E’ ADESSO PARLIAMO DEGLI AVVERSARI intervento di Roberto Biscardini alle commemorazione di Bettino Craxi, Hammamet ,19 gennaio 2010
18 febbraio 2010
Siamo venuti ad Hammamet per senso di giustizia e per portare un saluto a Bettino Craxi. Per ricordare una pagina importante della storia del socialismo italiano, europeo ed internazionale. Quella rappresentata dal PSI sotto la sua guida. Lo facciamo noi che non abbiamo scelto di fare i socialisti con la camicia altrui, ma continuiamo a farlo sotto la bandiera ricostruita del PSI. Dopo dieci anni dalla scomparsa di Craxi, la questione socialista è ancora aperta. E l’Italia, che avrebbe dovuto risorgere senza i socialisti dopo Tangentopoli, è al disastro economico, politico e morale. Forse se ne sta accorgendo. Solo così si spiega la grande attenzione data dai media in questi giorni a Bettino Craxi, a quello che ha rappresentato e a quello che ha fatto come uomo di Stato e leader della sinistra italiana. Come ha ricordato nei giorni scorsi Rino Formica, “l’Italia si è trovata ad occuparsi di un morto che è vivo, perché i vivi sono morti.” Morti o moribondi, insieme alla Seconda repubblica, che è ancora in piedi ma è fallita, portandosi dietro il fallimento di tutto ciò che avrebbe dovuto cambiare e che ha cambiato in peggio. A partire dal bipolarismo che con la Seconda repubblica ha visto la luce. Siamo venuti qui non per marcare divisioni tra socialisti, ma per tenere sempre aperta la porta della riunione di tutti coloro che, giovani o vecchi che siano, vogliono difendere l’idea del socialismo e la prospettiva politica del socialismo italiano. Ma, contemporaneamente, per sottolineare quanto sia inutile, per coloro che si dichiarano socialisti, sperare di sopravvivere approdando su altre sponde, anziché combattere con le armi di cui disponiamo. Il tentativo faticoso fatto da Craxi di ricostruire in Italia una grande forza autonoma del socialismo liberale e democratico è ancora il problema di oggi. In condizioni mutate, è comunque da quell’obiettivo che bisogna ripartire. A questo serve la celebrazione di questo anniversario. Prima di tutto, cosa ha fatto Craxi? Craxi fece molto per la libertà e la democrazia nel mondo, sostenendo e finanziando partiti, organizzazioni politiche, sindacati e cittadini che si battevano nel loro paese, in America latina, in Europa dell’Est come dell’Ovest, contro le dittature e i regimi autoritari. Craxi fece molto per il suo partito, gli diede ruolo e dignità internazionale, cercò di superare le vecchie correnti per dare al PSI più unità e più forza. Craxi fece molto per la sinistra e aprì la strada di una sua modernizzazione e revisione politica. Craxi fece molto per il suo paese, sul terreno della politica estera per dare all’Italia una credibilità internazionale che prima non aveva. Consentì agli italiani di riscoprire l’orgoglio di essere italiani. Fece una politica di forte autonomia rispetto ai due blocchi ed ai partiti che in Italia vi si riconoscevano. Craxi fece molto per il rafforzamento dell’Europa e per la costruzione di un’Europa politicamente più autorevole. Fece molto sul terreno della politica economica e adesso si incomincia ad ammetterlo. Fece molto per il rinnovamento della politica sindacale. Fece molto per l’ammodernamento dell’Italia, pose per primo il tema della crisi dello Stato, del sistema istituzionale e costituzionale, pose per primo il tema della “grande riforma”. Interpretò il bisogno di cambiamento della nazione. Un esempio: la “Milano da bere”, diventata poi il simbolo di una città corrotta, era al tempo di Craxi il simbolo di una città alla ricerca di innovazione, modernizzazione e internalizzazione. Di una città giovane, aperta, tollerante, capace di garantire un benessere più diffuso e maggiore giustizia sociale. Per tutto ciò a Craxi non fu riconosciuto alcun merito. Si fece molti nemici e ne subì le peggiori conseguenze. Con Craxi prende forma e cresce nel tempo l’anticraxismo, come espressione aggiornata e sempre più virulenta dell’antisocialismo. E tutto ciò avviene ben prima di entrare negli anni di Tangentopoli. Le vignette di Repubblica, che raffiguravano Craxi con gli stivaloni e l’orbace, sono di almeno dieci anni prima. Perché è stato tanto odiato? A questa domanda prima o poi bisognerà dare una risposta compiuta. L’idea che Craxi fosse un avventuriero, spregiudicato, venuto fuori dal nulla, un figuro che occupò prima il PSI e poi l’Italia, per attentare alla Costituzione e alla democrazia del paese, fu costruita con metodo scientifico, ad arte, molto prima di Tangentopoli, per impedire che i socialisti potessero crescere nella contrapposizione con i due partiti maggiori, la DC e il PCI. E per impedire che il PSI potesse contare di più. Come è scritto bene in un recente libro di Ugo Finetti, l’ascesa di Craxi non è un colpo di Stato, lo sbarco di un alieno nel Partito Socialista. Quella che fu definita la “mutazione genetica” del PSI avviene attraverso la storia di quindici congressi ai quali Craxi partecipa. E’ la storia di quarant’anni del PSI. Nel PSI Craxi inizia dal basso, dalla gavetta, da giovane socialista della FGSI, poi da responsabile del partito a Sesto San Giovanni, nella roccaforte operaia del PCI. Poi come assessore al comune di Milano, carica che assolve pragmaticamente, con spirito innovatore e riformista, nel solco della migliore tradizione storica del socialismo municipale. Poi nel partito, anche in minoranza a fianco di Pietro Nenni. Per questo bisogna sempre ricordare che Craxi nel PSI non nasce con il Midas del 1976, ma è parte integrante della storia del PSI dall’inizio alla fine della sua vita. Eppure in tutti questi anni, dalla sua scomparsa, oltre a non avergli riconosciuto alcun merito, si è voluto associare la sua figura, la storia del PSI ed anche la nostra, solo a Tangentopoli. Alla corruzione, al finanziamento illegale dei partiti e all’arricchimento personale della classe politica. Alla questione morale. Bisogna incominciare a domandarsi perché, se così non era né per noi, nè per lui. La testimonianza più significativa del disinteresse personale che Craxi aveva nel fare politica me la diede un democristiano di un certo peso e persino suo avversario. Mi disse: “Ho lavorato con Craxi fianco a fianco e rimasi impressionato da quanto la sua testa e il suo cuore fossero un tutt’uno con la politica. In quella testa e in quel cuore non c’era spazio per i propri interessi privati e per la sua persona. In modo persino esagerato.” La storia del rapporto tra Tangentopoli e Craxi è tutta un’altra da quella che è stata raccontata. È nella degenerazione della magistratura e nel sistema di un’informazione giustizialista, che hanno rappresentato il braccio armato della storia di Mani Pulite. È la storia di una persecuzione violenta e di straordinarie proporzioni, come ebbe a rilevare qualche anno fa Giuliano Vassalli. Una persecuzione che provocò la fine di Bettino Craxi e del PSI nel 1994, messi sotto accusa e sottoprocesso contestualmente e a tappeto da tutte le procure del paese. Una strategia che veniva da lontano con obiettivi precisi e guidata da mandanti interessati. Un’operazione politica dichiarata, per stessa ammissione dagli stessi protagonisti, per sovvertire il sistema politico. “La rivoluzione giudiziaria.” Tra il PSI di Craxi e il nostro PSI c’è ancora oggi una continuità politica e ideale di cui possiamo essere orgogliosi, ma per la quale paghiamo molte conseguenze. Non bisogna nasconderci dietro un dito, molte nostre difficoltà politiche sono figlie di quella vicenda. Ma queste difficoltà si affrontano non rimuovendo Craxi e la storia del PSI come alcuni vorrebbero, ma facendo l’esatto contrario, una operazione di verità che metta in chiaro chi sono stati i nemici e gli avversari del PSI. Quando saremo riusciti a spiegare i motivi di tanto odio nei confronti di Craxi e del PSI di allora, saremo riusciti a spiegare le ragioni degli ostacoli che incontriamo oggi, tutti i giorni, nel far valere il peso dell’idea socialista e della nostra iniziativa politica. Per questo dobbiamo ricostruire il mosaico dei tanti interessi, che si scatenarono contro il PSI a partire dagli anni ’70 e ‘80. Quel partito, che rappresentò in quegli anni una forza “alternativa”, che agiva per il cambiamento, che si muoveva fuori dal coro della conservazione e del consociativismo, era troppo “diverso” e per questo fu combattuto da destra e da sinistra con una violenza senza pari, fino alle estreme conseguenze. Per questo dobbiamo ricostruire il mosaico degli interessi contrapposti a quelli del PSI di allora, mettendo in fila non solo l’analisi del craxismo, che potremmo persino lasciare agli storici, ma le ragioni dell’anticraxismo. Dobbiamo ricostruire il profilo dei nostri nemici e decifrare gli interessi politici, economici e internazionali di cui sono stati portatori. Interessi talmente forti e feroci, che spazzarono via con Craxi, il PSI e l’intero sistema politico della Prima repubblica. Il PSI non rinascerà facendo finta che Craxi non sia esistito. A dieci anni dalla sua morte di Craxi è arrivato il momento di ribaltare la questione. Solo quando saranno fatti i nomi e chiarite le motivazioni che mossero i nostri avversari, sarà più facile far valere le ragioni politiche del PSI e ricostruire il consenso che una forza socialista in Italia merita ancora di avere. Nell’interesse del paese prima di tutto.
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