20 marzo 2004 – Congresso Provinciale SDI - federazione di Bergamo - Relazione introduttiva del Segretario Provinciale Alessandro Redondi
20 aprile 2004
“il socialismo europeo si avvia decisamente verso una concezione e una pratica laburista liberale e verso responsabilità di governo. E’ desiderabile che questo movimento sia consapevole, cioè preveduto e voluto, e si accompagni ad un serio sforzo di rinnovamento. Solo la visione liberale può ridargli l’energia necessaria per risalire la china, per ridonare al socialismo quella freschezza e quella forza espansiva che da troppi anni gli mancano.”
Care compagni, cari compagni, gentili ospiti, sembrano parole scritte in questi mesi, nel pieno del dibattito politico che accompagna questo Congresso. Discutiamo l’evoluzione del partito del socialismo europeo, la sua trasformazione e la sua apertura verso le altre famiglie del riformismo. Quella cattolica e quella liberale.
Sono invece state scritte 75 anni fa, da Carlo Rosselli, militante e intellettuale socialista, fondatore di Giustizia e Libertà.
Rosselli, protagonista, nel 1926 insieme a Sandro Pertini, della fuga di Filippo Turati in Francia, viene mandato dal regime fascista al confino, a Lipari. Lì scrive “Socialismo Liberale”, la sua opera più conosciuta, che rappresenta una visione nuova e innovativa di socialismo, purtroppo poco applicata nei decenni successivi.
Dopo l’evasione dal confino raggiunge la Francia, poi, scoppiata la guerra civile spagnola, interviene a combattere per la Repubblica, alla testa di volontari italiani. Il regime fascista lo farà eliminare, insieme al fratello Nello, nel 1937.
Il suo pensiero dimostra la continua evoluzione del movimento socialista italiano, dalla fondazione del nostro partito nel 1892, ad oggi.
Di questa evoluzione, di questo rinnovamento, noi, socialisti democratici italiani, ci sentiamo protagonisti.
In questi anni abbiamo raccolto una difficilissima eredità. Il partito socialista è entrato, nell’ultimo decennio del secolo scorso, in una crisi che ne ha messo in discussione persino l’esistenza. Abbiamo mantenuto la bussola a sinistra, dove ci siano sempre collocati, e difeso l’autonomia, l’identità e la dignità dei socialisti. Abbiamo portato qui il testimone che ci è arrivato attraverso l’avvicendarsi delle generazioni da quel lontano 1892 ad oggi. Abbiamo il coraggio, la coerenza e la determinazione per proseguire il nostro cammino, per affrontare nuove sfide.
Oggi, per noi socialisti italiani, la sfida consiste nel trasformare il cambiamento in progresso. Questa sfida può essere vinta, se affrontata tenendo saldi i valori che ci accomunano, ma guardando sempre in avanti, senza paura della modernità.
La sfida del riformismo
Noi accettiamo questa sfida senza dimenticare le nostre origini, senza strappare le nostre radici. La nostra storia, sin dall’inizio, ci ha dato una lezione.
Il partito socialista è nato con una rottura e una scelta netta. Ha scelto il riformismo, si è separato dagli anarchici, dai rivoluzionari, dagli estremisti e dai massimalisti del tempo. E le vittorie della sinistra e della povera gente, per l’intero secolo scorso, sono nate dal riformismo.
Il riformismo non è una sinistra meno di sinistra, o la destra della sinistra, come ci ha ricordato Giuliano Amato. Il riformismo è la sinistra che fa i fatti, i fatti possibili. E vince. Il coraggio del riformismo è quello di dire ai militanti ed agli elettori non quello che vogliono sentirsi dire, ma quello che si deve dire. È il coraggio della verità.
Ed è con coraggio e convinzione che da anni ci battiamo perché il centrosinistra dimostri di avere una rotta chiara. Un obbiettivo preciso. Deve rappresentare non il cartello dei no, ma il cartello dei si. Non dei "no" a Berlusconi, ma dei "si" a una politica credibile. A una credibile alternativa di Governo.
Il riformismo riguarda i valori tradizionali in un mondo che è cambiato. E attinge la propria forza dall' unione di due grandi correnti del pensiero di centrosinistra - il socialismo democratico e il liberalismo - il cui divorzio nel secolo scorso tanta parte ha avuto nell'indebolimento della politica progressista in tutto l'Occidente. I liberali affermano il primato della libertà individuale nell'economia di mercato; i socialdemocratici promuovono la giustizia sociale, con lo stato nel ruolo di agente principale. Tra i due non vi è necessariamente conflitto.
Non c’è conflitto nell’affrontare tematiche economiche. Da tempo abbiamo criticato e limitato l’intervento dello Stato nell’economia. Riconosciuta come fondamentale l’iniziativa individuale nel “fare impresa”, resta l’importanza dell’idea socialista di giustizia sociale. Non possono non tornare in mente le parole di Riccardo Lombardi “è socialista quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita”.
C’è una fondamentale lezione del passato che dobbiamo ricordare. Nonostante la vastità degli orizzonti in cui è chiamato a muoversi, guai se il riformismo si ritira entro le sole sedi istituzionali, o dentro le sole stanze delle segreterie dei partiti, e rinuncia a solidificare, ad estendere, a verificare le sue radici nella coscienza collettiva. Si parla da anni di crisi del partito di massa. E' una innegabile verità, che non cancella tuttavia il bisogno di radicamento della politica riformista, il bisogno per essa non soltanto di saper raccogliere domande, ma anche di formare e conformare coscienze, di aggregare, attorno a idealità e obiettivi comuni, identità particolari che soprattutto i processi di emarginazione tendono invece a rendere disperatamente esclusive e integraliste. E' anzi questa la sfida maggiore in una fase storica nella quale, specie in Italia, sono lontani dai partiti non solo coloro che si chiudono nelle proprie identità particolari, ma anche i tanti che si dedicano all'impegno civile e sociale.
In una fase nella quale i partiti tendono a riorganizzarsi, nel quadro di una evoluzione della politica globale, sempre più bipolare e divisa fra partiti conservatori e partiti riformisti, noi sappiamo che non esiste riformismo senza popolo.
Intensificare i contatti con la società, aprire le sezioni di partito ai cittadini, è compito nostro, anche in un momento di radicalizzazione dello scontro politico.
L’intervento in Iraq
Dura da tempo in Italia questa radicalizzazione, ed ancora di più in questi giorni, dopo la tragedia di Madrid ed i risultati elettorali, con la vittoria dei compagni socialisti spagnoli.
Subito gli esponenti della Casa delle Libertà hanno dichiarato che la vittoria socialista rappresenta un punto a favore di Bin Laden.
Non è così, anche se è chiaro il tentativo di influenzare il voto da parte del terrorismo globale che da tre anni investe l’occidente. Il ritiro delle truppe dall’Iraq, entro il 30 giugno se non interverrà l’ONU, era una proposta presentata ben prima dell’11 marzo.
E’ poi possibile sostenere che annunciare, all’indomani dell’attentato, il ritiro delle truppe sia un atto di debolezza. Io sono d’accordo, personalmente non mi convince neppure il termine del 30 giugno, credo però che al più presto e gradualmente vada cercata la copertura della legalità internazionale tramite l’intervento dell’Onu.
Ma non possiamo assolutamente abbandonare il popolo irakeno. In questo senso mi sento vicino al pensiero di Romano Prodi e del candidato democratico Kerry. Prodi ha spiegato che chiedere di ritirare i carabinieri da Nassirya è una scelta politica sbagliata per l'Italia e sarebbe una scelta tragica per il popolo iracheno.
Noi socialisti abbiamo sempre ritenuto un errore l’intervento militare in Iraq. E’ stato un atto unilaterale e affrettato. Ma lasciare ora l’Iraq significa lasciare l’intera popolazione in balia dei signori della guerra locali, senza nessuna possibilità di sviluppo democratico.
Per questo motivo non abbiamo aderito alla manifestazione odierna di Roma.
Non condividiamo l'obiettivo del corteo - il ritiro immediato dei militari italiani dall'Iraq – e non apprezziamo il fatto che dalla manifestazione non parta un chiaro no al terrorismo, anche quello irakeno. Sconfiggere l'unilateralismo dell'amministrazione Bush significa oggi lavorare alla normalizzazione del dopoguerra.
Anche per l’Iraq servirebbe un’Italia con più voce in capitolo. Purtroppo la sua voce il Presidente del Consiglio la spreca per gridare contro le opposizioni.
Il fallimento dell’azione governativa
Abbiamo ogni giorno la sorpresa di sentire il capo del governo parlare non il linguaggio dell'uomo di governo, non il linguaggio di un capo partito, ma fare appello all'odio verso la sinistra, per dividere irreparabilmente fra di loro gli italiani.
Ha invece smesso di parlare del puntuale rispetto del “patto con gli italiani” firmato in TV nel 2001 e che diceva di tenere appeso pure in bagno. Non ne parla più perché semplicemente si è fermato a nemmeno metà dell’opera.
Nessun calo dell’imposizione fiscale, nessuna drastica riduzione della disoccupazione, le opere pubbliche sono rimaste ferme, le pensioni minime a un milione di vecchie lire sono rimaste un sogno nel cassetto di tanti anziani. Quei punti, scritti nero su bianco su carta bollata, sono rimasti lettera morta.
Sono convinto che toccherà all’Ulivo di Romano Prodi dare una condizione di vita più dignitosa agli anziani, non appena gli italiani ci daranno la fiducia.
Oggi siamo di fronte ad un Governo che pare aver esaurito la sua spinta propulsiva ancor prima di provare ad esprimerla. Tante le riforme abbozzate e rimaste nel cassetto. Poche quelle approvate e spesso insufficienti a regolare le materie che andavano ad affrontare. L’altissimo tasso di litigiosità interna poi, provoca incertezza e timori fra gli operatori economici ed i lavoratori.
L’economia italiana cresce sempre meno, al pari di quella bergamasca. Ogni giorno notizie di chiusure o cali del personale, ultima quella di ieri relativa a 130 esuberi previsti da Tenaris-Dalmine.
Sarebbe necessario, per affrontare la competizione globale, un concreto piano di sviluppo per la ricerca e l’innovazione. Questo Governo invece pensa a litigare con il Governatore Fazio.
Da tre anni parlano di Riforma delle pensioni. Si passa da un rinvio all’altro, ogni volta accompagnato da nuovi progetti che altro effetto non hanno se non incrementare la corsa alla pensione di anzianità.
Qualcosa è stato fatto per il mercato del lavoro, ma solo parzialmente. La legge Biagi, dedicata al professore riformista ucciso due anni fa dalle BR, sta trovando graduale applicazione.
Noi non abbiamo mai alzato le barriere contro questa riforma. E’ innegabile la necessità di flessibilità da parte delle aziende ma anche da parte di diverse figure di lavoratori.
Ma se ad una nuova lunga serie di figure professionali precarie non corrisponde una garanzia, nuove forme di ammortizzatori sociali, allora quello che si crea è di nuovo timore per il futuro e insicurezza. Con quale spirito andrà a chiedere un mutuo in banca un lavoratore a progetto, ben sapendo che terminato il progetto non avrà più il posto e la retribuzione?
Da qui bisogna cominciare, dalla necessità di considerare insieme flessibilità del mercato del lavoro e ammortizzatori sociali, salari minimi, indennità di disoccupazione, formazione continua. Con questa consapevolezza, il lavoro che cambia e la necessità di tutele che il Governo non progetta, una situazione economica e industriale sull’orlo della crisi, salutiamo la rinnovata unità sindacale che si concretizza con il prossimo sciopero generale del 26 marzo.
E cosa dire del Fisco? Il cavallo di battaglia delle elezioni 2001. Ricordate lo slogan “meno tasse per tutti”. Tanti ci avevano creduto, qualcuno lo aveva spiritosamente sostituito con “meno tasse per Totti”. E ci ha azzeccato visto che l’unico intervento consistente di riduzione delle imposte, attraverso il decreto “spalma debiti”, è stato fatto ad uso esclusivo delle squadre di calcio, appunto Totti e i suoi colleghi, che non mi pare vivano nel bisogno.
Con quale spirito i contribuenti onesti affronteranno le prossime scadenze delle dichiarazioni dei redditi? Nonostante le promesse le aliquote Irpef restano ferme. Anzi, si pagano più imposte.
Un autorevole quotidiano finanziario, pochi giorni fa, ha pubblicato un’inchiesta di due pagine sulla nuova tassazione introdotta da Tremonti: ebbene, i pochi euro risparmiati da minor tasse verso lo Stato, sono prontamente riscossi dagli enti locali che hanno introdotto le addizionali Irpef massime, l’Ici più elevata. Tutto questo ha generato un aggravio di imposta per le classi medie del Paese. Se consideriamo l’inflazione ed il mancato recupero del fiscal drag, il fallimento della politica fiscale di questo Governo è completo.
Conosciamo invece lo stato d’animo dei contribuenti disonesti ed evasori: sono tranquilli. Da tre anni Tremonti ha aperto il supermarket dei condoni. Vai al bancone e scegli quello che fa al caso tuo. E se qualche condono non prende piede si fa la promozione 3x2, o la proroga. La sanatoria sul rientro dei capitali dall’estero, quella sul lavoro sommerso, sulle imposte non versate, il condono tombale, il condono edilizio, il concordato preventivo; è solo una breve lista alla quale presto si aggiungerà il condono per le imposte 2003.
Per fortuna l’Ulivo ha ben ancorato l’Italia all’Europa, bisogna ricordarsi ogni tanto dei propri grandi meriti. La moneta unica, nonostante le demagogie, ci mette al riparo da possibili tempeste sui tassi e quindi sugli oneri da pagare sul debito pubblico.
Ma l’importante per il Governo è alzare il livello della polemica.
Come sulla giustizia. Tre anni di leggi ad personam, e niente di niente per i processi che vanno sempre più a rilento, per le cause civili che impiegano anche 15 anni per arrivare a sentenza definitiva. Nulla neppure sulla separazione delle carriere per i magistrati, elemento fondamentale per un giusto processo.
Come già abbiamo ripetuto altre volte, quella che Berlusconi ha aperto è una “sartoria garantista” che gli cuce un vestito su misura per lui, per i suoi amici Previti e Dell’Utri, e e lascia praticamente nudi i comuni cittadini.
A volte, ascoltiamo degli annunci sensati da parte della maggioranza. Un tentativo di creare un clima bi-partizan e di collaborazione. Ma tutto resta alla fase dell’annuncio. Come nel caso del voto agli immigrati extracomunitari proposto da Vice-presidente Fini. A settembre sembrava una questione di mesi, invece da mesi non ne sentiamo più parlare. Una proposta insabbiata fra mille altre in Parlamento.
Per noi il voto agli immigrati è una priorità, ci batteremo per ottenerlo, come ci batteremo sempre per l’integrazione e per la regolamentazione degli ingressi.
Nel frattempo, come federazione di Bergamo e nel limite delle nostre possibilità, stiamo aiutando i compagni della Costa D’Avorio che risiedono nella nostra provincia e che, da qualche mese, hanno costituito una sezione locale del Fronte Popolare Ivoriano, membro dell’IS. Siamo vicini al loro popolo che soffre da quasi un anno e mezzo per una guerra civile dimenticata.
Si potrebbe continuare con una lunga lista di problemi trovati e non risolti e di problemi causati da questo Governo che, dopo tre anni, affronta una prima prova generale con le prossime elezioni.
Il calo di fiducia nei suoi confronti è evidente. Tocca all’opposizione fare in modo che questo calo si traduca in nuovi voti per il centrosinistra.
Bisogna evitare che tutto l’Ulivo resti ossessionato dalla rincorsa a sinistra, al traino magari di girotondini e giustizialisti, per spartirsi meglio i voti di appartenenza, lasciando libero il campo al centro dove ci sono i voti determinanti in un sistema maggioritario per vincere il finale di partita con Berlusconi.
Uniti nell’Ulivo
Noi ci stiamo attrezzando per affrontare al meglio le prossime elezioni europee, insieme agli altri partiti della lista “Uniti per l’Ulivo”: i DS, la Margherita, i Repubblicani Europei. Per noi questa lista è il coronamento di una strategia politica lungamente dibattuta al nostro interno, di quel filone di pensiero che, come dicevo all’inizio, viene da lontano.
Lo SDI ha cominciato a discuterne nel 2002 a Genova. Lì, da soli, abbiamo lanciato il progetto della “casa dei riformisti”. L’unione delle famiglie riformiste, quella socialista, quella cattolica e quella liberale e repubblicana. Sembrava una trovata estemporanea di un piccolo partito, ma era invece un preciso obiettivo che abbiamo perseguito coerentemente. Ora siamo alla vigilia del voto europeo, quello che pareva un’ipotesi difficile da realizzarsi si sta concretizzando. Gli elettori poi decideranno se il progetto ha gambe per andare avanti, se si potrà progettare una federazione o addirittura un partito dei riformisti e riformatori.
Intanto, rileviamo con soddisfazione la costruzione di una lista riformista coerente, ed il non voto in Parlamento sull’intervento in Iraq, segni che la linea dello SDI ha trovato consenso negli altri partiti. Tutto questo senza dimenticare di mantenere saldi rapporti con gli altri alleati del centrosinistra. Siamo consapevoli della necessità, in un sistema maggioritario, di approntare le alleanze più vaste possibili per battere il centrodestra.
Conosciamo le obiezioni che si fanno sulla lista unitaria, anche all’interno del nostro partito: è sbagliato fare dipendere le sorti del partito riformista dal risultato elettorale della lista.
Badate, l’unione dei riformisti è un processo ineludibile, lo ha capito l’IS che sempre più si apre ai partiti non di tradizione socialista (per esempio quello del presidente brasiliano Lula), lo ha capito il PSE. Dal risultato elettorale dipenderanno i tempi. D’altronde anche i laburisti inglesi, dopo il 1979, erano consci dell’obbligo di rivisitare i loro programmi, ma non mettevano in pratica la lezione, con una proposta programmatica e di leadership. Insuccesso dopo insuccesso ci sono voluti 18 anni per scegliere prima Smith e poi Tony Blair, svecchiare il Labour e tornare a vincere.
Noi lavoriamo per il successo della lista “Uniti per l’Ulivo”, e lo faremo in modo unitario.
Se suscitiamo attenzione alla nostra proposta, potremmo aprire le liste a quanti, pur non essendo socialisti, condividano comunque questo nostro progetto
Non nascondo che mi lasciano invece abbastanza indifferente le critiche degli esponenti del nuovo PSI. Questi non hanno il monopolio della nostra storia, da loro non accettiamo lezioni, anche solo per la loro innaturale alleanza con il centrodestra.
Noi tutti teniamo alla nostra identità e autonomia, ma non è la difesa dell’identità lo scopo della nostra politica.
Dopo il 1946 e la scelta repubblicana, per 20 anni c’è stato un partito che si chiamava monarchico. Ma il suo continuare a presentarsi alle elezioni non ha ridato dignità e valore alla monarchia. Perché non aveva un progetto politico, ma voleva solo difendere un nome. Questa ci sembra essere la parabola del nuovo PSI.
Scopo del nostro fare politica è costruire per gli italiani una migliore condizione di vita e questo si può fare meglio costruendo un grande progetto riformista.
Come già detto la lista “Uniti per l’Ulivo è un punto di partenza non di arrivo. Può dare alla sinistra italiana i due elementi che le mancano e che sono presenti ovunque nel mondo: un leader riconosciuto, Romano Prodi, una aggregazione guida che raggiunga la massa critica di almeno il 35%, quello che Piero Fassino chiama il timone riformista.
Può cancellare la debolezza storica della sinistra italiana: la mancanza di una forza guida, dal 1948 in poi, che non fosse o comunista o post comunista. Andiamo a fare una aggregazione che mette insieme tradizioni socialiste, cattoliche e liberali.
E’, infine, è perfettamente coerente con la nostra storia. E’ esattamente quanto il nuovo corso socialista tentò di fare sin dalla seconda metà degli anni ‘70, avviando la politica lib-lab del socialismo liberale, o del liberal socialismo. Andiamo a fare ciò che impone la “politica globale”, quella che nel mondo vede due soli schieramenti: da una parte i liberisti come Bush (o Berlusconi), dall’altra quanti vogliono porre limiti agli eccessi del mercato (socialisti sì, ma anche cattolici e liberali).
Noi non temiamo accuse di tradimento. Abbiamo difeso i nostri padri, da Turati a Nenni, fino a Bettino Craxi.
Ma è inutile ricordare Bettino Craxi se si dimentica la sua maggiore qualità: la capacità di innovare. Craxi è stato un innovatore nella vita politica italiana e nel socialismo. Come non ricordare che fu proprio lui alla fine degli anni ’80 a proporre che l’IS si trasformasse nell’Internazionale Democratica, per includere le tante formazioni riformiste, prima fra tutte il partito democratico americano. Noi vogliamo continuare questo processo di innovazione.
Tutto questo può collocarsi, in modo naturale, nella casa comune dell’Internazionale Socialista, in un’IS che si apre sempre di più fino a cambiare nome? Io credo di sì. Ce lo spiegherà sicuramente meglio Pia Locatelli, che desidero ringraziare per l’impegno, il sostegno che da sempre ci offre, e soprattutto di nuovo salutare come Presidente dell’ISW. La sua nomina è stata motivo di orgoglio per tutti noi socialisti bergamaschi. Dalla Federazione bergamasca faremo partire un appello a Boselli per una tua candidatura alle Europee.
La lista “Uniti nell’Ulivo” quindi cresce nella società e suscita grande entusiasmo soprattutto a livello locale. Non è un mistero la grande voglia di unità che serpeggia nella base dell’Ulivo. Per questo motivo ritengo utile una riflessione e la pongo all’attenzione dei Segretari dei Partiti che ne fanno parte: perché non spostare anche sul territorio la lista, per le elezioni dei Comuni sopra i 15.000 abitanti, presentandola dove esistono le condizioni? I sondaggi tutti i giorni ci dicono che la lista prende più voti che la semplice somma dei Partiti, quindi più consiglieri comunali e circoscrizionali. Credo sarebbe utile metterla in campo non solo per le europee, considerando che si vota negli stessi giorni. Se poi vogliamo verificare la forza dei rispettivi Partiti, è possibile farlo nelle elezioni provinciali
C’è ancora tempo per discuterne. Comunque, sono convinto che Lista Unitaria nelle europee e liste SDI nelle amministrative saranno due parallele che dopo le elezioni convergeranno sempre di più.
La sfida delle amministrative – il Comune
Non si può certo dire che i socialisti non sono impegnati per le prossime elezioni.
Con Roberto Bruni, per la prima volta un socialista è candidato Sindaco a Bergamo. E’ il candidato di tutto il centrosinistra e con lui ci muoviamo affinché la coalizione vada al di là dei suoi confini. Verso l’Aratro, risorsa importante per i suoi programmi e per i suoi uomini.
Verso Rifondazione Comunista, con un dialogo che ogni giorno si infittisce.
Verso le molteplici realtà associative di cui è ricca la nostra comunità
La sua candidatura non nasce oggi, ma ha preso quota già tre anni fa. Durante un mese di campagna elettorale per le politiche, il compagno Bruni ha riconquistato all’Ulivo il 10% dei cittadini bergamaschi rispetto all’anno prima. Nei prossimi tre mesi dovrà lavorare per allargare ulteriormente quel consenso che gli permetterà di vincere.
Ci troviamo di fronte una Casa delle Libertà divisa ed un Sindaco che, nonostante il tentativo di apparire come un Sindaco manager, capace di scelte coraggiose, dimostra invece un carattere che non riesco a definire con parole più semplici dicendo che è intriso di “indecisionismo autoritario” e questo carattere si riflette sulla sua politica.
Veneziani non dialoga con i cittadini, non ha rapporti con le opposizioni ma spesso neppure con la sua maggioranza, il risultato è che su scelte strategiche finisce spesso per non decidere nulla.
Emblematico è il caso della BAS che è stato preso ad esempio dal Sole 24ore di qualche mese fa, ai tempi della proposta di fusione con ACM di Como, poi ritirata. come ex-municipalizzata che rischia di fare la fine del vaso di coccio in mezzo a quelli di acciaio.
Il Sindaco, dopo aver sostenuto che la fusione con ACM era quanto di meglio si potesse realizzare per il futuro della BAS, oggi cambia idea e sceglie ASM di Brescia, di nuovo senza nemmeno consultare la sua maggioranza, con l’inevitabile risultato di un nuovo rinvio. ASM intanto fa i fatti e punta ad ingrandirsi cercando la fusione con Edison. Nel frattempo una delle realtà economiche più importanti del nostro territorio rischia il declino: bel risultato per un Sindaco manager.
Si litiga sul Piano di Città Alta, non si sa più nulla sul recupero di Astino, la variante dell’area degli Ospedali Riuniti viene fortemente osteggiata oltre che dal centro-sinistra anche da An e dalla Lega e il tentativo di modificare le proporzioni fra le varie destinazioni d’uso –università e residenza- non trova il consenso necessario.
Ma anche sulle grandi opere, che avrebbero dovuto essere il fiore all’occhiello dell’Amministrazione comunale, assistiamo ad una gestione a dir poco approssimativa. Il caso del crollo di Borgo Palazzo è emblematico: sono cose che possono anche accadere, ma miserevole è lo scaricabarile fatto nei giorni successivi.
Puntare tutto sulla tangenziale est, con il pretesto della previsione di Prg, dopo che il nuovo Ospedale è stato diversamente allocato -dalla Martinella alla Trucca- e prima di verificare l’incidenza sul traffico della Nembro-Seriate, oltre che obbligarci a pagare l’ammortamento del mutuo per lustri, non sappiamo quali incidenze reali avrà sulla viabilità. Ma al di là del nostro giudizio di merito, anche in questo caso vi è una gestione superficiale, lo dimostra il fatto che il progetto definitivo, sulla base del quale si è effettuata la gara d’appalto, non è conforme al progetto preliminare e al Prg. Ciò determinerà il congelamento dell’opera, salvo che si proceda trasgredendo norme e leggi.
Vantarsi di aver mantenuto la spesa dei servizi sociali costante non è un merito se si considera l’invecchiamento della popolazione ed i sempre maggiori bisogni delle famiglie in termini di assistenza, per asili nido ma non solo.
E poi come non notare lo scarso dialogo anche con le altre istituzioni: da un lato gli screzi con la Provincia, da ultimo il goffo tentativo di riprendere un discorso sulla grande Bergamo solo ora, in dirittura finale della legislatura, decisamente fuori tempo massimo.
La Provincia
Anche in Provincia noi puntiamo al rinnovamento e salutiamo con grande favore la scelta di Beppe Facchetti a candidato Presidente.
Il presidente Bettoni ha dimostrato in questi anni un diverso stile, grande capacità di dialogare con tutti, ma ciò non ha impedito che il bilancio dell’Amministrazione termini con un risultato in rosso.
La ragione principale ritengo derivi dalla mancata acquisizione della consapevolezza delle carenze strutturali che continuano a pesare sulla nostra provincia: la bassa scolarità dei nostri giovani, rispetto al dato sia nazionale sia regionale, la minor partecipazione al mondo del lavoro da parte delle donne -anche qui ultimi in Regione-, un sistema produttivo che, al di là di alcune eccellenze, non ha nell’innovazione il suo punto di forza per produzioni tecnologicamente avanzate, più al riparo dalla concorrenza globale, ed infine l’insufficienza delle infrastrutture, che limita la mobilità di persone e merci, con costi aggiuntivi sia sociali sia economici.
Da questa consapevolezza nasce la proposta del centro-sinistra della candidatura di Beppe Facchetti, persona che per competenza ed esperienza più di altri sarà in grado di dare le risposte che competono alla Provincia su questi problemi.
Noi siamo consapevoli che non vi sarà futuro senza una adeguata attenzione all’ambiente, quindi la nostra priorità non potrà che essere un sistema di trasporto che faccia della rotaia l’elemento portante, seppur non esclusivo, degli investimenti dei prossimi anni (quadruplicamento della Treviglio-Milano, raddoppio della Bergamo-Treviglio, uso metropolitano della tratta Ponte S.Pietro-Albano, tram veloce delle Valli che attraversi la città).
Non dimentico poi l’importanza del voto nei tantissimi Comuni bergamaschi con la presenza di candidati socialisti.
Innanzitutto desidero ringraziare i Sindaci socialisti uscenti e non più ricandidabili per una norma quantomeno discutibile e che nessuno ha voluto realmente cambiare.
Santino Consonni a Terno D’Isola, Franco Viganò a Pedrengo, Gianfranco Radavelli a Morengo sono la miglior espressione dei nostri bravi amministratori, risorsa mai venuta meno. A loro, ad Epifanio Ottini, Sindaco di Palosco, al nostro consigliere provinciale Luigi Minuti, ai tanti amministratori locali e segretari di sezione, chiedo di mettersi a disposizione del Partito per candidarsi nei collegi provinciali nella lista dello SDI.
Sono sicuro che il lavoro svolto in questi anni in provincia darà i suoi frutti. La nostra presenza a Romano di Lombardia, a Dalmine ed a Seriate è scontata. I rapporti con la coalizione, nonostante gli inevitabili problemi locali, sono migliorati. Ho cercato in questi anni di intervenire, dove e come potevo, per dare un contributo a risolvere le incomprensioni che localmente registravamo nel centrosinistra.
Anche a Treviglio l’Ulivo sembra tornato unito. Non possiamo che esserne felici. Prendiamo atto che, finalmente, le ragioni che sosteniamo da tre anni con la nostra presenza in giunta – l’importanza di sostenere il Sindaco di centrosinistra e di garantire la governabilità – sono ora patrimonio di tutto l’Ulivo. Fino a pochi giorni fa, tanti gridavano allo scioglimento del consiglio comunale. Oggi hanno cambiato idea. Ripeto, ne siamo felici.
Il Partito
Care compagne e cari compagni, c’è ancora tanta voglia di far vivere questo partito fra la gente e nelle istituzioni. La Festa Regionale dell’Avanti, che, grazie all’impegno di numerosi compagni, abbiamo organizzato a Chiuduno è un esempio concreto. Le tante sezioni sparse sul territorio, l’impegno nel sindacato, il nostro giornale che esce periodicamente, sono prova di grande vitalità.
Questi ultimi anni, pare una banalità dirlo, sono stati duri, difficili. Ma non sono trascorsi invano, abbiamo lavorato, in parte per rafforzare le nostre radici, in parte per rendere più incisiva la nostra azione nella coalizione.
Questa sera, oltre a votare sul documento unitario ed i delegati, rinnoveremo gli organismi provinciali. Come segretario provinciale vi chiedo il rinnovo del mandato per affrontare le prossime elezioni. Vi chiedo, nel contempo, la disponibilità a lavorare per il partito. Nei limiti delle possibilità di ognuno.
Ci attendono tre mesi impegnativi, decisivi per il nostro futuro ma, soprattutto, per quello della nostra provincia, del nostro Paese. Niente deve essere lasciato al caso, nulla deve rimanere intentato per conquistare consenso. E’ necessario raccogliere risorse finanziarie e sfruttare al meglio le nostre risorse umane.
Rendiamocene conto, con i risultati ottenuti, ultimi solo in termini di tempo la nomina di Pia Locatelli alla Presidenza dell’ISW e la candidatura di Roberto Bruni a Sindaco, abbiamo ridato un sorriso allo SDI bergamasco, ai socialisti bergamaschi.
Un sorriso timido.
Il nostro compito è far sì che il prossimo 27 giugno quel sorriso si possa allargare.
Lavoriamo per vincere.
Grazie