida nel 1927. Nel 1944, fu Ministro dell’Industria e Commercio nel governo Badoglio e rimase in carica sino alla Liberazione di Roma.
Morì a Melfi il 2 dicembre 1953.