6-7 APRILE - 2002 - CONGRESSO REGIONALE SDI - INTERVENTO DI ONELIO FRANCIOSO

06 aprile 2002

Non avevo mai considerato il Socialismo, ma l’incontro con Roberto Biscardini è stato illuminante per condividerne le finalità. Ritrovandomi desideroso di ricerca d’identità politica partitica, spinto da determinata volontà di partecipazione sociale e politica, sto tentando di capire in che porto ancorare, per evitare di salpare pentito. In questa fase storica della nostra nazione non credo di essere l’unico con simili perplessità. E non è facile schierarsi, vista l’attuale realtà politica, dove è possibile rimanere confusi per facili similitudini di forma, leggendo o ascoltando i vari programmi delle varie forze politiche e le relative buone intenzioni di tutti i partiti. Cercavo chi potesse farmi notare come le mie idee siano identificabili esattamente con “un qualche partito politico” per ragioni più profonde delle parole che si ascoltano, al vento. Ragioni invece che si potrebbero scolpire in una roccia perché ìnsite nel proprio cuore. Le sfumature e i fraintendimenti o peggio gli inganni, sono sempre in agguato quando un partito promuove se stesso ed è molto facile sbagliare, autoingannarsi e anche rimanerne delusi. Nel XVIII secolo David Hume affermò con acuta intuizione che, nonostante la convinzione della razionalità decisionale, conta in modo determinante la “simpatia” nei rapporti umani e spesso le scelte sono assunte esclusivamente irrazionalmente in questo modo. Questo significa che si sceglie un partito soltanto per simpatia? Non esattamente. Però se incontri una persona di brillante intelligenza che ti spiega cosa percepisce anche col suo cuore e istintivamente riconosci che parla il tuo stesso linguaggio, suscitandoti anche una naturale simpatia e poi sai che è il segretario regionale di un partito politico, i casi sono due: o tutti in quel partito sono sulla sua lunghezza d’onda e quindi potrebbe essere il partito giusto con cui impegnarsi socialmente, oppure hai incontrato un folle che non si è accorto che a sua volta ha scelto il partito sbagliato. Per semplice sillogismo logico deduttivo: se in precedenza hai riconosciuto la sua intelligenza, a meno che non hai capito nulla tu, lui ha fatto già la scelta che non potresti non seguire. Se Roberto fosse proprietario di una sola tv, il Cavaliere non vincerebbe neppure con centotre tv. Ma credo ci possa essere un’alternativa alle proprietà dei mezzi di comunicazione, per persone come Roberto e per un partito politico che meriti di governare: comunicare le proprie capacità pragmatiche, con finalità socialmente apprezzabili, iniziando dall’associazionismo culturale, che si espanda in modo capillare nella realtà civile, affinché, oltre a riconoscersi come identità di quei valori umani di tradizione storica, chiunque possa, voglia o permetta di lasciarsi magnetizzare con la volontà costruttiva di agire nella società civile da reale protagonista, volendo, anche per un principio di compensazione egoistica che superi il filosofo Thomas Hobbes, comprendere invece che “partendo dal bene tuo, faccio anche il mio”. Perché punterei sulla cultura? Perché in effetti ritengo sempre valida la prima formulazione di concetto antropologico di cultura del 1871 espressa da Edward Tylor: “la cultura è il complesso unitario che include la conoscenza, la credenza, l’arte, la morale, le leggi e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’essere umano come membro della società”. Mi sembra molto valida questa definizione. E potremmo riflettere su queste componenti nell’attualità del considerato complesso unitario. Ma oggi dove si produce cultura? Qualcuno potrebbe rispondere che ovunque si produce cultura! Inteso come prodotto sociologico dell’agire quotidiano con usi e costumi odierni. Ed è accettabile come risposta, però esiste quindi la possibilità di ritenere anche “culturale” una società della “non cultura”!? E con una simile ipotesi quale sarebbe il futuro del rispetto dell’intelligenza umana? Potrebbe apparire semplicistica questa visione e riduttiva la mia esposizione e meriterebbe un maggiore o migliore approfondimento, ma credo comunque che rendere più elastica la mente potrebbe aiutare ad autotutelarsi nei confronti di chi potrebbe un giorno carpire la nostra buona fede e ingannarci come spesso già accade. Ogni cosa può essere vista da differenti angolature. Per esempio, per alcuni (ma dovrebbe essere utile che tutti possano avvantaggiarsene) è più facile che per altri elaborare un concetto che qualcuno sta presentando offrendotelo come la migliore condizione che ti possa capitare di ottenere… e la grande maggioranza spesso si accorge troppo tardi che c’era l’imbroglio. Inoltre, parlare di cultura non si deve interpretare come il disquisire solamente di faccende astratte, quando ci sono necessità più vitali come mangiare e pagare l’affitto, quando a fine mese i soldi non bastano, per molti. Significa più che altro, anche nelle piccole cose quotidiane, riuscire ad usufruire della propria mente come di un magnifico elemento di capacità di attenzione e osservando con naturalezza qualsiasi fattore come, per esempio (volendo esagerare) farebbe il matematico che quando osserva una linea retta, non vede soltanto una misura in relazione ad una lunghezza composta da un numero definito di centimetri che la suddividono, ma anche la composizione di un insieme di punti dove, nel concetto di precedenza tra un punto e l’altro, si individuano infiniti numeri irrazionali, non perché lui ci vede male ma perché ci vede troppo bene, col risultato che la linea è reale e può esistere concretamente. Questo mi fa pensare che nel filo di un discorso di chi mi sta parlando non devo soltanto limitarmi ai punti apparentemente chiari e razionali, bensì a quei punti che non mi dice e che sta a me saper intuire, soprattutto se nascondono una eventuale realtà che irrazionalmente accetto per inconsapevolezza, quando per lui è invece una volontà astutamente razionale. Già gli antichi Greci erano attenti alle varie forme d’uso dell’intelletto, distinguendo il concetto di intelligenza attiva ed esecutiva da quella inattiva e contemplante, definendo la prima con il termine “metis” e la seconda con il termine “nous”. Per risolvere i problemi pratici la metis si serve anche dell’inganno, mentre nous ci rende più saggi. Spesso ci lasciamo abbagliare dall’attivismo esecutivo dei politici imprenditori, ma non ci accorgiamo che con un minimo di riflessione avvertiremmo più facilmente quando è presente “troppa metis e niente nous”. Questo per dire che chi già è riuscito a corazzarsi dai suddetti inconvenienti dovrebbe offrire la conoscenza dei mezzi per chi è più distratto, proiettandosi con il migliore senso di responsabilità, affinché avvenga anche un contagio di onestà intellettuale riconoscibile, come premessa verso un cammino comune di coscienza civile, davvero civile. E in questa operatività la Sinistra è politicamente più efficace. Scrive lo storico Giampiero Carocci che: la sinistra si differenzia dalla destra per la difesa dei valori della collettività e dell’uguaglianza da parte della prima e la difesa dei diritti individuali di libertà (formalmente per tutti, ma di fatto solo per una minoranza) da parte della seconda. Ma già Carlo Rosselli e poi Guido Calogero hanno saputo richiamare l’attenzione sul valore della libertà individuale accanto a quello dell’uguaglianza, mettendo così in forte evidenza il carattere umanistico della sinistra, che garantisce l’autonomia della persona nei confronti non solo dei totalitarismi, ma anche della stessa destra classica che in pratica sottovalutava l’importanza di quella garanzia. Quindi la sinistra promuove l’emancipazione. E penso che l’emancipazione non possa consolidarsi senza una consapevolezza di bisogno di “curiosità” culturale personale, di cultura di scambio di conoscenza collettiva e di confronto armonioso di culture.
Un argomento che non mi sembra considerato è il “fenomeno” della finanza etica, trascuratissima e anche malvista da una certa destra. Oggi, in Italia, prevale l’interesse del mondo cattolico verso questa forma di finanza, con un comitato etico presieduto dal cardinale Ersilio Tonini. E’ una rivelazione in questo momento di crisi delle Borse, visto che lo scorso anno i 13 fondi etici italiani hanno gestito 10 mila miliardi di lire. Queste finanziano anche le Onlus e in tutto il mondo si nota un incremento verso questo tipo di attività finanziaria. Addirittura negli U.S.A. il 13% dei patrimoni gestiti seguono questo criterio, in Gran Bretagna 52 fondi seguono criteri etici, come i 22 in Svezia, 14 in Francia e Belgio, in Germania e Olanda 11. Da noi, oltre alla Banca Etica altre banche italiane sono da tempo molto attive, con splendide performance annuali. Ma il liberalsocialismo e i socialdemocratici, come tutta la sinistra laica, interpretano forse questo fenomeno come privilegio di diritto esclusivo dei cattolici?



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