24-25.04.1999 – 1° CONGRESSO REGIONALE DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI, Milano

01 gennaio 2000

Argomenti per la discussione

1. Il primo Congresso regionale dei Socialisti Democratici Italiani
Questo Congresso è la prova che i socialisti hanno vinto una prima importante battaglia: quella di aver ricostruito un partito che si chiama “socialista”, nonostante, fin dal 1993, l’opinione pubblica e la stampa ritenesse che nel nostro Paese non vi fossero più le condizioni per l’esistenza di un partito socialista.
Questa convinzione rappresentò per molti socialisti la motivazione per andare a destra o a sinistra, per passare tra le fila di Forza Italia, per avvicinarsi al PDS o per non schierarsi con nessuno andando ad ingrossare il partito del non voto.
La battaglia che abbiamo vinto non consente più a nessuno di dichiararsi socialista in un altro partito, “socialista in Forza Italia” o “socialista nei DS” o “socialista altrove”.
Oggi i socialisti possono stare con i socialisti. Oggi una casa socialista c’è, ragion di più per favorire con generosità ed intelligenza la riunione di tutti coloro che vogliono contribuire alla costruzione del nuovo partito dei socialisti, pur provenendo da altre esperienze o ritornando alla politica dopo un periodo di astensione.

2. Il bilancio di un anno
Circa un anno fa a Fiuggi abbiamo realizzato la maggiore unità possibile fra i partiti e i gruppi che avevano caratterizzato la diaspora socialista e abbiamo riunito nello stesso partito i rappresentanti della tradizione socialista con quella socialdemocratica.
Ma l’unità socialista non è ancora del tutto realizzata.
Quel Congresso ha prodotto comunque un positivo effetto moltiplicatore dando fiducia a quanti in questi anni non avevano partecipato all’attività di nessun gruppo o partito di ispirazione socialista. Infatti nel 1998 con il primo tesseramento non abbiamo solo sommato le adesioni dei partiti che hanno dato vita allo SDI, ma abbiamo raccolto nuovi consensi e nuovi iscritti recuperando energie al di fuori delle vecchie adesioni.
Questa “piccola valanga” prosegue tuttora, ha trovato forza dall’affermazione delle nostre liste sia nelle elezioni di maggio che a novembre del 1998 e si rafforza con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative ed europee del 13 giugno.
Le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato una rinnovata disponibilità degli elettori a votare il simbolo dei Socialisti Democratici Italiani come sintesi positiva tra la difesa di una tradizione politica gloriosa e la costruzione di un nuovo soggetto politico.
In Lombardia il lavoro politico di questo ultimo anno ci consente di presentarci a questo Congresso con circa 6000 iscritti e un dato elettorale complessivo nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti pari a circa il 6%.

3. Unità ed autonomia
Chi ha lavorato in questi anni per la ricostruzione del partito socialista non ha mai perso di vista insieme al tema dell’unità quello dell’autonomia, dall’insieme di questi due obiettivi abbiamo ritrovato l’orgoglio di essere socialisti cosicché il nuovo partito nasce sulla valorizzazione dell’identità originaria del socialismo italiano.
Oggi autonomia ideale ed organizzativa non significa essere solo distinti e distanti dal comunismo ( peraltro fallito, ma non del tutto morto nè in Italia nè in Europa), ma soprattutto significa rappresentare esigenze, bisogni e nuove trasformazioni, con le proprie idee, le proprie proposte e i propri programmi, sapendo difenderli al di là della logica degli schieramenti.

4. Il progetto socialista
Abbiamo costruito un partito socialista nel nostro Paese non per vivacchiare nell’attuale sistema politico italiano o per confrontarsi soltanto con le altre 40 formazioni politiche e più che il bipolarismo e il maggioritario hanno prodotto.
Da sempre ci siamo posti obiettivi ben più ambiziosi:
- costruire anche nel nostro Paese una sinistra credibile di ispirazione socialista e socialdemocratica al pari di quelle esistenti negli altri Paesi europei, sapendo che senza una forza socialista la sinistra è complessivamente debole e non potrà essere rappresentata in modo vincente dai partiti di tradizione comunista, perchè quella sinistra è in profonda crisi di identità;
- riorganizzare una forza socialista per rafforzare una sinistra italiana fortemente in crisi anche sul piano dei consensi elettorali, mai come in questo momento in deficit di progetto e anche in difficoltà nell’azione di Governo;
- organizzare il partito dei socialisti non fuori dal gioco dell’attuale fase politica, utilizzando ogni opportunità elettorale per proporre il nostro simbolo e ricostruire delle presenze socialiste nelle amministrazioni locali e nelle assemblee elettive.
Ora che il partito c’è, possiamo darci un progetto, un progetto socialista, per far conoscere le nostre idee, le nostre proposte e in nostri programmi: per riaprire nel Paese con l’elettorato e con le altre forze politiche una nuova fase di confronto.
Sarà questo il modo migliore per contrastare una lunga fase politica cosiddetta di transizione (che non finisce mai), caratterizzata da autoritarismi, demagogie, populismi e poca democrazia.
I confini storici del partito socialista vanno ritrovati e adeguati. La storia straordinaria dei socialisti è stata anche capacità di progetto: quella capacità deve essere ritrovata.

5. Bipolarismo, bipartitismo, riforma elettorale e proporzionale
Abbiamo contestato questo bipolarismo, come imperfetto, frutto di operazione “manu militari” per distruggere i partiti di Governo e per immettere nel circuito del Governo forze che per 50 anni sono stare escluse.
Come prevedevamo i nuovi sistemi elettorali introdotti dopo il 1993 non hanno garantito nè la stabilità dei governi, nè la semplificazione del sistema politico, nè la diminuzione della corruzione.
Come prevedevamo quel bipolarismo è già fallito: oggi la maggioranza di governo non è quella votata dagli elettori nel 1996 (è entrato Cossiga ed è uscito Bertinotti) e la minoranza non è più quella di allora.
Anche per questa ragione in tutte le occasioni in cui ancora lo consentono i sistemi elettorali con quote o totalmente proporzionali (comuni, Province, Regioni, Camera dei Deputati, Europee) presenteremo le nostre liste.
questo è il modo più concreto e coerente per contrastare un’idea distruttiva entrata in vigore con la cosiddetta seconda repubblica: l’idea secondo la quale avrebbero dovuto scomparire i partiti per essere sostituiti con contenitori senza alcun fondamento ideale.
Per le stesse ragioni con le quali ci siamo espressi contro un bipolarismo falso, siamo contro il bipartitismo falso.
L’idea che attraverso proposte di legge di riforma elettorale, sempre più maggioritarie, e per giunta aggravate in modo assolutamente antidemocratico da premi di maggioranza, come è previsto dalla proposta di legge Amato, si consenta ai due partiti maggiori, Forza Italia e Ds, di rappresentare con il 40% dei consensi l’intero corpo elettorale italiano, non è assolutamente accettabile e non corrisponde alla realtà del Paese.
Noi siamo convinti che la governabilità e la stabilità dei governi dipende in primo luogo da una riforma costituzionale che sarebbe stata possibile se questo Parlamento avesse scelto la strada dell’elezione diretta di una Assemblea Costituente anzichè quella della Commissione Bicamerale.
Noi siamo altrettanto convinti che questo Paese per essere governato adeguatamente ha bisogno di dotarsi di un sistema elettorale di tipo proporzionale, anche con collegi uninominali (vecchio sistema elettorale del Senato), corretto come nella nostra proposta di legge da una soglia di sbarramento del 4% (sul modello del sistema tedesco).



6. La riforma dello Stato
La riforma dello Stato può avvenire solo attraverso la riforma dell’attuale Costituzione. A tal fine i socialisti hanno proposto attraverso un progetto di legge di riforma costituzionale la trasformazione dello Stato in senso federale.
Per noi il federalismo rappresenta un modo serio per unire il Paese anziché dividerlo.

7. Il federalismo dalla parte dei Comuni
Federalismo significa dar vita ad un modello di organizzazione dello Stato, articolato in modo paritario tra Stato centrale, Stato delle Regioni e Stato dei Comuni, contro ogni forma di centralismo statale, regionale e persino provinciale. Abbiamo proposto di togliere alle Province valenza costituzionale, trasformandole in enti intercomunali, in consorzi di comuni per iniziative delle Regioni e dei Comuni stessi. Si tratta di consentire ai Comuni di affrontare presso le nuove Province, a livello sovraccomunale, tutti quei problemi che i comuni da soli non riescono a risolvere.
Il nostro modello federalista si appoggia quindi sul ruolo delle Regioni, ma soprattutto sul ruolo dei Comuni, di tutti i Comuni, non solo di quelli grandi. Per questo non siamo dalla parte del partito dei sindaci che vogliono diventare governatori delle città metropolitane, a Milano come a Napoli, a Roma e a Catania.
E siamo contro le città metropolitane come nuove istituzioni che eserciterebbero il loro potere contro i comuni più piccoli.
Diceva Proudhon “chi dice libertà dice federalismo o non dice niente, chi dice Repubblica dice federalismo o non dice niente, che dice socialismo dice federalismo o non dice niente.”
I socialisti ritengono che la recente legislazione nazionale stia compromettendo la tradizionale rete delle autonomie locali e che in particolare le cosiddette leggi “Bassanini” abbiano dato il colpo decisivo allo svilimento della politica nelle istituzioni, sovvertendo in modo molto anomalo il sistema delle responsabilità.
Per questo i socialisti lombardi propongono modifiche alla legge 142/90, alla legge 81/.. e naturalmente degli stessi decreti Bassanini.

8. La difesa della democrazia
Il consolidarsi delle democrazie nel mondo quale migliore ed unico modello di organizzazione delle società moderne non ci esime dall’osservare quanto nel “piccolo grande Mondo globalizzato” la democrazia possa essere messa in discussione da più parti. Semplificando potremmo dire che i rischi più grandi possono venire da:
- decisioni economiche e finanziarie “non democratiche”;
- da interessi di parte più forti di quelle di un singolo paese e, persino, di intere aree economiche;
- da sistemi mediatico-informativi capaci di controllare ed influenzare pezzi di società.
Ecco perchè è necessario attivare iniziative e misure in grado di garantire che le democrazie non vengano indebolite o, addirittura, minacciate.
Per questo i socialisti intendono sviluppare la loro iniziativa politica affinchè sia possibile definire nuove regole a livello mondiale non solo per il commercio, ma anche per le transazioni finanziarie, reali o fittizie, consapevoli che non può essere accettata la “regola” non scritta che pochi operatori, spesso ignoti, possano mettere in ginocchio un paese ed intere comunità, senza dover rendere conto a nessuno. Non accettiamo, in nome di un mercato selvaggio, il dominio di nuovi barbari che invece di usare le armi usano enormi disponibilità finanziarie.
Nuove regole devono essere messe in campo per il governo dei moderni sistemi informativi e mediatici. Per i socialisti il sapere è libertà, la libera circolazione delle idee e delle informazioni è libertà, ma il possibile uso “non democratico” del sistema delle informazioni, guidato da un mercato gestito da pochi e senza regole condivise, può generare pericoli per la libertà nei paesi democratici ed impedire la democrazia per i tanti paesi ancora non democratici.
Per evitare che siano i “poteri forti” a decidere per tutti, occorrono regole istituzionali capaci di tutelare le libertà civili, religiose, culturali ed economiche, assicurando a tutti il libero dispiegarsi della democrazia in ogni paese senza modelli prevalenti se non quelli propri delle libertà individuali, della libertà di organizzazione, di stampa e di voto, i valori fondanti delle democrazie.
In Italia ed in Lombardia questo significa garantire a tutti il diritto di proporre modelli di Stato e sistemi elettorali fondati sulla libertà per tutti, sulla rappresentatività, sull’efficienza e l’efficacia dei governi per affrontare le sfide del nuovo millennio. In questi anni in più occasioni più forze politiche si sono mosse verso obiettivi opposti: restringere la rappresentanza, come è proposto dall’ultimo referendum, e impedire la dialettica politica.
I socialisti lombardi si sentono impegnati a difendere la democrazia partecipata, quella per la quale da un secolo il movimento socialista lombardo ha lottato e che non intende abbondare.

9. Dalla parte dei lavoratori dipendenti e autonomi
Essere dalla parte dei lavoratori è nel DNA dei socialisti, siamo nati per “tutelare i lavoratori”.
La consapevolezza delle nuove sfide dello sviluppo in Italia, in Europa e nel mondo, per i socialisti non può prescindere dalla difesa degli interessi dei lavoratori.
La domanda è: i lavoratori rispetto a queste nuove sfide sono più o meno tutelati? La risposta, purtroppo, è che i lavoratori sono meno tutelati, più esposti ai rischi del mercato, della disoccupazione e dell’emarginazione.
Non sono tutelati i giovani, che non trovano spesso lavoro e, quando lo trovano, è il più delle volte precario, con salari bassi, senza tutele sanitarie e previdenziali.
Non lo sono molti nuovi lavoratori, dipendenti od autonomi, cresciuti in lavori atipici che non danno sicurezze, identità e certezze del futuro.
Non lo sono i lavoratori tradizionali minacciati dai licenziamenti, dalla difficile riconversione professionale in un mercato del lavoro che spesso li respinge.
Il nuovo modello di sviluppo, con le nuove forze nell’organizzazione del lavoro, i nuovi rapporti di lavoro e le nuove professioni, spesso a cavallo tra lavoro autonomo, (falso) e lavoro dipendente (mal tutelato), troppo frettolosamente accettato in una logica di concorrenza al ribasso di tutte le garanzie, si fonda esclusivamente “sulla presunta infallibilità” del mercato stesso.
L’accettazione convinta anche da parte dei socialisti che il mercato può essere motore dello sviluppo, non può essere accolta senza che vengano definite regole in grado di garantire i diritti dei lavoratori. Il nuovo millennio non può iniziare distruggendo la conquista principale del secolo scorso: lo “stato sociale” voluto dai socialisti e dai socialdemocratici.
Le rivoluzioni liberali e i movimenti del socialismo democratico, avevano introdotto il concetto di pari opportunità, di garanzia per gli interessi generali (pensioni, sanità, assistenza), di tutela per gli emarginati e i più poveri; oggi si rischia di rimettere in discussione tutte queste conquiste e i socialisti non possono che essere contro.
Ne è convinto anche Galbraith, il teorico della “Società opulenta” che da tempo dice: “si, purtroppo ho sbagliato.. quella attuale è la società delle disparità economiche. Allora eravamo ciechi.. In questi decenni è aumentata la povertà.. negli Stati Uniti c’è una orrenda disuguaglianza.. e la seconda povertà è il divario tra paesi ricchi e quelli del terzo mondo”.
Il ruolo dello Stato resta forte, come dice ancora Galbraith, quale garante e protagonista di giustizia sociale, chiamato a definire regole generali capaci di correggere la violenza del mercato, quando questo si affida solo al profitto.
Per noi la flessibilità non è lavoro senza tutela, ma nuova opportunità sostenuta da formazione e professionalità. Per noi socialisti l’attuale pressione fiscale pesa sul costo del lavoro dipendente e del lavoro autonomo in misura tale da non essere più compatibile con le necessità di nuovi investimenti e di nuovo sviluppo. Senza riduzione delle tasse è impossibile una vera libertà economica e una vera competizione internazionale.

10. La scuola
I socialisti hanno aperto una campagna contro il finanziamento indiscriminato ed incostituzionale della scuola privata, contro la legge di parità ed hanno contemporaneamente riproposto la questione della riforma della scuola ed il rilancio della scuola pubblica, da realizzarsi attraverso un migliore trattamento degli insegnanti, la riqualificazione del corpo docente, l’aumento delle risorse per la formazione, gli interventi a sostegno del diritto allo studio per tutte le famiglie ed in particolare per quelle meno abbienti.
I socialisti propongono che vengano accresciuti gli investimenti sulla rete territoriale della scuola pubblica, propongono un’effettiva autonomia delle sedi, il decentramento dal Ministero alle Regioni dei compiti di programmazione, integrazione e di gestione, un’innalzamento motivato dell’obbligo scolastico, ma non l’assurdo ed inutile innalzamento a quindici anni proposto dall’attuale Ministro.
I socialisti sono per la libertà di insegnamento e confermano il valore educativo del pluralismo culturale che può essere garantito soltanto dalla scuola pubblica.
Difendere il concetto di laicità dello Stato non significa indifferenza verso le religioni, ma garantire un pluralismo confessionale e culturale nel quale nessuna componente prevalga sull’altra.
Per le stesse ragioni i socialisti hanno sostenuto una dura battaglia contro la legge regionale a favore del finanziamento della gestione delle scuole materne private della Lombardia.

11. La sanità e assistenza
I socialisti hanno contestato il progetto di riforma sanitaria della Regione Lombardia perchè, nonostante le dichiarazione propagandistiche della Giunta regionale, questa legge non produce più salute, non garantisce più efficienza e più qualità delle strutture sanitarie, non riduce assolutamente, aprendo al cosiddetto settore privato convenzionato, la spesa sanitaria globale.
I socialisti contemporaneamente ritengono che i progetti del Governo, senza demagogie, debbano essere improntati a migliorare la qualità e efficienza dell’intero sistema sanitario e assistenziale nazionale, a partire dalla valorizzazione del ruolo dei medici di base e della prevenzione.

12. Giustizia e criminalità
L’attenzione del sistema giudiziario italiano ed in particolare di quello milanese ed ai fatti della politica, fino al punto di sostituirsi ad essa, attraverso la cosiddetta “rivoluzione giudiziaria”, ha allentato negli ultimi anni (come sostenuto dagli esperti del settore) l’azione della giustizia nei confronti della lotta alla criminalità.
A distanza di quindici anni dal referendum sulla “giustizia giusta” e sulla responsabilità civile dei magistrati, oggi la situazione registra meno responsabilità dei giudici, una giustizia meno giusta e sempre meno uguale per tutti.
In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario della Cassazione è stata ammessa la sconfitta.
C’è la mafia, c’è ancora la corruzione, c’è l’usura, c’è il traffico di droga, le estorsioni, i sequestri di persona, la violenza sessuale ed è aumentata la criminalità diffusa, ma il 95% dei delitti gravi rimane impunito. Non è con le leggi speciali e con la minaccia dell’aumento delle pene che si combattono i delitti, ma contemporaneamente non si può tollerare la vanificazione delle leggi esistenti nè comportamenti che sono e sono stati insieme lesivi delle libertà.
Non bisogna lasciare alla destra il tema della sicurezza delle nostre città e quello della lotta alla criminalità diffusa.
Non si può lasciare alla destra l’iniziativa sul tema della criminalità in rapporto al fenomeno complesso dell’immigrazione clandestina.
Noi siamo per la libertà e contemporaneamente per la legalità.
Non associamo, come fa la destra e la Lega, automaticamente criminalità ed immigrazione, ma condanniamo l’immigrazione clandestina ed irregolare.
Chiediamo l’applicazione rigorosa della legge con l’espulsione dal Paese degli immigrati clandestini, siamo contro le sanatorie e proponiamo per il futuro che non passano essere rilasciati permessi di soggiorno ad immigrati per i quali sono stati riconosciti dei precedenti di irregolarità.

13. Un progetto riformista per la Lombardia
La Lombardia è sempre stata considerata “il motore” dell’Italia moderna e può esserlo ancora se la classe dirigente non si chiude in piccole conventicole gelose delle loro prerogative.
Per poterlo fare compiutamente occorre:
- continuare nella valorizzazione del regionalismo e del federalismo che esalti le prerogative locali in un disegno nazionale ed europeo;
- lavorare tutti insieme per una economia, uno sviluppo, una società in grado di esaltare le capacità valorizzando le diversità;
- incoraggiare una cultura non omologata da alcuno che stimoli e valorizzi singoli ed istituzioni in una società libera ed aperta.
Per questo i socialisti propongono anche in vista delle elezioni regionali del 2000 un “progetto riformista per la Lombardia”.
Ciò significa:
- una Regione con un nuovo statuto ed un diverso impianto istituzionale, una nuova fase costituente anticipatrice del nuovo Stato a forte struttura federale;
- una nuova politica di sviluppo aperta al resto del mondo e dell’Europa con l’obiettivo di portare “l’Europa in Lombardia”;
- mobilitare risorse pubbliche e private per migliorare il sistema infrastrutturale, della multimedialità, della ricerca e dell’innovazione;
- garantire una istruzione diffusa e di qualità, una formazione professionale permanente in tutti i settori, vecchi e nuovi del lavoro e delle professioni;
- sostenere il sistema economico-sociale lombardo, soprattutto l’artigianato e la piccola impresa nel mondo;
- rafforzare lo Stato sociale;
- difendere le libertà di tutti;
- valorizzare le capacità individuali e collettive nel lavoro, nella cultura, nell’arte e nella ricerca.
Le Regioni a Statuto Ordinario, nate trent’anni fa grazie alla spinta riformista dei socialisti nel centro sinistra degli anni sessanta, nel corso di questi difficili anni hanno dovuto vincere molte resistenze dello Stato centralista. Oggi possono riprendere il cammino dentro un Paese fortemente riformato.
Il progetto riformista per la Lombardia mette la Regione tra i protagonisti attivi della riforma più generale dello Stato e candida la Lombardia e la sua futura classe politica ad un governo meno dipendente dal centro, più autorevole per lo sviluppo democratico dell’intero paese.
Il progetto riformista si contrappone alla cultura esclusivamente liberista del Polo, a quella secessionista e separatista della Lega a quella ancora troppo centralista e statalista di buona parte della sinistra.
La cultura liberale, socialista e riformista che proprio al Nord aveva avuto le sue radici, proprio dalla Lombardia può ancora ricrescere.

14. L’attività del Gruppo regionale
L’elezione di due consiglieri socialisti alle regionali del 1995 ha consentito negli anni più difficili di dare al partito, attraverso il gruppo regionale socialista, un punto di riferimento e di organizzazione.
Sul piano politico al gruppo regionale dei socialisti è riconosciuta in Lombardia capacità di governo e di proposta; i consiglieri socialisti con assoluta autonomia hanno svolto in questi anni un ruolo significativo sia all’interno del Consiglio Regionale che tra i gruppi di opposizione.
Molte iniziative hanno visto il gruppo socialista protagonista.
Riforme istituzionali, sanità, scuola, ruolo della Regione e politiche infrastrutturali hanno caratterizzato i socialisti sul terreno propositivo e in opposizione alla giunta Formigoni.


15. Le elezioni del 13 giugno
Il 13 Giugno siamo chiamati ad un importane test elettorale.
Votano in Lombardia più di 1150 comuni, 7 province e come nel resto del Paese si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo.
L’obiettivo dei socialisti è la presentazione delle nostre liste in tutti i comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, in tutte le Province e la candidatura di nostri compagni in liste civiche nei comuni più piccoli nei quali si vota con il sistema maggioritario.
L’obiettivo principale è l’elezione di nuovi amministratori socialisti nei comuni e nelle province.
I socialisti si adoperano con tutta la buona volontà a dar vita (salvo eccezioni dettate da rapporti di sfiducia sul piano prettamente locale) a coalizioni di centrosinistra; questa è la nostra collocazione naturale e al successo di queste coalizioni siamo impegnati a contribuire.
Naturalmente la nuova fase politica, il superamento dell’Ulivo, l’allargamento delle coalizioni di centrosinistra obbligano tutte le forze a ricercare alleanze solide e condizioni paritarie di partecipazione; nel centrosinistra è necessario superare il rapporto privilegiato PPI-DS che ha caratterizzato questa colazione fino ad oggi.
I socialisti intendono contribuire in condizioni di parità, insieme alle altre forze, a definire i programmi ed il quadro complessivo delle candidature.

16. Il significato particolare delle elezioni provinciali.
I socialisti nell’ambito della riforma più generale dello Stato hanno proposto una trasformazione radicale delle Province.
I socialisti si candidano con liste autonome in occasione delle elezioni provinciali e chiederanno il voto per sostenere, una volta eletti, la trasformazione delle amministrazioni provinciali.
I contenuti di questa trasformazione si basano sul fatto che le Province debbano rappresentare già dalla prossima tornata amministrativa la sede dell’autocoordinamento dei Comuni, affinchè i Comuni stessi possano affrontare a livello sovracomunale i problemi non più governabili a livello locale.
Si tratta nella sostanza di attribuire nei fatti alle Province un ruolo di carattere consortile per la gestione coordinata di competenze comunali oltre a quelle delegate dalla Regione in quanto decentrabili ai Comuni.
Questa impostazione esclude l’ipotesi che le Province si trasformino in enti intermedi tra le Regioni e i Comuni stessi, in quanto ciò rappresenterebbe comunque un livello di governo di livello superiore a quello comunale, ed esclude anche per qaunto riguarda la realtà milanese l’ipotesi di trasformare la provincia di Milano in ente metropolitano, città o area che dir si voglia, perchè anche questa ipotesi può rappresentare un pericolo per l’esautoramento delle competenze comunali.
I socialisti sostengono i Comuni, come livello di governo principale.
Finalmente con la nomina del Ministro socialista Piazza anche queste questioni stanno venendo a galla a livello nazionale e consentono in sede di Governo di riproporre una corretta interpretazione del decentramento amministrativo, contro la demagogica attribuzione di poteri senza risorse che ha caratterizzato il Governo in questi ultimi anni.
In questo senso, secondo i socialisti, dovranno competere alle Province fin dal 13 giugno prossimo, funzioni espressione del coordinamento comunale con particolare riferimento ai servizi alla persona e all’ambiente, come peraltro è stato nella tradizione delle Province italiane, quando fin dagli anni ‘50 si costituivano presso loro e con il loro sostegno i consorzi intercomunali per l’istruzione, per la depurazione delle acque, per lo smaltimento dei rifiuti e si gestiva in modo efficace i settori delicati dell’assistenza e della psichiatria.
Questa impostazione esclude invece nel modo più assoluto competenze in materia territoriale e pianificazione al dettaglio. In modo particolare i socialisti sono contro la predisposizione di piani territoriali provinciali che non sono fatti per individuare scelte di livello sovracomunale nell’interesse dei Comuni, ma si configurano come veri e propri piani regolatori provinciali che espropriano i Comuni della loro funzione principale di destinazione d’uso dei suoli e della proprietà fondiaria.

17. Le elezioni europee
Dalla Lombardia può venire un contributo significativo al perfezionamento delle proposte politiche e programmatiche per l’Europa.
Il manifesto firmato a Milano da tutti i leader del socialismo europeo ci impegna in una battaglia elettorale chiara nella quale è facile riconoscersi. Dal partito dei Socialisti Democratici Italiani potranno venire tutte le integrazioni necessarie.
La legge elettorale per le Europee di tipo proporzionale conferisce un significato politico ed una verifica importantissima per ogni formazione politica.
Ciò vale anche per noi, perchè ci consentirà per la prima volta di misurare il nostro reale consenso tra gli elettori.
N e discende la necessità di un impegno eccezionale del partito, per conseguire il migliore risultato possibile, eleggere almeno tre deputati e tra questi un candidato della nostra circoscrizione, assente dal Parlamento europeo dal 1994.

18. Il nuovo partito
La sfida nella costruzione del nuovo partito dei socialisti italiani non è tanto la formazione di qualcosa che sia diverso dal vecchio PSI, ma riuscire a dar vita a un soggetto in grado di dare una risposta alla crisi che ha colpito tutti i partiti italiani.
I sintomi di questa crisi erano emersi già prima del 1994, ma adesso è esploso un nuovo virus che non risparmia nessuna forza politica e i cui effetti rischiano di porre in pericolo l’intero sistema democratico del Paese.
Se la disaffezione degli Italiani dal voto può essere in una certa misura considerata fisiologica ed espressione di una democrazia matura, oltre certi limiti l’astensione si trasforma in rifiuto della rappresentanza politica. Questo avviene mentre in una fase di forte crescita dell’impegno civile e di partecipazione, nelle varie forme di volontariato cattolico e laico, e di mobilitazione su tematiche di interesse generale prima non immaginabile.
Da qui il recente tentativo di Forza Italia di proporsi, almeno negli spot televisivi come il partito vicino a quelli “che sono stufi”, il tentativo di Alleanza Nazionale, di presentarsi come il partito vicino alla gente ed in fine la nascita di nuove formazioni che si propongono come i partiti “della gente” tutti di centro, senza colore e senza connotazioni politiche chiare.
Noi non contestiamo il diritto di costituire nuovi partiti ma diffidiamo di coloro che ci spiegano che le differenze tra destra e sinistra non esistono più e contemporaneamente ci spiegano che i partiti politici sono solo un vecchio retaggio del passato.
Nessuno è però riuscito a spiegare cosa dovrebbe esserci al posto dei partiti, quale contenitore sarebbe in grado di garantire meglio la maggiore rappresentanza degli interessi, di tutti e non solo delle diverse corporazioni o dei poteri forti.
Per rispondere alla crisi dei partiti la nostra debolezza numerica può trasformarsi oggi in un punto di forza. Essere un soggetto politico in via di ricostruzione, con una storia, una tradizione e valori importanti e comunque riconosciuti dalla maggioranza degli italiani, deve servirci per dare vita ad un partito, sperimentando vie nuove sia nella struttura organizzativa, sia nelle modalità di comunicazione.
Un partito aperto, fortemente dialettico, un partito che sia in grado di intercettare le nuove esigenze e possa recepire i reali bisogni dei cittadini, ma senza limitarsi alla rincorsa del consenso.
Un partito fortemente regionalizzato nel quale pur nelle differenze di opinioni prevalga soprattutto tra i dirigenti il senso del partito, il principio della solidarietà e il principio della responsabilità.
Un partito fortemente articolato con strutture organizzative differenziate e differenti in rapporto alle diverse realtà. In particolare nelle grandi città dove più difficle è la nostra capacità di ricostruire un rapporto con l’opinione pubblica non mediata dai mass media, occorre organizzarsi in modo molto agile, riutilizzando circoli ed energie non circoscritte alle sole realtà sezionali.
Un partito di proposta, un passo avanti agli altri, così come lo siamo stati spesso nel passato (anche se per questo accusati) sul riformismo, sulla questione della grande riforma e sulle innovazioni di politiche economiche e sociali.
Dobbiamo tornare ad essere il partito di congiunzione tra la sinistra storica e l’innovazione. Il partito di congiunzione tra mondo del lavoro e cultura: il successo della nostra iniziativa non è altro che nelle nostre mani, cioè nelle mani di ogni militante.

19. I Media
Lo SDI non può continuare ad essere un partito invisibile sulla stampa e le televisioni a fronte di forze politiche che sono costantemente seguite dai media pur avendo una consistenza politica e elettorale sicuramente inferiore alla nostra.
Non possiamo però limitarci a recriminare la mancanza di attenzione da parte dei giornalisti nei nostri confronti. Bisogna fare in modo, partendo proprio dalla Lombardia, che la stampa possa parlare anche di noi. Sperimentando nuove forme di comunicazione politica e prestando maggiore attenzione ai tempi e alle esigenze dei media.
Non basta portare avanti, e magari vincere, delle importanti battaglie politiche, bisogna che i cittadini lo sappiano. Se non si può pensare di fare politica, solo per i media, così non si può più ipotizzare di sviluppare un’azione politica senza considerare la sua risonanza sui media, sia quelli tradizionali sia quelli più innovativi come internet.

20. La presenza femminile nel partito
Sollevare la questione della presenza femminile nel partito e nella politica suscita contraddittorie reazioni spesso anche di fastidio.
Ciò non dovrebbe avvenire tra i socialisti che nelle loro battaglie parlamentari non hanno esitato, tanto per fare qualche esempio, a far cadere dei governi per la scuola materna pubblica e gli asili nido; o a sfidare il conformismo (compreso quello degli alleati del tempo) per affermare la valenza di diritti quali quelli ad una nuova normativa per la famiglia, per l’interruzione volontaria di gravidanza e per la tutela delle lavoratrici madri.
I socialisti sono stati sempre coerenti con il principio dell’ampliamento degli spazi di libertà della persona nel contesto normativo garantito dallo Stato laico.
Grazie anche alle nostre intuizioni oggi abbiamo in Italia un quadro legislativo riguardante le pari opportunità estremamente avanzato. Ma dobbiamo prendere atto che esso è anche largamente inapplicato. La ragione sta anche nel fatto che dove si gestisce il potere, dove si fanno le scelte di priorità, le donne non ci sono e non possono difendere i loro interessi.
I socialisti, che oggi vogliono un partito coerente con i suoi principi che traduce i valori in atti concreti e veramente aperto al nuovo ed al futuro devono partire da due riflessioni.
La prima, riguardante i valori, è che la parità legislativa si è tradotta per le donne in un surplus di doveri. Quale parità è possibile se a fronte di uguale o maggiore pagamento di tasse, di un numero maggiore di ore lavorative (comprese quelle delle famiglia), di prestazioni di servizi gratuiti (una donna è oggi contemporaneamente lavoratrice, casalinga, asilo nido per i nipoti, casa di riposo spesso per i genitori, assistenza) non corrisponde un uguale diritto di rappresentanza e di decisione, ma anzi una diminuzione delle garanzie previste nei decenni passati? Non era questo l’obiettivo dei centrosinistra. Nè questo i socialisti non possono più tollerarlo.
La seconda riflessione, di tipo squisitamente politico e anche utilitaristico, proviene dalla considerazione che la quantità di elettrici supera ampiamente il 52%. Che le giovani donne più scolarizzate e socializzate hanno maggiormente la consapevolezza che le donne tutte insieme dispongono di un grande potere politico.
Se oggi questo potere non è ancora esercitato con consapevolezza piena, o spesso è ininfluente perchè si rifugia nell’astensionismo, non si può nè si deve sperare che questo duri a lungo.
Ma la scarsa rappresentanza di larga parte della società va comunque considerata come un segno di grave deficit di democrazia e non un comodo escamotage per ritagliare posti di potere in più per gli uomini. Anche perchè prima o poi si rivolgerebbe contro tutta la società. E’ ciò che sta avvenendo col maggioritario, il referendum. E anche questo i socialisti non possono accettarlo.
Per queste ragioni dobbiamo pensare a dare visibilità alle donne sia all’interno del partito sia nelle liste e nelle istituzioni.
Le donne si riconosceranno in chi le riconosce. E non possiamo prenderci il lusso di trascurare la maggioranza degli elettori. Questo sarà un investimento e un simbolo del nostro concreto modo di essere.
Il salto di qualità dello SDI non è più solo quello di continuare una politica per le donne ma di dare avvio alla politica delle donne, fatta dalle donne.

21. I giovani
L’impegno più affascinante ed entusiasmante del nostro lavoro sarà quello di dedicarsi ai giovani per costruire un partito giovane.
Ai giovani dobbiamo dare fiducia perchè essi rappresentano la risorsa più importante e con generosità i compagni più anziani dovranno aiutaril a diventare quadri e dirigenti del nuovo socialismo.
L’attenzione verso i giovani deve essere pertanto una delle nostre priorità. I giovani oggi sembrano avere un’attenzione maggiore per le formazioni di centro destra, mentre la sinistra e soprattutto la sinistra moderata sembra aver perso per loro ogni appeal. Lo SDI deve riuscire a dare risposte ai giovani e riuscire ad attrarre giovani nelle proprie file. Un partito senza giovani finisce con il chiudersi su se stesso e perdere un elemento fondamentale di vitalità e, spesso, di autocritica.
Oggi possiamo da subito prestare attenzione e dare spazio ai nostri giovani dell’FGS che sono un’importante testimonianza di come si possa essere anche oggi giovani e socialisti.
Ma dobbiamo cercare di recuperare al nostro lavoro anche una parte di quei giovani che si erano formati nel PSI e che non hanno avuto il tempo di divenire grandi nel partito. Molto di loro sono stati attratti, e cercati, da altre formazioni politiche, altri rappresentavano quel rampantismo che noi rifuggiamo, ma tanti altri costituiscono per noi un patrimonio unico, una risorsa potenziale superiore a quella di tanti altri partiti.
A fronte di quelli che hanno conosciuto il PSI e sanno cosa è stato ce ne sono altri, i più giovani, che sono del tutto estranei alla politica e anche alla politica dei socialisti.
I diciottenni che il 13 giugno andranno a votare per la prima volta, nel 1993 avevano solo 12 anni. A loro, come ai ventenni dobbiamo rivolgerci per quello che siamo, riportando la verità rispetto alle cose che sanno di noi attraverso le false ricostruzioni della stampa.
Noi con orgoglio ci vantiamo di non essere il partito dei corrotti e dei corruttori, non siamo, e non siamo stati una banda criminale, abbaimo lavorato per il Paese e molte delle conquiste di cui i giovani dispongono oggi, a partire dalla più importante, la libertà, è il frutto dell’impegno e delle lotte dei giovani socialisti di un tempo.
Ai giovani di oggi dobbiamo far conoscere la storia vera, la storia del riformismo e del socialismo concreto di cui solo noi siamo eredi.

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