08.07.1999 - COMITATO REGIONALE DELLO SDI - Schema della relazione del Segretario Roberto BISCARDINI
01 gennaio 2000
1. Prima riunione dopo il Congresso Regionale del 25 Aprile, Congresso significativo, partecipazioni esterne, aperto, partecipazione rappresentanti Kosovo. con visibilità positiva per quanto riguarda il TG3, scadente per quanto riguarda la stampa ed in particolare il Corriere della Sera.
2. Esame dei risultati elettorali.
Il risultato nazionale dello SDI 2,2 non può essere considerato negativo anche se inferiore alle aspettative (2,8-3%). Non bisogna dimenticarsi da dove veniamo, quali difficoltà abbiamo dovuto superare in questi anni e il fatto che il simbolo socialista è riapparso in questa campagna elettorale dopo una lunga assenza.
Chi considera il nostro risultato disastroso, non vuole riconoscere il sacrificio di tutti coloro che hanno combattuto l’ostracismo e che hanno consentito il fatto non del tutto scontato che adesso il partito c’è.
Più preoccupante il risultato del Nord che conferma l’esistenza di due Italie e l’incapacità sia nostra che di tutto il centrosinistra di intercettare i problemi della cosiddetta “questione settentrionale”. (A questo dedicammo circa un anno fa un importante convegno al quale partecipò il compagno Enrico Boselli).
3. In Lombardia il risultato pari a 1,2% (non diverso sostanzialmente da quello delle altre regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest) oscilla in modo sostanzialmente omogeneo fra lo 0,8 di Como e 1,5 di Brescia con la sola eccezione del 2 di Mantova in flessione rispetto al 2,3 delle europee del 1994 e il 2,5 di Sondrio in crescita rispetto a 1,7 del 1994.
4. Tra le tanti analisi dei risultati elettorali complessivi (compresi quelli delle elezioni provinciali e la conclusione del voto di ballottaggio) si possono identificare tre questioni di fondo:
- i Socialisti Democratici Italiani, pur vantando una collocazione autonoma nel centrosinistra subiscono la difficoltà di rendere evidente questa autonomia e fanno fatica a dare continuità alla differenza esistente e pur sempre sottolineata tra noi e le altre forze del centrosinistra. Non siamo riusciti a tener vive le nostre proposte politiche e non siamo riusciti quindi a caratterizzare complessivamente le elezioni del 13 giugno su proposte riconoscibili ed identificabili (per differenza è evidente il risultato della lista Bonino e a posteriori dobbiamo prendere atto che in occasione delle elezioni amministrative del novembre scorso a nostro vantaggio ha pesato positivamente la contingenza del dibattito parlamentare sulla Commissione d’inchiesta su tangentopoli, le nostre prese di posizione sulla scuola e la modifica delle tasse sulla prima casa);
- subiamo, in modo proporzionale al nostro peso le difficoltà più complessive che incontra la coalizione del centrosinistra, la scarsa attrattiva della politica del Governo e la crisi più generale della sinistra italiana ed europea;
- la nostra campagna elettorale è risultata ancora, a distanza di due anni dalle elezioni comunali di Milano, una campagna tutta autoreferenziale, rivolta alla ricerca dell’ex voto socialista, spesa sul terreno del superamento della diaspora in nome dell’unità, rese evidente nelle liste e nelle candidature, che, se pur necessaria, non ha pagato sul piano elettorale, nonostante uno sforzo straordinario del partito a livello locale.
A posteriori si è detto che abbiamo pagato negativamente un’operazione nostalgia e abbiamo riconosciuto un po’ tutti che questa operazione nostalgia non è bastata e non è sufficiente a recuperare il voto socialista finito nel passato in Forza Italia. (Una conferma ditale autoreferenzialità viene dall’incapacità di prendere voti di opinione e dall’alto numero di preferenze rispetto ai voti di lista).
5. Il risultato del 13 giugno con i suoi lati positivi (“adesso ci siamo” ed inoltre “il nostro simbolo e i socialisti dopo molti anni sono stati complessivamente accettati) e quelli negativi rispetto alle aspettative, è un risultato che dipende più dalla politica che non dall’organizzazione e solo in parte dalla nostra capacità organizzativa a livello locale. Anzi è in qualche modo indipendente dallo sforzo eccezionale messo in campo dai militanti e dai candidati europei, provinciali e locali.
Per quanto riguarda le europee in particolare c’è da sottolineare il risultato complessivamente positivo dei capilista, c’è da sottolineare e valutare con attenzione la novità del risultato significativo dei candidati locali e al di là di qualche eccezione da considerare a parte, valuto positivamente l’affermazione che i compagni della Lombardia hanno voluto riconoscere al Segretario Regionale.
Mi auguro che la mia campagna elettorale anche dal punto di vista organizzativo abbia contribuito anche attraverso il materiale prodotto a sostenere l’iniziativa del partito e dei nostri candidati nelle diverse realtà locali.
6. Le proposte
Ritengo che in questa particolare situazione il Comitato Regionale della Lombardia possa svolgere un ruolo politico ancora più forte sul terreno della politica nazionale del partito e si possa dalla Lombardia sviluppare delle iniziative utili complessivamente al partito regionale e a quello nazionale. Questo significa anche assumersi le proprie responsabilità non ritenendo nè giusto nè opportuno scaricare solo sul livello nazionale le cose che non vanno o aspettare solo da Roma il rilancio del partito.
7. Il primo problema riguarda la politica: riguarda il ruolo dei socialisti a livello nazionale, regionale e locale dentro la sinistra e dentro il centrosinistra, riguarda i nostri rapporti con i Ds, riguarda i rapporti con gli altri partiti del centrosinistra là dove si governa in maggioranza e là dove siamo all’opposizione come nella nostra Regione.
I problemi non sono semplici, riguardano la prospettive e persino la credibilità di una forza socialista, liberale e riformista moderna, prospettive che sembrano impensabili senza una profonda rivoluzione della sinistra italiana.
In attesa di un approfondimento più ampio, penso comunque che, mai come in questo momento, si debba marcare la nostra diversità, dicendo con chiarezza che non stiamo nè con Prodi-Ulivo, nè con Pds-D’Alema, nè con l’Ulivo 2 nè con la Cosa 3, nè tantomeno che siamo per un partito unico della sinistra, nè che si possano annullare gli sforzi di riorganizzazione del nostro partito accettando la proposta di presentarsi alle prossime elezioni politiche con un simbolo unico del centrosinistra. Questa diversità e questa autonomia politica va evidenziata ad ogni livello, anche a livello locale, sia sul terreno dei contenuti sia sul terreno degli equilibri, non accettando il fatto compiuto che tende ancora a manifestarsi attraverso l’esclusione dei socialisti da parte dei Ds là dove si è in maggioranza, salvo fare appello alla coerenza antifascista dei socialisti quando c’è bisogno di prendere i voti. Eclatante il caso della Provincia di Milano in cui Tamberi, immeritatamente ha potuto contare sui voti dei socialisti, ma nonostante la nostra lealtà si apprestava (caso eclatante di miopia politica, da perfetto cattocomunista), come nella passata legislatura, a non concedere nulla ai socialisti. Significativo è il caso di alcune realtà locali in cui nonostante il successo della coalizione di centrosinistra sembra impossibile far valere i nostri risultati.
8. A livello nazionale alcuni compagni hanno proposto l’uscita dal Governo partendo dalla considerazione errata della nostra sconfitta.
Il problema, a mio avviso, invece non e se stare al Governo ma come starci, stare nel Governo non riduce a priori la possibilità di una autonoma iniziativa politica e parlamentare. Non ha alcun significato proporre di uscire dal Governo rimanendo nella maggioranza ed è ridicolo proporre di uscire dal Governo non su delle ragioni politiche forti ma sulla base di una valutazione tutta interna al partito, relativa a 1 nostro risultato elettorale, che risulterebbe del tutto incomprensibile.Uscire così dal Governo non se ne accorgerebbe nessuno.
Mi sono permesso nei giorni scorsi di giudicare vecchio questo modo di proporsi, del tutto paragonabile a quanto avveniva solitamente negli anni 70 quando dopo qualunque elezione c’era sempre qualcuno nel PSI che chiedeva di uscire dal Governo, senza considerare che allora i socialisti godevano di un potere di interdizione e un peso elettorale imparagonabile con quello di oggi, senza contare che di solito questa proposta veniva avanzata non per uscire dal Governo ma per sostituire Ministri con i propri amici.
9. A livello nazionale si è aperto nel partito un dibattito sul gruppo dirigente e sulle responsabilità della gestione interna. Sono state annunciate riunioni diverse e la nascita di alcune correnti. E’ evidente lo stato di follia ed è evidente la distanza che c’è fra chi propone un partito organizzato in correnti e le aspettative della maggioranza dei compagni che richiedono insieme maggiore unità e rilancio dell’iniziativa politica.
A noi viene chiesto di non perdere tempo nelle divisioni interne ma di individuare un percorso politico per affrontare le prossime scadenze.
10. Il Comitato Regionale della Lombardia si deve fare interprete a livello nazionale di queste esigenze:
- l’unità raggiunta a Fiuggi, che è stata alla base dell’impostazione della campagna elettorale, deve essere utilizzata in positivo evitando che il tempo dedicato a questo obiettivo non sia vanificato dalla nascita di vecchie divisioni. Occorre evitare di cadere nel ridicolo e di ripetere l’errore che molti di noi ben ricordano quando, nei momenti di maggiore difficoltà, il gruppo dirigente dell’allora PSI si cimentò nella distruzione del partito piuttosto che nella sua tenuta. In controtendenza con quanto sembra accadere a livello nazionale, consideriamo l’unità un bene prezioso che in Lombardia perseguiremo ancora con l’obiettivo di avere subito fra noi i compagni rimasti nel PS;
- è necessario avviare la fase congressuale opportunamente preparata sia sul piano politico che sul piano programmatico, coinvolgendo le strutture regionali e provinciali del partito per fare al più presto ciò che avrebbe dovuto essere fatto prima delle elezioni europee;
- il partito deve definire a livello nazionale, con il nostro contributo decisivo, una politica adeguata ad affrontare i problemi del nord, non basta una generica politica sociale per affrontare esigenze specifiche del mondo del lavoro e della produzione nelle regioni del Nord Italia;
- attraverso una iniziativa programmatica può partire dalle regioni, e dalla nostra in particolare, uno sforzo per definire alcune riforme fondamentali sulle quali ancorare l’iniziativa dei socialisti e della nuova sinistra;
- rispetto alle prossime scadenze elettorali da subito bisogna preparare la campagna delle prossime elezioni regionali del 2000 individuando il terreno giusto per un rilancio dell’iniziativa regionalista, per affrontare concretamente il tema del federalismo, per partecipare come socialisti al progetto delle nuove Regioni.
11. Per la regione Lombardia sul piano politico c’è da sottolineare l’esigenza di una proposta politica che non ci chiuda nel recinto ristretto di questo centrosinistra. Questo centrosinistra, così com’è, è morto. Un centrosinistra ancora egemonizzato dai Ds, incapace di dare spazio alle forze riformiste, connivente sul piano degli interessi con la maggioranza di centrodestra ed in particolare con Comunione e Liberazione è un centrosinistra improponibile.
Nonostante le nostre sollecitazioni dei mesi scorsi, e non solo nostre, c’è ancora una sostanziale indisponibilità dei Ds e dei popolari ad affrontare i nodi politici interni alla coalizione. Nello stesso tempo, a livello regionale, va impostata una campagna elettorale contro i modestissimi risultati ottenuti dalla Giunta Formigoni e dal Polo, inondati di consensi elettorali nonostante l’incapacità amministrativa della Giunta, la debolezza dei risultati, la confusione sulle strategie.
Pertanto si potrebbe rilevare che il Polo in Regione Lombardia regge di più sulla pochissima capacità di attrattiva del centrosinistra che non sui propri meriti.
12. Sul piano programmatico individuo cinque temi che possono costituire il punto di riferimento di una iniziativa politica da organizzare ed articolare su tutto il territorio regionale e per i quali occorre individuare con coraggio alcune parole dordine e una chiave propositiva originale. Si tratta di questioni che, pur affrontate dal punto di vista regionale, potranno avere una valenza significativa anche a livello nazionale:
- sicurezza, giustizia , legalità (a partire dalla questione irrisolta dell’impossibile coordinamento delle forze dell’ordine nella tutela della sicurezza individuale);
- lavoro, lavoro autonomo e fisco (a partire dall’esigenza di uno Stato non punitivo nei confronti dei produttori di reddito e dei giovani e dalla necessità di rivedere il modello della concertazione tra le parti sociali come un vincolo alla definizione da parte del Governo di una politica economica finalizzata al sostegno differenziato del nord e del sud);
- sanità ed assistenza (occorre proporre riforme strutturali a partire dai problemi e dai bisogni dei cittadini, noi non possiamo condividere nè il modello privatistico di Formigoni. nè quello centralistico e statalista della Bindi);
- scuola e formazione (come condizione per la crescita delle nuove generazioni);
- infrastrutture e modello di sviluppo e ruolo delle autonomia (vuol dire federalismo e tutela dei poteri comunali e locali per un modello di sviluppo regionale policentrico e quindi equilibrato su tutto il territorio regionale e nazionale).
13. Sul piano organizzativo, il primo modo per organizzare un partito a struttura federale è quello di contribuire con efficacia dal livello regionale alla definizione della politica nazionale del partito oltre che ad individuare percorsi di iniziativa politica autonomi al proprio livello.
Per quanto riguarda l’organizzazione interna, mai come in questo momento bisogna rendere concreto il modello di un partito “agile”, con una organizzazione snella in grado di recepire rapidamente istanze e proposte e di trasferirle sul terreno dell’orientamento politico.
Gli organi non possono rispondere più ai vecchi criteri di rappresentanza politica di correnti inesistenti o di pseudo correnti tra amici. Pertanto propongo sulla base di un criterio funzionale che l’Esecutivo regionale sia composto dai Segretari delle Federazioni e successivamente integrato da altri compagni sulla base delle responsabilità di lavoro che via via andremo insieme ad individuare.