LA SINISTRA RIPARTE DAL LABORATORIO POLITICO PER LA SINISTRA, SOCIALISMO 2000 E DA SOCIALISTI IN MOVIMENTO
14 luglio 2017
LA SINISTRA RIPARTE DAL LABORATORIO POLITICO PER LA SINISTRA, SOCIALISMO 2000 E DA SOCIALISTI IN MOVIMENTO
Le Associazioni “Laboratorio Politico per la Sinistra”, “Socialismo
2000”, “Socialisti in Movimento” vedono con favore il processo politico
in corso a sinistra, e auspicano una conclusione unitaria, senza alcuna
esclusione pregiudiziale. A tale processo intendono concorrere,
confrontandosi con i cittadini, e con tutti i movimenti e i soggetti
politici interessati.
Ritengono che nella piattaforma pluralista
dell’unità a sinistra sia necessaria la presenza delle ragioni e dei
valori del socialismo, per le ragioni esposte nel documento che segue,
sottoposto all’adesione di chi lo condivida, e al dibattito tra i
cittadini e con le forze politiche della sinistra.
Luglio 2017
Dario Allamano, Francesco Barra, Felice Besostri, Roberto Biscardini,
Silvia Cassibba, Pietro Folena, Emilio Gabaglio, Carlo Ghezzi, Rita
Lodi, Franco Lotito, Aldo Potenza, Cesare Salvi, Concetto Scivoletto,
Angelo Sollazzo, Massimo Villone
DIREZIONE: SOCIALISMO
E’
venuto il tempo di mettere in campo una critica serrata e sistematica al
modello di sviluppo economico neo-liberista. Ve ne sono le condizioni
storiche e la necessità politica.
E’ il neo-liberismo che ha
generato la crisi profonda nella quale è immerso il mondo occidentale da
quasi un decennio, ed è compito delle forze socialiste denunciarne la
portata ed il carattere distruttivo. In questo senso occorre
innanzitutto un’attenta opera di demistificazione e di ridefinizione
della realtà, a partire dai grandi temi della globalizzazione e della
disuguaglianza.
La dottrina neo-liberista, declinata nella sua forma
estrema di una pressoché completa sottomissione dell’economia reale
all’economia finanziaria, ha clamorosamente tradito tutte le promesse
sulle quali aveva poggiato la sua legittimità politica.
Il disordine
geo-politico prodotto da una globalizzazione in assenzadiogni forma di
governance planetaria, non ha fatto altro che generare tensioni e
conflitti regionali, flussi migratori giganteschi alimentati dalla
disperazione e dalla povertà e minacce sempre più gravi all’eco-sistema.
I teorici della globalizzazione neo-liberista sostengono che questo
processo trae la sua legittimità morale dal fatto che, comunque ha
sollevato dalla povertà assoluta vaste aree del mondo in via di
sviluppo. Non è così. Il miglioramento relativo della condizione di
queste aree non è altro che il riflesso di una politica di pesante
sfruttamento di intere popolazioni trasformate in forza-lavoro a
bassissimo costo e privi di qualsiasi forma di diritti sociali i civili.
Gli stessi teorici avevano promesso alle classi medie del mondo
occidentale sviluppato un avvenire di libertà individuale, di un
benessere generato dalla competizione di mercato, di dinamismo sociale e
di opportunità crescenti. Non è andata così. Strati sociali sempre più
ampi hanno scoperto di essere in realtà su un piano inclinato lungo il
quale stanno scivolando indietro la certezza del diritto al lavoro, la
condizione reddituale, e la disponibilità di un adeguato livello di
sicurezza sociale. Per queste ragioni generali le diseguaglianze stanno
ormai raggiungendo livelli di insostenibilità sociale, politica ed
economica.
La diseguaglianza è stata proposta, addirittura
teorizzata come il motore stesso dello sviluppo economico e sociale;
come l’espressione si una competizione sociale necessaria e dunque
insofferente verso ogni vincolo normativo, ma soprattutto verso ogni
forma di responsabilità sociale in cui non si confrontano più “valori”
da condividere, ma “interessi” particolari da contendere.
La
promozione della “società di mercato”, in cui tutto diventa merce anche
la dignità umana, ha messo grande cura nell’opera di smantellamento
delle identità collettive sostituendole con quella “modernità liquida”
di cui ci ha parlato Z. Bauman, nella quale il primato dell’economia
reale viene soppiantato dall’economia di carta, mentre quello della
produzione viene sostituito dal primato del consumo.
Il presupposto
su cui la dottrina neo-liberista ha basato l’offerta della
diseguaglianza e dell’insicurezza è stato lo scambio tra maggiore
autonomia individuale e minore identità sociale; tra maggiori
opportunità e minori protezioni. Questo scambio si è rivelato un
inganno, di cui la crisi ormai quasi decennale delle economie del mondo
occidentale fornisce la più ampia testimonianza.
Dalle promesse alla
realtà. Il congegno di carta è saltato. Il dominio dell’economia
finanziaria ha generato una crisi infinita dell’economia produttiva,
trasformandosi poi in crisi sociale, aprendo falle terribili che hanno
preso ad inghiottire il lavoro, il reddito ed infine i risparmi di quel
ceto medio che doveva godere le beatitudini del liberismo. Insomma la
diseguaglianza economica e la competizione sociale senza rete, anziché
un ammiccamento accattivante alle aspettative individualistiche sono
tornate ad essere percepite come una minaccia generale. Questo è il
prodotto della globalizzazione neo-liberista e della disuguaglianza.
In questo contesto generale è indispensabile considerare i limiti
profondi rivelati dalle forze della sinistra storica nell’analisi delle
trasformazioni in atto ed in termini di risposta politica ai nodo posti
dal cambiamento. La ricerca di una “terza via” tra liberismo e
socialdemocrazia di cui Tony Blair e Gerard Schroeder in Europa e Bill
Clinton negli Usa sono stati i principali protagonisti, si è rivelata
illusoria.Il crollo del Muro di Berlino non ha metaforicamente
seppellito soltanto il fallimento del modello sovietico come alternativa
di civiltà, ma anche l'utopia di una società diversa e migliore di
quella dominata dal capitalismo.
Accettandone sostanzialmente le
categorie interpretative della realtà, le forze della sinistra impegnate
nella ricerca della “terza via”, hanno finito per essere accolte nello
spazio culturale del pensiero neo-liberista e da questa posizione hanno
accettato di fatto l’idea che il loro compito non era più quello di
rappresentare gli strati popolari e le forze del mondo del lavoro, dando
per scontato che questa rappresentanza si era trasferita sotto
l’usbergo liberista.
In simili condizioni l’azione di queste forze è
divenuta pura tecnica del potere di governo lasciando tuttavia che
fossero le istanze liberiste a determinare il senso e la direzione di
marcia.
E’ stato cosi negli USA, dove B. Clinton decide di
smantellare il “Glass-SteagallAct” spalancando le porte alla
speculazione finanziaria; in Gran Bretagna, dove T. Blair promuove la
massima precarizzazione del lavoro; ed è stato così in Germania, dove G.
Schroeder promuove l’ “Agenda 2010” tutta centrata sui c.d. “mini-job”
La prospettiva di una “terza via” si è dunque rivelata un’offerta
politica priva di senso reale. Le bolle finanziarie speculative, proprie
del modello liberista hanno prodotto crisi a getto continuo, prima la
crisi dell’Argentina, poi quelle del2000 edel 2008 sono le più
importanti, e sono in atto ormai da quasi un trentennio. Il disastro
elettorale di quasi tutte le formazioni politiche della sinistra
tradizionale a partire dal 2008, è l’esito inevitabile di scelte
politiche sbagliatedi un ciclo storico che va finalmente esaurendosi,
lasciando sul terreno – insoddisfatta - una domanda di cambiamento
profondo, che da una parte alimenta i movimenti populisti, ma che
dall’altra prende la forma di un astensionismo sempre più ampio, anche a
causa della mancanza di una nuova sinistra socialista in grado di
rappresentare i meriti ed i bisogni che si sono creati con una nuova
struttura economica e sociale prodotta dalla globalizzazione.
E’ a questo punto che si manifesta la necessità storica di una risposta socialista alla crisi in atto
La crisi in atto è crisi di modello, che può essere vinta soltanto
rimettendo al centro il Lavoro; non solo come parametro su cui costruire
una nuova politica economica di segno espansivo, ma anche come valore
della democrazia moderna, come fattore imprescindibile di coesione
sociale. Solo così sarà possibile riaprire un dialogo vero con le
giovani generazioni confinate nel precariato sociale che cercano uno
sbocco positivo per il loro futuro e che recentemente hanno formalizzato
la loro domanda politica sostenendo figure socialiste come Bernie
Sanders negli USA e Jeremy Corbin in Gran Bretagna.
Il socialismo è
la riprogettazione dell’economia fondata sulprogresso economico e
sociale compatibile con unosviluppo sostenibileecon il superamento di
un modello di crescita basato fondamentalmente sullo spreco delle
risorse, sul consumismo insensato e sull’abuso della natura.
Il
socialismo è europeismo vero che rende capaci le forze della sinistra
europea dibattersi per riconquistarne la guida e di abbattere le
politiche fallimentari della destra che ancora detta le scelte della
U.E. e riprendere il cammino verso la realizzazione di un’Europa unita e
federalista.
Il socialismo è giustizia sociale; è cioè lotta alle
diseguaglianze, a partire da quelle che generano le forme più pesanti di
sfruttamento del lavoro; per ciò stesso sconta il ripristino di
politiche redistributive verso il basso, utilizzando efficacemente la
leva fiscale, innalzando i salari e rafforzando i sistemi di protezione
sociale. Le risorse per realizzare la giustizia sociale ci sono, sono
immense ma sono imprigionate nei colossali patrimoni finanziari privati.
Occorre un piano di liberazione.
Il socialismo è il primato dei
valori dell’umanesimo e della solidarietà sociale; è rispetto delle
culture religiose che promuovono la pace ed il dialogo. E’ l’impegno
concreto a far vivere questi valori come strumenti della lotta politica
quotidiana per rafforzare la democrazia come valorizzazione della
partecipazione popolare alla formazione della volontà politica del
Paese; per combattere la corruzione morale che inquina l’etica pubblica e
per respingere come aberrazioni civili le culture dell’odio sociale,
del razzismo e della xenofobia.
Il socialismo sa di non essere
l’unico attore del pluralismo sociale, culturale e politico; e sa che la
dialettica politica si basa sul rispetto degli avversari – che sono
tali perché perseguono obiettivi alternativi – e sul riconoscimento
delle alleanze necessarie con le quali condividere le prospettive
programmatiche per l’azione di governo.
Tuttavia il socialismo
resta l’unica identità politica che può assicurare le forze della
sinistra contro ogni forma di settarismo minoritario e che può
candidarle autorevolmente alla guida del Paese.
Ebbene per tutte
queste ragioni il socialismo deve trovare la forza per diventare
soggetto politico pienamente riconoscibile come tale, al quale il mondo
del lavoro, gli strati più deboli della società, associazionismo
solidari sta, l’ambientalismo progressista possano riaffidare la loro
rappresentanza politica e sociale.