Baldini Nullo: La rivoluzione del riformista Baldini

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 29 settembre 2002 - anno 5 - numero 35

"Sono diventato socialista – così affermò Nullo Baldini – prima per sentimento, poi per ragionamento". Nullo Baldini nacque a Ravenna il 30 ottobre 1862, il padre faceva il commerciante di Cereali a Borgo San Rocco di Ravenna. Il nome Nullo era il cognome del generale garibaldino Francesco Nullo; fu imposto per ricordare che i fratelli del nonno paterno soccorsero Garibaldi in fuga dopo la fine della Repubblica romana del 1849.
La disoccupazione infieriva, i braccianti cercavano lavoro e non trovandolo non potevano mangiare. "Molti di quei braccianti – scrisse Baldini – si trovarono nell’impossibilità di pagare la farina che avevano acquistato nella bottega di mio padre". Il padre, dopo l’Istituto tecnico pensava di indirizzare il giovane Nullo all’Accademia militare. Ma lo spettacolo di inumana miseria della povera gente del Borgo scosse il cuore del giovane Baldini che abbandonò gli avviati studi e scelse i braccianti poveri ed affamati. A questa scelta resterà fedele per tutta la vita.
Nel 1878, a 17 anni, aderì alla sezione internazionalista. Estimatore e poi amico di Andrea Costa, ne seguì l’evoluzione: dall’internazionalismo anarchico al partito socialista rivoluzionario di Romagna ed infine al partito socialista nato a Genova nel 1892. Quindi fu un socialista da sempre aderendo all’ala riformista turatiana. "… per quanto degno di rilievo – disse Fernando Santi – sia stato il contributo di Nullo Baldini al movimento politico e per quanto autorevole la sua presenza nel socialismo romagnolo e italiano, il suo nome resta scritto nella storia del movimento operaio quale pioniere in Italia e nel mondo della Cooperazione del lavoro. Nel 1882, Ravenna mandò Andrea Costa, primo socialista, alla Camera dei deputati e l’8 aprile 1883 venne costituita, come cooperativa, l’Associazione Generale degli operai braccianti, con il concorso di 303 braccianti e dei neo dirigenti Armuzzi, Ceroni, Bazzini. L’Associazione si proponeva la costituzione di un fondo sociale che le permettesse di assumere per conto proprio la più grande parte dei lavori pubblici e privati. Nacque così la prima cooperativa fra operai di campagna che si conosca. Il movimento e lo sviluppo dell’originale cooperazione del lavoro fu di esempio al mondo e dalle più lontane parti del quale converranno poi, in ininterrotto pellegrinaggio di ammirazione e di studio, cooperatori, economisti e politici.
"… La cooperazione ravennate – scrisse Baldini – contribuì largamente alla bonifica agraria del territorio. Ma anche ad una vera bonifica umana, suscitando nei braccianti sentimenti di responsabilità, di altruismo e di solidarietà e di molti operai, destinati nella loro vita a rimanere dei miseri carriolanti, ne fece dei dirigenti provetti e degli abili amministratori". Ecco la vera ed autentica rivoluzione di questo grande e capace riformista. Ravenna, a quell’epoca, era circondata da malsane paludi; fino al mare scorrevano fiumi senza arginature che periodicamente allagavano il territorio. L’Associazione di Baldini assunse i lavori per la bonifica della zona; prese in affitto terreni paludosi e materiali e presto furono bonificato e divennero rigogliosi di fiorenti coltivazioni. Bonificarono con una vera e propria impresa (della quale abbiamo trattato in altro capitolo) il malsano e paludoso Agro romano di Ostia, Isola sacra, Camposalino e Maccarese. Fu l’impresa di bonifica che fece epoca. I braccianti di Baldini contribuirono a ricostruire (1908) Messina distrutta dal terremoto e più tardi (1915) anche ad Avezzano. Restituirono alla vita paludi in Sardegna, in Puglia e nella Maremma, costruirono tronchi della ferrovia Larissa-Atene in Grecia. Accanto a quella di Ravenna, sorsero altre cooperative di lavoro in provincia, ed anche cooperative di altre categorie di lavoratori nonché quelle di consumo. Nel 1902 tutte le cooperative del ravennate si costituirono in Federazione con sede all’ex Hotel Byron che venne acquistato. Poi, sempre nello spirito cooperativistico, i lavoratori di Baldini si cimentarono nella conduzione di aziende agricole con affittanze collettive e con l’acquisto di terreni da bonificare e coltivare. È impossibile spiegare in poche righe, tutta l’opera di Nullo Baldini, come doverosamente meriterebbe, ma anche osservando una stretta sintesi, ci vorrebbero diverse pagine di questo giornale. Baldini, venne eletto al Consiglio comunale di Ravenna e nel 1919 venne eletto deputato. Negli anni del primo dopoguerra, Baldini si trovò alla direzione di una imponente organizzazione.
Il 28 luglio 1922, i fascisti comandati da quel capo teppaglia che storicamente fu Italo Balbo, assieme a compiacenti forze di polizia, incendiarono il palazzo Byron, sede – come disse cinicamente Balbo – della maggiore roccaforte del socialismo romagnolo. Nullo Baldini fu costretto all’esilio in Francia. Conosciuto dal Governo francese, poté riprendere la sua attività fondando l’Union des Cooperative pour Travaux Pubblies.
Nel 1945, Baldini ormai vecchio e malato, poté trascorrere i suoi ultimi giorni nella città natale, liberata e dove, in dignitosa povertà, si spense il 6 marzo 1945.
Il testamento spirituale di Nullo Baldini fu il seguente: "Muoio nella mia fede socialista che ho abbracciato appena adolescente e che mi fu guida in ogni atto della mia vita, convinto, sempre più, specialmente per gli avvenimenti ai quali ho assistito in questi ultimi anni, che pace, giustizia sociale e libertà saranno vane parole fin che l’attuale regime capitalista, basato sul suo più sordido egoismo individuale, non verrà sostituito da un regime nel quale non sia possibile lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’interesse della collettività sovrasti sempre sull’interesse individuale".

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