4 maggio 2005 - Il Qurinale Ri-Facto di Aldo Ferrara

04 maggio 2006

"L'ingorgo istituzionale", determinato dalle elezioni degli organismi parlamentari, del nuovo inquilino del Quirinale, con la successiva nomina del governo, può diventare un tritacarne ed avviare quel processo di disgregazione, che è nelle cose, ovvero diventare momento iniziale di riassetto, in un senso od in un altro. Comunque vadano gli avvenimenti, la sinistra italiana non sembra liberarsi da quel complesso di problemi, fatto di irrisolte questioni interne, che la porta ad un percorso che può rivelarsi autofagico. In una dinamica di veti e personaggi contrapposti, molti dei quali passano per il toto-Quirinale, restano due punti fermi: il primo, indiscutibile, è Bertinotti nella sua nuova figura istituzionale. Ha dato già ottima prova dimostrando saggezza politica e soprattutto che si può fare politica anche dalla terza carica dello stato. L'esplorazione rapidissima, affidatagli dal Capo dello Stato, per la verifica se fosse più opportuno dare l'incarico per il nuovo governo subito o dopo il rinnovo del Quirinale, con la conseguente scelta di convocare in anticipo le Camere, indica a sua volta due cose: primo che Ciampi aveva già deciso di non ricandidarsi e secondo che lo scontro per il Quirinale può essere foriero di nuovi cambiamenti sul governo stesso. Sia sul capo del governo sia sulla sua composizione. Il secondo punto fermo è l'accoppiata D'Alema-Amato. Non si scontreranno mai il Presidente ed il Vice¬Presidente di una Fondazione (ItalianiEuropei) che è ben più di una onlus. Né, in questa fase, si scontreranno mai il potere politico, espressivo della sinistra attuale con il potere consolidato di banche ed industria. Dunque non una contrapposizione ma una giustapposizione opportuna per un interscambio Quirinale-Governo. Chiunque vada subito al Quirinale, su la scorta dei poteri conferiti dalla Costituzione, affiderà il governo del paese a Prodi, certo, ma per quanto tempo? Ossia è già pronto il dopo¬Prodi per Amato con D'Alema al Quirinale o viceversa. E' in questo avverbio il succo del discorso politico: la fungibilità dell'ex-comunista con quella dell'ex-socialista, regola aurea per due figure che da tempo hanno deciso di traghettare questa sinistra verso un Partito Democratico del quale possano decidere le sorti. Si ritorna dunque, bene o male, agli anni novanta quando tra i DS e Rifondazione si aprì un varco, mai colmato dal PdCI di Cossutta, un varco tra le due sinistre, di governo una e di lotta l'altra. Ma questa volta lo scenario è diverso. L'arrivo nelle istituzioni rende RC meno suscettibile di sviluppo sul versante radicale, più disponibile ad occupare sempre e comunque gli spazi della Sinistra Storica senza tuttavia acquisire ruolo ai fini del costituendo Partito Democratico. Questo, a sua volta, presenta vantaggi e svantaggi. Il vantaggio potrebbe essere quello di limitare la frammentazione politica, l'atomizzazione che rende la coalizione schiava di piccoli ma determinanti componenti. Sarebbe così sempre più evidente il modello bipolare, in questo modo sempre meno imperfetto. Ma questa evoluzione rende insoddisfatta la componente socialista e riformista della sinistra. Tuttavia, finchè essa si presenterà frammentata, con una presenza trasversale, in molti di questi piccoli o grandi schieramenti, dai DS alla Rosa alla stessa RC, sarà fuori da ogni gioco politico, non sarà determinante né si prevede che potrà avere un ruolo efficace. Resta fuori dal gioco anche la componente radicale della sinistra che viene virtualmente esclusa e ridotta al margine dell'estremismo politico, malgrado gli apparenti richiami ed ingloba menti parcellari di RC. Restano fuori anche la società civile, i movimenti, i vari girotondi, non certo incapaci di inserirsi in questo complesso articolato politico, ma perché non controllabili dalla politica dei partiti. Ebbero una funzione di frusta quando la sinistra fu massacrata nel 2001, ora la politica ritorna ai politici. I sentori di questo corso stanno nei commenti sul dopo¬Ciampi, sul dopo dei "tecnici". La politica ritorna nelle mani delle oligarchie decretando l'epilogo della seconda repubblica? Sembra di sì, almeno per quanto si evince dal focus-on sulla sinistra. Basta tutto questo per far fare alla sinistra un salto di qualità?
Probabilmente no, perché le contraddizioni restano. Manca in tutta questa evoluzione la consacrazione dei valori del socialismo, il lavoro, la solidarietà, la difesa dei diritti negati e delle minoranze sociali emarginate, manca in tutto questo il riferimento alla questione morale, che avrebbe dovuto essere la bandiera dei marxisti richiamati in servizio ed invece è affidata pro-tempore ad un Di Pietro che uomo di sinistra non è, manca in tutto questo il richiamo popolare, con il suo coinvolgi mento e la sua determinante presenza, tutti elementi che ci ricordano quanto la distanza tra politica, con una "p" molto minuscola, e paese dei lavoratori stia diventando molto ma molto grande.

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