25 febbraio 2002 - Seduta alla Camera dei Deputati - Atti parlamentari - intervento dell'On. Ugo Intini - Discussione sulle linee generali - Conflitto d'interessi

25 febbraio 2002

Atti Parlamentari - Camera dei Deputati
XIV LEGISLATURA -
DISCUSSIONI- SEDUTA DEL 25 FEBBRAIO 2002 - N. 103

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l’onorevole Intini, cui ricordo che ha a disposizione 19 minuti. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, il conflitto di interessi cui ci troviamo di fronte Costituisce un’enormità. Ai tempi di Montesquieu si sottolineava, e si sottolinea giustamente ancora, la necessità di distin-guere, in uno Stato di diritto, tra potere esecutivo, potere legislativo e potere giudiziario. Ma i poteri veri del inondo moderno sono il potere politico, il potere economico ed il potere mass-mediatico: ebbene, tutti e tre questi poteri oggi, in Italia, sono concentrati nelle mani di un solo uomo.
Per questo l’Italia è guardata con sospetto in Europa, dalla sinistra, come è ovvio, ma anche dalla destra, perché l’Italia è stata una grande esportatrice di malattie politiche: il fascismo è nato in Italia ed è stato esportato in tutto il mondo, il giustizialismo è nato in Italia attraverso la prevaricazione della magistratura sulla politica ed è anch’esso stato esportato, ancorché sia in Europa oggi frenato e sconfitto. Anche il «berlusconismo », ovvero il predominio del denaro sulla politica, può essere un genere di esportazione: tanti Berlusconì si possono trovare in molti paesi europei.
Il conflitto di interessi, dunque, è un’enormità e non può essere risolto così come propone il Governo. un’offesa all’intelligenza degli italiani far credere che chi controlla un’azienda non sia il proprietario bensì il gestore e immaginare che in Mediaset Confalonieri pesi più di Berlusconi. Per questo motivo la situa-zione della RAI è così avvelenata. Il Governo che ha appena nominato il consiglio di amministrazione e, attraverso di esso, si accinge a nominare i direttori delle testate dei telegiornali, non è un Governo che parte da zero; parte dal controllo del 50 per cento del sistema televisivo, di grandi case editrici e di gran parte del mercato pubblicitario. Per questo motivo l’Ulivo farebbe bene a lasciare il consiglio di amministrazione, in cui i suoi due rappresentanti rischierebbero di fare soltanto da copertura per una situazione inaccettabile.
Un tempo si polemizzava contro la lottizzazione della RAI: temo che si finirà per rimpiangerla, perché qualcuno potrebbe osservare che, in verità, quella lottizzazione significava pluralismo e che, in quei tempi, sono cresciuti i migliori professionisti oggi al vertice dell’azienda. Un tempo magari erano socialisti o democristiani, oggi sono alla guida della RAI e anche di Mediaset e sono, comunque, ottimi professionisti.
Il sistema della lottizzazione — che definirei, piuttosto, del pluralismo — era molto semplice: nel paese esistevano 3 aree culturali e politiche (quella cattolica democristiana, quella laico-socialista e quella comunista) e a ciascuna di esse venivano attribuiti una rete ed un telegiornale della RAI.
Dubito che oggi la maggioranza sarà così generosa e pluralista; tuttavia, anche se lo fosse, ciò non basterebbe. Infatti, se all’area culturale dell’opposizione si attribuisse un terzo dei telegiornali e delle reti RAI, comunque nel complesso ciò sarebbe un sesto del sistema televisivo: davvero troppo poco per parlare di pluralismo.
Signor Presidente, il conflitto di interessi è un grave problema di libertà e di equilibrio politico e, tuttavia, è anche un problema che riguarda la libera concorrenza. il Capo del Governo è, infatti, un imprenditore e un imprenditore persegue il profitto. Un imprenditore che controlla la metà di un mercato duopolistico non è disinteressato all’altra metà, ossia alla situazione del suo unico concorrente. Può desiderare che quest’ultimo si modernizzi e acquisti efficienza il meno possibile e, comunque, meno della sua azienda; può desiderare di avere un competitore più apparente che reale.
Si è compiuto un danno irreparabile, perché credo francamente poco che i giuristi riescano a risolvere i problemi pratici; tuttavia, questo problema può essere risolto in due modi radicali. Il primo è impossibile: che Berlusconi lasci la Presidenza del Consiglio. Il secondo è molto difficile ed è impossibile da imporre: che Berlusconi venda le sue reti. Vi è una terza strada: si potrebbe, in modo pragmatico e immediato, stabilire che la Commissione di vigilanza dei servizi radio televisivi abbia una supervisione non soltanto sul sistema pubblico, ma anche sul sistema privato e su Mediaset. Si potrebbe esplorare la possibilità che la RAI tenga una sola rete a presidio del servizio pubblico e venda le altre 2 a un privato davvero libero, autonomo e, pertanto, capace di essere un vero competitore con le reti Mediaset sul piano aziendale e su quello del pluralismo politico.
Tuttavia, in un dibattito parlamentare bisogna anche svolgere riflessioni costruttive, usare spirito critico e anche autocritico. Pertanto, anche l’opposizione deve riflettere sui propri comportamenti.
Abbiamo voluto un sistema elettorale maggioritario, ma, presi dalla fretta rivoluzionaria del momento, ci siamo dimenticati che la Costituzione era costruita per un sistema proporzionale. Non abbiamo, perciò, introdotto nella Costituzione i meccanismi di garanzia indispensabili per impedire che il vincitore nelle elezioni condotte con il sistema maggioritario si comporti con arroganza e schiacci la minoranza.
lì conflitto di interessi poteva essere risolto nella passata legislatura. Non lo abbiamo fatto. Credo che sia stata una scelta saggia, perché saremmo stati puniti dagli elettori, ma non lo abbiamo fatto.
Temo che nella RAI del centrosinistra vi fosse più pluralismo di quello che vedremo tra poco. Tuttavia, quella RAI era, francamente, indifendibile, per la mancanza di servizio pubblico, per la stupidità e la faziosità di troppi programmi e anche per l’arroganza.
Sabato, a Milano, ne abbiamo avuto un segnale quasi simbolico: il presidente Zaccaria, che sino a ieri si manifestava garante neutrale, improvvisamente trasformato al Palavobis in arringatore di folle faziose. Qui sta il punto più importante di riflessione: dobbiamo fare un’opposizione credibile alla destra, dobbiamo difendere principi liberali e dello Stato di diritto contro una destra che spesso non li rispetta, ieri al G8 di Genova, nel comportamento verso la magistratura, verso i sindacati, oggi nell’occupazione del sistema televisivo.
Per difendere i principi liberali bisogna essere credibili. Quando il cittadino medio guarda manifestazioni come quelle del Palavobis vede giustizia di piazza, ex magistrati trasformati in capipopolo, alleanza tra estremismo veterocomunista ed estremismo qualunquista, invito alla politicizzazione della magistratura. Vede non lo sforzo di chiudere una guerra civile riconoscendo gli errori degli uni e quelli degli altri, bensì il tentativo di aprirne una nuova.
Manifestazioni come quella del Palavobis danno l’esatto contrario di un’immagine liberale dell’opposizione: preparano al centrosinistra non una, ma più legislature di sconfitte. Fortunatamente, chi applaude Dario Fò quando irride al Capo dello Stato non rappresenta la sinistra, né quella riformista né quella antagonista come Rifondazione comunista. Rappresenta una élite di vecchi professionisti dell’indignazione e Bertinotti ha fatto molto bene a prenderne le distanze, perché una sinistra estrema ma politica si allontana e si differenzia dalla antipolitica. Una sinistra sociale non vuole avere nulla a che fare con una sinistra penale. Da Bertinotti e da chi ragiona in questo modo si deve dissentire, ma si deve dialogare, si deve cercare un’alleanza elettorale. Con l’estremismo qualunquista del Palavobis no. Credo che la stragrande maggioranza della sinistra saprà dare risposte diverse da quelle che si sono ascoltate a Milano, risposte riformiste, e in questo senso è di conforto l’intervento dell’onorevole Caldarola. Credo anche che alla sinistra europea ed alla sua moderazione il Governo debba dare valide ragioni, appunto, di moderazione. Sinora il Governo non lo ha fatto, anzi, ha fatto esattamente il contrario.
Eppure, questo dobbiamo tutti noi, maggioranza e opposizione, all’Italia. Le dobbiamo una normale destra europea ed una normale sinistra europea, non una politica ridicola che si scontra nel peggiore stile sudamericano, che per metà grida "ladri" e per metà grida "comunisti" e "giustizialisti".. Dobbiamo all’Italia ed al Capo dello Stato due schieramenti politici che non si delegittimino ma si legittimino a vicenda. In questo contesto sarà più facile anche risolvere i problemi del conflitto di interessi e della RAI perché per gli uomini dello spettacolo e per i giornalisti senza una lotta politica faziosa ed esasperata sarà più facile ricordare di essere prima di tutto dei professionisti, dei liberi ed autonomi professionisti.
Voglio concludere con un appello ai compagni DS: non lasciate che la sceneggiata di 40 mila persone cancelli il voto congressuale di centinaia di migliaia di militanti. Se Moretti incorona il leader dell’Ulivo in un professore di Firenze ciò è tragicomico, è una farsa della democrazia, è un golpe contro un partito democratico.
Vorrei anche fare un appello all’Ulivo. La sua leadership non può mediare, deve scegliere: o sceglie il riformismo europeo, la socialdemocrazia, il progetto Amato, oppure sceglie dipietrismo e morettismo, la sinistra delle manette e quella dei girotondi da campo giochi. Non si faccia finta di non capire: o il Palavobis o i riformisti, o loro o noi. Su questo l’Ulivo sta per spaccarsi.
Voglio esprimere solidarietà al consigliere regionale toscano del mio partito che ha digiunato per protesta contro l'estremismo giustizialista del Palavobis. Se non si farà chiarezza, i nostri militanti il 2 marzo preferiranno imitarlo piuttosto che seguire la manifestazione a Roma dell'ulivo.

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