29 maggio 2003 - Convegno: Forma di governo e democrazia. - Introduzione di Roberto Biscardini
29 maggio 2003
1. Da tempo noi socialisti abbiamo messo sotto osservazione il funzionamento delle istituzioni comunali, provinciali e regionali dopo un decennio di riforme istituzionali ed elettorali.
2. L’incontro di oggi si propone sostanzialmente due obiettivi:
a. Il primo riguarda l’esame del funzionamento delle autonomie locali, dopo dieci anni dall’entrata in vigore della legge 81 del 1993 che introdusse l’elezione diretta di sindaci e dei presidenti delle province, con annesso premio di maggioranza alle coalizioni vincenti e dopo quella serie di provvedimenti che hanno via via ridotto le competenze delle assemblee elettive rafforzando i poteri dei sindaci e delle giunte.
b. Il secondo riguarda la Regione Lombardia impegnata ad approvare nei prossimi mesi (perché si possa essere pronti entro la fine di questa legislatura) un nuovo Statuto nel quale sarà determinata la nuova forma di governo ed una nuova legge elettorale per l’elezione del Consiglio, della Giunta e del Presidente.
Ci auguriamo di poter dare oggi su questo tema un contributo per uscire dall’empasse, per riaprire un dibattito che va molto a rilento e che vede pressoché tutte le forze politiche muoversi con molta incertezza.
Vorremmo d’altra parte che questa legislatura non andasse sprecata e possa essere effettivamente considerata “costituente” così come fu annunciata nella campagna elettorale del 2000.
3. Partendo dalla necessità politica di rafforzare la democrazia nelle istituzioni, abbiamo deciso di non limitare il confronto ad un dibattito tecnico-giuridico ma di estenderlo al tema più vasto della democrazia rappresentativa confrontandoci, per quel che è possibile, sulle sue difficoltà e sulle sue prospettive. (Se lo Statuto della Regione Lombardia, la nuova forma di governo e la nuova legge elettorale non dovessero essere ispirate dall’obiettivo più generale di rafforzare la democrazia nelle istituzioni, lo sforzo di elaborazione avrebbe poco senso.)
4. Intorno alle questioni della democrazia si è aperto in questi ultimi anni un interessante dibattito politico-culturale, sia per le difficoltà che i più consolidati modelli di democrazia sembrano incontrare, quando si tratta di affrontare questioni nuove connesse alle istituzioni internazionali ed ai processi di globalizzazione, sia perché oggettivamente minata da una tendenza antipolitica, ben sostenuta dalla logica semplificatrice dei mezzi di comunicazione di massa, che negli anni hanno ridotto la credibilità dei partiti, delle istituzioni e degli eletti ai quali i cittadini non riconoscono più, o del tutto, il ruolo di propri rappresentanti abilitati a prendere decisioni per loro conto.
5. Ciò nonostante, piaccia o non piaccia, come per il passato, il futuro della democrazia resta legato all’esigenza di dare voce e rappresentanza al popolo affinché, come dice in una bella sintesi Dahrendorf, il popolo possa (richiamando Popper) liberarsi dai governanti senza spargimenti di sangue, possa controllare quelli che sono al potere in modo da essere certi che non ne abusino, possa avere voce nell’esercizio del potere stesso.
6. Per quanto riguarda l’esperienza dei Comuni e delle province dovremo cercare di rispondere, almeno in parte, ad alcune domande:
- la democrazia, che trovava peraltro fondamento nella separazione tra i poteri, si è rafforzata o si è indebolita dopo dieci anni di elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province?
- fino a che punto si giustifica l’elezione diretta degli organi monocratici con la contestuale introduzione del premio di maggioranza per l’elezione dei consigli?
- il progressivo depauperamento dei poteri delle assemblee elettive non merita ormai una revisione delle norme introdotte in questi ultimi anni?
- le attuali giunte possono ancora essere considerate organi collegiali? e se non lo sono più, ha senso l’esistenza di giunte nominate direttamente dai sindaci e dai presidenti ai quali rispondono in via assoluta e gerarchica?
- la disaffezione degli elettori verso il voto e la politica non può essere determinato anche dalla contraddizione di chiedere agli elettori di votare contemporaneamente un sindaco forte e consiglieri, peraltro rappresentati dei partiti, estremamente deboli?
7. Per quanto riguarda l’esperienza regionale la situazione è forse ancora più preoccupante.
Nella sommatoria tra la legge elettorale del ’95 e la modifica costituzionale del ‘99 (elezione diretta del Presidente e premio di maggioranza per la coalizione vincente) le Regioni italiane, sull’onda delle riforme introdotte per i comuni e le province si trovano oggi a governare in un sistema nel quale l’equilibrio tra il potere dell’esecutivo e quello legislativo è andato sostanzialmente perduto.
8. Oggi il dibattito politico sulla forma di governo delle Regioni ruota sostanzialmente solo intorno a due questioni, discusse fuori da qualunque riferimento al tema più generale della democrazia rappresentativa:
a - La prima riguarda la vicenda del “simul stabunt simul cadent” che lega a filo doppio, secondo l’attuale forma di governo neopresidenziale, le sorti del potere legislativo a quello del capo dell’esecutivo (se va a casa il Presidente va a casa anche il consiglio).
b - La seconda, certamente più importante, discussa a bassa voce, riguarda l’elezione diretta del Presidente prevista dalla Costituzione, ma modificabile dal nuovo Statuto, che sta producendo non pochi problemi istituzionali e di funzionamento, ma che nessuna forza politica sembra per ora avere il coraggio di affrontare con chiarezza, per paura dell’impopolarità, ritenendo ormai l’interesse dell’elettore ad esprimere direttamente il capo dell’esecutivo come un diritto acquisito e inviolabile.
9. Il sistema oggi in vigore ha messo in evidenza in soli due anni almeno queste distorsioni:
- forte conflittualità tra i poteri, per esempio sul tema delle competenze in materia di approvazione dei regolamenti;
- forte appropriazione di competenze da parte del potere esecutivo rispetto a quello legislativo;
- confusione dei ruoli, determinata dal fatto che il presidente ritiene di vivere in un sistema presidenziale e il consiglieri ritengono di vivere in un sistema parlamentare;
- la maggioranza del consiglio, in virtù di un premio che si ritiene ottenuto per merito del presidente eletto direttamente, è fortemente condizionata della volontà del presidente stesso;
- siamo in un sistema parlamentare nel quale è sparita la fiducia ma è rimasta seppur deformata la sfiducia;
- la produzione legislativa sostanzialmente piegata al programma di governo, influenzata dal ricatto del “simul stabunt simul cadent” e mortificata dal premio di maggioranza, è resa generica e volutamente interpretabile per consentire all’esecutivo la massima discrezionalità in fase di attuazione;
- c’è assenza di una vera attività di controllo sull’impatto della legislazione, sull’attività amministrativa dell’esecutivo e sulle politiche pubbliche;
- infine si registra un forte rallentamento e un assenza di autonomia dell’attività istituzionale degli organi consiliari, dagli stessi esponenti della maggioranza all’elezione diretta del presidente.
10. Ciò basterebbe a indicare come necessaria la scelta di una forma di governo chiara e meno ambigua di quella attuale, rivedendo profondamente l’attuale sistema elettorale.
11. I consiglieri regionali conoscono le mie posizioni illustrate nell’ambito della Commissione Statuto a favore di un sistema parlamentare di tipo tedesco con sistema elettorale proporzionale rafforzato dai necessari correttivi a garanzia della governabilità e stabilità, ritenendolo più interessante rispetto al sistema presidenziale, pur ugualmente apprezzabile, in ragione delle caratteristiche del nostro sistema politico e del processo di trasformazione in atto nei partiti italiani.
In questo caso si tratterebbe di puntare su sistema parlamentare forte per restituire ai cittadini in democrazia e in capacità di governo molto più di quanto hanno ottenuto e potranno ottenere dalla elezione diretta di un Presidente dentro un sistema debole e confuso come quello attuale.
Diversamente l’alternativa chiara al sistema parlamentare di tipo tedesco sembra essere (nelle forme che la Costituzione consente) solo quella del sistema presidenziale, di tipo americano per intendersi, con netta separazione dei poteri, dove non c’è rapporto di fiducia, non c’è collegamento tra esecutivo e legislativo, il Presidente non ha competenze e neppure iniziativa legislativa, ha un limitato potere regolamentare ma delinea l’indirizzo politico, la maggioranza politica che esprime il Presidente può essere diversa da quella che esprime il parlamento.
12. In un recente libro dedicato al futuro della democrazia, Darhendorf sostiene come la democrazia americana rimanga un importante modello di riferimento, più da guardare che da copiare aggiunge, ma contemporaneamente riconosce al modello tedesco la forma forse più adatta a rafforzare i sistemi democratici o che si avviano oggi verso la democrazia, sostenendo che: “il pericolo maggiore nel darsi nuove istituzioni democratiche è quello di commettere un errore di ibridazione, combinando cioè un pezzo del sistema presidenziale, come avvenuto in Israele, con l’elezione diretta di un premier che comunque poi dipendeva dal Parlamento. Una soluzione così palesemente sbagliata che in Israele è stata revocata.”
13. La Lombardia, sulla base dell’esperienza israeliana, potrebbe dare il buon esempio al Paese dimostrando come in politica non è un errore avere il coraggio di cambiare e di scegliere.