1922: l’anno delle violenze fasciste
04 agosto 2004
di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 23 giugno 2002 - anno 5 - numero 25
Il 1922 fu l’anno in cui il fascismo dilagò in tutto il Paese con una serie di violenze, incendi, assalti, distruzioni, assassini, ingiunzioni di dimissioni da poteri locali, ecc. Fu l’anno in cui il fascismo, giovandosi della complicità di settori dei più importanti centri di potere della nazione, come la monarchia in primo luogo, la magistratura, la polizia, l’esercito, le Associazioni di industriali e di agrari, ecc. riusciva a dare l’ultimo scrollone allo stato liberale, da tempo agonizzante in seguito a una lunga serie di abdicazioni e acquiescenze al terrorismo nero. Pietro Nenni sull’"Avanti!" del 23 luglio 1922, commentando la crisi, scrisse: "… a questa situazione del Paese quale rimedio può venire da una classe dirigente la quale ha perduto il comando del timone e non sa più in nome di quale principio di autorità chiedere d’essere ubbidita?". Il 1922 fu l’anno, dopo la scissione comunista di Livorno (1921), che segnò l’inizio del declino per il partito socialista e per il movimento operaio italiano, dove proseguì, incoraggiato da Mosca, un grande dibattito sui temi della rivoluzione, fra i socialisti, provocando ulteriori divisioni che indebolirono ulteriormente il proletariato italiano e le sue conquiste. L’11 maggio i fascisti occupano Ferrara, il 19 maggio Rovigo, il 12 luglio Siena ed il 15 luglio Tolentino Foligno, Ancona. Il 16 luglio le orde di Farinacci terrorizzarono Cremona e il 18 stessa sorte toccò a Novara. Sempre il 18 luglio, le bande armate guidate da Balbo occuparono Ravenna distrussero la sede della Federazione delle Cooperative. A Parma capitò qualcosa che umiliò quell’"eroe" gradasso, futuro quadrunviro, dal nome Italo Balbo. Il 3 agosto 1922, a Parma giunse la notizia che forze fasciste armate e al comando di Balbo, si stavano dirigendo sulla città. L’organizzazione per opporre una resistenza ai fascisti passò dal sindacato al Direttorio degli Arditi del popolo. In poche ore la città assunse un aspetto di un campo trincerato. Dappertutto vennero erette barricate (vedi foto), specie nel quartiere popolare e operaio di Oltretorrente. Bottegai e classi medie simpatizzarono con gli Arditi del popolo e misero a loro disposizione materiali e viveri. Balbo adirato, si recò dal prefetto che lo ricevette attorniato dalle principali autorità politiche e militari della provincia. Ad essi Balbo pose un vero e proprio ultimatum che consisteva nel ridare, entro mezzogiorno, alla città il suo aspetto normale, di far rimuovere e demolire tutte le barricate e di disarmare tutti i sovversivi. "Se ciò non dovesse accadere – sentenzio Balbo – i fascisti in ottemperanza agli ordini della Direzione del partito, si sostituiranno alle autorità dello Stato". In quella situazione il Direttorio degli Arditi del popolo, non si fidò e rifiutò di smantellare le barricate. I soldati che si presentarono davanti alla trincee furono accolti dal popolo con grandi manifestazioni di simpatia, per cui gli ufficiali ritennero opportuno non insistere. Furente Balbo si presentò verso le ore 18 dal prefetto, con tutto il suo stato maggiore, per protestare e, poco dopo, emanò un proclamo con il quale chiamava i fascisti a riprendere la battaglia. Si accese pertanto la lotta; i fascisti tentarono l’assalto dei quartieri dell’Oltretorrente, ma furono respinti dagli Arditi del popolo, tra i quali emerse la figura, dell’allora deputato socialista Guido Picelli, il quale morirà combattendo, quindici anni dopo, in difesa della Repubblica spagnola. Uomini, donne, vecchi e giovani di tutti i partiti o senza partito, parteciparono alla resistenza. I fascisti non riuscendo a penetrare nei quartieri popolari, sfogarono la loro rabbia incendiando la sede dell’Unione del Lavoro e alcuni studi di noti professionisti antifascisti fra cui quello dell’ex deputato socialista Albertelli.
Dopo aver occupato l’edificio dei bagni pubblici, i fascisti cominciarono a sparare sull’Oltretorrente. Gli Arditi del popolo risposero con tiri regolati riuscendo a respingere le camicie nere che, con una manovra diversiva, tentarono di prendere alle spalle i difensori, dalla parte dei giardini pubblici. Un altro tentativo venne effettuato dalle orde di Balbo, di penetrare nell’Oltretorrente attraverso il Ponte Verdi, ma venne stroncato dal comandante del presidio militare mostratosi deciso, una volta tanto, a far osservare l’ordine anche nei confronti dei fascisti. In una riunione alla Prefettura del 5 agosto, Balbo con solito cipiglio guascognesco, dichiarò che i fascisti non avrebbero abbandonato Parma se non dopo che la "canaglia" delle barricate fosse definitivamente sistemata. Invece il 6 agosto Balbo ordinò la partenza dei fascisti da Parma, mentre le truppe militari furono accolte nei quartieri popolari con manifestazioni di simpatia, le orde squadriste di Balbo, per ripagarsi della bruciante sconfitta, si accanirono "eroicamente" contro inermi località della provincia. Il 3 agosto venne occupato dai fascisti il Municipio di Milano e il giorno dopo venne distrutto, per la terza volta dall’aprile del 1919, l"Avanti!".
Il 1° ottobre si aprì a Roma il XIX Congresso del Psi. Per la direzione massimalista del partito sarebbe finalmente giunto il momento per regolare i conti coi riformisti e decretarne l’espulsione e spianare così la strada ai valori della IIIa Internazionale.
Il commento dell’"Avanti!" sul quel Congresso, può essere sintetizzato dal titolo dell’editoriale: "Liberazione!". Tutto ciò avveniva ventiquattro giorni prima della cosiddetta "marcia su Roma" e mentre Mussolini saliva al potere, non si arrestava nel Paese la violenza criminale del fascismo.
Questo 1922 fu l’anno di tante barbarie, di tante sconfitte, di tante illusioni.
Fu l’anno dove a Parma i fascisti non passarono e il gradasso Italo Balbo venne umiliato dalla resistenza popolare.