10.06.2000 – ASSEMBLEA REGIONALE DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI – Relazione di Roberto BISCARDINI, Milano, Sala UIL

10 giugno 2000

- Si tratta di delineare il quadro delle nostre iniziative da qui alla prossima primavera tenendo conto delle prossime scadenze elettorali, le politiche del 2001 e le amministrative.
- Si tratta di definire il nostro programma di lavoro in Regione Lombardia a partire dalla grande novità istituzionale e costituzionale che caratterizzerà la vita della prossima legislatura.
- Si tratta infine di mettere a punto una maggiore organizzazione del partito per utilizzare al meglio le risorse, per aprirlo sempre di più a nuovi compagni e a nuovi contributi e a tutti coloro che si stanno affacciando offrendo la loro disponibilità, contrassegnando una fase nuova che non va sottovalutata e che mi sembra di buon auspicio.


1. Situazione politica
Dare atto dell’impegno di tutte le Federazioni che ha consentito di ottenere il 19,7% dei voti alle elezioni regionali, risultato che avrebbe potuto essere migliore se non avessimo avuto la presenza della lista di disturbo del PS.
L’esame del voto, in primo luogo la sconfitta del centrosinistra nel nord Italia ed in Lombardia è un dato di rilevanza politica particolare, nazionale ha prodotto il cambio accelerato della guida del Governo, la novità del Governo Amato, ha riportato i socialisti ad avere un ruolo protagonista nella vita politica del Paese, ha aperto nuovamente la questione dei nostri rapporti a sinistra.

Dopo le regionali il centrosinistra ed in particolare i Ds non sono ancora usciti dalla crisi pesante della sconfitta.
Una sconfitta politica di dimensioni straordinarie che dal nord ha via via coinvolto molte regioni del centro e del sud.
Una sconfitta che si rimonta solo affrontando le cause vere, a partire dalla considerazione che la destra appare meglio della sinistra, anche per buona parte del suo elettorato tradizionale (lavoratori dipendenti, ceti medi, oltre che lavoratori autonomi e piccole imprese), e che la sinistra appare incapace di rispondere ai problemi delle famiglie, senza obiettivi e senza un progetto di lungo respiro.
Le reazioni di fronte a questa sconfitta sono state scomposte e nella sinistra serpeggia in modo sempre più consistente la convinzione che ormai tanto vale perdere e non resterebbe altro da fare che organizzarsi per l’opposizione.
E’ una tesi che tende a interpretare i risultati elettorali in modo schematico e, come ho sentito ieri da un convegno di cosiddetti esperti dell’area diessina, il Polo si sarebbe mangiato tutto l’elettorato dell’ex pentapartito e, il centrosinistra, stante la debolezza dei popolari e degli altri partiti minori, si identifica sostanzialmente con l’elettorato post comunista e basta.
E’ chiaro che una tesi di questa natura non darebbe grande scampo a nessuno.
E’ una posizione che noi non possiamo accettare e non possiamo farlo per molte ragioni.

Perché non siamo dediti a lavorare per lo sfascio e non abbiamo la vocazione a lavorare per una sinistra che dovrebbe perdere.
Non possiamo farlo anche per un’altra ragione, perché se dalla sconfitta elettorale c’è qualcosa da utilizzare sta proprio nel fatto che, non per merito nostro ma per gli errori commessi da D’Alema, il cambio della guardia alla guida del Governo, è arrivato prima di quanto noi ce lo aspettassimo e questo dato non può che essere utilizzato in modo positivo anziché in negativo.

Oggi si è aperta in anticipo, anche per noi, la questione di fondo, quella della ristrutturazione della sinistra, quella di far valere la cultura riformista, socialista e liberale rispetto al post comunismo facendo capire anche a coloro che sono stati la causa principale della sconfitta che è necessario, anche per loro, modificare e rimuovere le condizioni che hanno portato la sinistra a perdere.

Noi oggi dobbiamo e possiamo riaprire un dialogo partendo da una posizione più favorevole rispetto a quella del passato e possiamo modificare i rapporti che finora hanno regolato la conflittualità tra noi e i diessini, e possiamo lavorare utilizzando le loro contraddizioni e la loro crisi.

1. Si tratta da un lato di aprire anche dentro i Ds un confronto vero sulla questione socialista e sul fatto che l’idea principale che ha retto la loro politica, quella di pensare ad un successo della loro sinistra attraverso la distruzione dei socialisti, è stata la causa principale della sconfitta di tutti e del macigno più importante da rimuovere se si vuole ritornare a pensare un po’ più in grande con un progetto ed una speranza.
2. Dall’altro, attraverso una politica di alleanze tra le aree non diessine si può costruire un percorso nel quale la cultura socialista possa contare di più, e i socialisti insieme agli altri riformisti possano essere nuovamente punto di riferimento. Un passo avanti anziché indietro, nel processo di riorganizzazione della sinistra, rivalutando la cultura liberale e democratica che è la vera questione irrisolta.
Come dice Ostellino, “il nervo scoperto della politica italiana è la ridefinizione della laicità della società civile e dello stato in un’Italia in cui oggi come non mai la cultura cattolica e la gerarchia ecclesiastica godono di grande deferenza pubblica.”
Basterebbe questo a definire un buon viatico per rilanciare la sinistra aprendo persino un confronto serio con il mondo cattolico.
In questo quadro si colloca la nostra particolare attenzione per il Governo Amato, sperando in una sua buona tenuta, convinti come siamo che Amato possa essere il candidato migliore a rappresentare una nuova coalizione di centrosinistra nel 2001.

E sarà bene che finisca in fretta il toto premier interrompendo una logica distruttiva che vede tutti alla ricerca di un leader diverso da Amato, compresa la strampalata proposta a favore di Cofferati che, proprio perché da sempre l’alleato più sincero di D’Alema, non solo non è adatto a rappresentare il centrosinistra ma dovrebbe rispondere di una CGIL mai in crisi come ora .
Noi da Amato ci aspettiamo molto e dobbiamo incoraggiarlo ad assumere un’iniziativa politica, da lui ci aspettiamo segnali politici sempre più forti, affinchè, oltre le sue capacità tecniche, questo Governo possa essere caratterizzato sempre più in termini politici. Un’azione del Governo troppo tecnicistica e neutrale non aiuta né Amato, né noi, né il centrosinistra.

2. Il dopo referendum, la riforma elettorale

Le elezioni del 21 maggio rappresentano, dopo anni e anni di sconfitte, una prima importante vittoria che deve essere capitalizzata per cambiare un orizzonte che per la sinistra sembra oggi soltanto negativo.
A me pare che dopo quel voto, che abbiamo perseguito per anni, non si possa che sostenere il modello tedesco senza correzioni, sposando con decisone la tesi del proporzionale puro (50% uninominale e 50% per lista con quota di sbarramento), rivedendo la tesi dell’elezione diretta del premier e riproponendo come in Germania il cancellierato eletto dal Parlamento.
Persino Sartori dopo tanti anni di giudizi non condivisibili, una cosa chiara l’ha detta: non esiste un modello tedesco con premio di maggioranza e non esiste un modello tedesco che possa a priori essere di supporto ad un sistema bipolare.
Sono talmente convinto di questa posizione che credo si farebbe bene a rivedere anche la proposta del partito a favore di un modello elettorale nazionale simile a quello che ha portato all’elezione dei Sindaci e dei Presidenti delle Regioni.
Avremo modo di perfezionare questa nostra posizione confrontandoci le prossime settimane con gli altri compagni Segretari e Consiglieri regionali, anche se da un primo scambio di opinioni emerge la convinzione che i risultati dei referendum del 21 maggio potrebbero consigliarci di elaborare una proposta più complessiva secondo la quale, anziché imitare il modello dei Comuni e delle Regioni per l’elezione del Parlamento nazionale, rimetta in discussione, a partire dai valori sulle regole e sulla democrazia, gli attuali modelli elettorali in vigore per i Comuni, le Province e le Regioni.

Registriamo che sul sistema elettorale nazionale non vengono da Roma indicazioni chiare e non ci sia una lucidità che consenta a tutto lo schieramento di fare un salto di qualità. Nonostante tutto speriamo di non dover andare a votare con il mattarellum, che Berlusconi ha capito essere per lui il sistema migliore. Speriamo che prevalga in Parlamento una maggioranza proporzionalista che consenta una riforma elettorale prima della fine della legislatura.

Comunque vadano le cose avremo noi socialisti di fronte il problema delle alleanze per superare una soglia di sbarramento che oscilla a secondo dei casi tra il 4 e il 5 %.
Il problema non è solo aritmetico ma politico.
A questo proposito mi sembra importante sottolineare come l’alleanza tra forze laiche diverse che ha caratterizzato le liste dello SDI in molte regioni d’Italia possa essere un utile insegnamento; un’esperienza che va allargata e perfezionata per dare vita ad un’unica area laica, liberale e socialista, alla quale possono aderire anche esponenti laici e cattolici dell’attuale partito dei Democratici a condizione che non ci portino in casa giustizialismi, integralismi e fanatismi.
Nei Democratici il dibattito è tutto aperto, si tratterà di seguire con attenzione l’evoluzione degli avvenimenti proprio di queste ore.



3. In regione Lombardia


Il quadro politico è sufficientemente chiaro, in Lombardia c’è una maggioranza numericamente molto forte, ma politicamente più debole che in passato.
La presenza della Lega in maggioranza, molto importante per la partita che si giocherà a livello nazionale (non dimentichiamoci che l’asse Lega e Polo si appoggia sullo schema politico di coprire insieme contemporaneamente la cultura centralista di Berlusconi a Roma e quella autonomista e localista della Lega) rappresenta per Formigoni comunque una spina nel fianco e all’interno di Forza Italia lo scontro fra la tendenza totalizzante di Comunione e Liberazione e le altre componenti politiche segna già un punto di rottura.
Per quanto riguarda la sinistra, la divisione in tre gruppi (Popolari, diessini e Verdi) della cosiddetta lista unica proposta da Martinazzoli ha già cambiato il quadro con il quali siamo andati alle elezioni regionali.
Questo insieme di cose ci metterà di fronte ad una serie di difficoltà: prima di tutto quello di reggere da soli un confronto a tutto campo, dall’altro quello di utilizzare anche la Regione come uno strumento per la riqualificazione della nostra proposta politica.

Tenteremo di usare il Gruppo come uno strumento di supporto dell’iniziativa del partito (costituendo gruppi di lavoro, commissioni, perfezionando proposte di leggi e iniziative tenendo conto dei problemi del partito a livello locale ).
Tenteremo sulle questioni programmatiche di concentrare la nostra attenzione su pochi punti quelli che tra l’altro abbiamo indicato nel corso della campagna elettorale.
Mi riferisco in particolare al tema della Sicurezza, Ambiente, Lavoro, Famiglia e Finanza, ma naturalmente saremo impegnati in modo particolare sulle questioni politiche ed istituzionale collegate ai compiti che il nuovo Consiglio regionale avrà di approvare il nuovo Statuto ed il modello elettorale per le prossime elezioni.
Sarà una fase estremamente importante che ci vedrà impegnati sugli aspetti fondanti un nuovo regionalismo.
Di federalismo mi sembra che in questo caso non si possa parlare, perché per avere un Federalismo vero occorrerebbe modificare la Costituzione nazionale attraverso un’Assemblea costituente: questione che non dovremmo dimenticare, anzi bisogna ricordare alle altre forze politiche che la battaglia per l’elezione diretta dell’Assemblea costituente è ancora una questione aperta, che noi socialisti dovremmo riproporre con forza perché sia perseguita in tempi brevi.
Perché non sostenere come possibile l’elezione dell’Assemblea costituente in concomitanza con le elezioni politiche del prossimo anno?
D’altra parte questo è l’unico modo concreto per evitare una continua modifica della Costituzione a pezzi, ma anche per sottrarre all’opinione pubblica l’idea che il Federalismo si realizzi automaticamente come conseguenza dell’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni.
Guai se pensassimo di fare il Federalismo con i governatori all’americana.
Per questo dovremo evitare interpretazioni distorte della recente riforma costituzionale e dovremo in questa delicata fase di transizione adoperarci per salvaguardare e rafforzare i poteri del Consiglio regionale come punto di equilibrio dei poteri del Presidente della Giunta già rafforzati dalle recenti norme.
Su questo terreno è consigliabile tenere aperta un’interlocuzione non politica ma istituzionale con tutti i Gruppi consiliari per rafforzare come primo obiettivo l’autonomia ed il ruolo legislativo del Parlamento regionale.
In questo spirito abbiamo dato la nostra disponibilità ad occupare un ruolo istituzionale all’interno dell’ufficio di Presidenza del Consiglio in rappresentanza delle minoranze anche se la cosa non sarà facile.
Per chiudere questo punto mi sembra importante comunicare che l’Esecutivo regionale ha già dato l’indicazione affinchè il Gruppo regionale della Lombardia sia denominato ed abbia lo stesso simbolo con il quale ci siamo presentati all’elezione del 16 aprile riconoscendo il valore politico dell’alleanza con i Liberali, i repubblicani e le altre componenti e sottolineo l’importanza della riunione che ci siamo fatto carico di convocare per venerdì 23 giugno presso la Sede della Giunta regionale con tutti i Segretari, Consiglieri e quadri dirigenti socialisti delle Regioni del nord Italia.

4. Elezioni amministrative del 2001
Si vota in alcuni importanti Comuni, Milano, Lecco e Varese ed in alcune Province
Tenendo conto della necessità di caratterizzare l’iniziativa del partito è chiaro che il Gruppo regionale ed il Comitato regionale saranno impegnati fin da ora a sostenere la campagna elettorale del nostro partito nelle singole realtà locali mettendo in campo tutte le iniziative di sostegno necessarie a rafforzare la nostra immagine esterna.
Per quanto riguarda Milano mi corre l’obbligo di dire soltanto che sarebbe bene, così come hanno già fatto i compagni della Federazione, sottolineare agli altri partiti della coalizione del centrosinistra la necessità di riscoprire i valori della cultura riformista e di evitare assolutamente le disastrose esperienze del passato dove già per ben due volte la coalizione ha dovuto subire la logica disastrosa del candidato sindaco espresso dai Ds.
Meglio non partire da lì e lavorare per costruire una squadra dentro la quale sarà più facile scegliere il candidato in grado di rappresentarla.

5. Il partito
Infine poche parole sulla necessità di individuare temi riconoscibili, organizzare meglio il partito nelle Federazioni ed affrontare con decisione il tema della propaganda (non è un problema solo di visibilità. Ho cercato di parlarne anche a Roma, penso che sia arrivato anche per noi il momento di rispettare la regola secondo la quale non si può più vendere nella società moderna, anche se buono, senza porsi il problema della sua propaganda).
Costruire i rapporti con la società.
Sburocratizzare la vita interna.
In Lombardia per fortuna non è mai esistito uno schema di divisioni per correnti così come ce lo trasciniamo a livello nazionale dalla Costituente di Fiuggi.
Bisogna affrontare in termini politici ed organizzativi il rapporto con il sindacato e mettere mano e con concretezza interessarci di più della componente socialista nella CGIL e nella UIL.
Usare nuovi strumenti.
Sfruttare di più i circoli culturali.
Dotarsi di fogli di comunicazione.
Strutturare in modo nuovo il nostro sito Internet.

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