02.06.1998 - I SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI: UNA NUOVA POLITICA - Roberto BISCARDINI, Critica Sociale
01 gennaio 2000
Proseguire sulla strada dell’unità per cambiare la politica e per contribuire a migliorare lo stato del Paese. Dopo il Congresso di Fiuggi e dopo il risultato positivo delle elezioni di maggio non ci sono alternative. La strada imboccata dai Socialisti Democratici Italiani e da tutti coloro che credono nella necessità di dar vita ad una formazione socialista autonoma è una strada giusta. Si tratta ora di andare avanti senza tentennamentì e con una politica conseguente e di far crescere (nato è già nato) un partito socialista nuovo, aperto a tutti coloro che ci stanno, consentendo a tutti di aderirvi in libertà con le proprie idee e le proprie convinzioni. Si tratta di dare nuovamente una prospettiva a tutti coloro che credono nell’attualità, nella originalità e nell’utilità del pensiero socialista e liberale; vogliamo ridare una casa e una voce a tutti coloro che si battono per difendere le libertà individuali ed eliminare le ingiustizie ancora perpetuate ai danni di milioni e milioni di cittadini. Tra le tante questioni da affrontare ne individuo sette tra le più urgenti. Esse sono oggetto di una discussione ancora aperta tra i socialisti e saranno argomento di discussione del prossimo Congresso di gennaio.
1. La nostra politica è l’autonomia. Autonomia non solo dal vecchio PCI, nè dai nuovi diessini (non mi sembra più questo il problema centrale), ma autonomia di proposta, di progetto e di impegno politico, per costruire nel Paese, prima ancora che nelle istituzioni (ma anche nelle istituzioni), le alleanze necessarie per vincere le battaglie di cui si è convinti e per le quali occorre essere generosamente disposti a battersi. Le alleanze nella società non si tagliano con l’accetta dell’attuale bipolarismo ed è auspicabile che tra breve questo bipolarismo non divida in modo manicheo neppure le istituzioni. Anzi, ormai sembra certo il contrario, le forze politiche vivono in modo contradditorio la camicia di forza degli attuali schieramenti e sulle cose si formano già di fatto alleanze diverse e trasversali. Anche per noi su questioni diverse possiamo ritrovare di volta in volta diversi alleati come avversari diversi. Così sarà in futuro e ciò non dovrà far scandalo. Nell’attuale sistema politico quindi la nostra posizione (ma non solo la nostra ormai) è inevitabilmente una posizione di confine, ciò non toglie che sia politicamente chiara nei fatti e nei contenuti. E sarà di confine finché esisterà questo bipolarismo e non si realizzerà una centralità politica delle forze riformiste.
2. Essere di sinistra oggi non significa adagiarsi né sull’Ulivo nè su questo centro sinistra. Anzi in questo schieramento ci si potrà rimanere finché le condizioni lo consentiranno, ma non ad ogni condizione, sapendo che il nostro obiettivo è costruire un nuovo progetto e aprire una fase nuova. I socialisti devono promuovere un sistema di alleanze politiche diverse dalle attuali e dar vita ad una nuova prospettiva e ad un nuovo equilibrio politico. Dobbiamo essere i promotori di una diversa coalizione di centro sinistra che superi la logica degli attuali schieramenti, riunisca tutte le forze riformatrici ed escluda tutti i conservatori sia di destra che di sinistra. Un nuovo polo di centro sinistra che sarà più semplice costruire se le contraddizioni interne a Forza Italia e interne ai Democratici di Sinistra riusciranno ad emergere per quel che sono. Questa è l’unica via concreta
per superare l’imbroglio dell’attuale bipolarismo e per impedire un sistema politico che rischia di ingessarsi nel consociativismo tra gli estremi, nella concertazione tra gli interessi economici più forti, in una logica nella quale il “regime” si realizza nell’alleanza e nella cultura di potere tra centro destra e centro sinistra insieme. La sinistra che manca è la sinistra riformista, è La sinistra delle verità, è la sinistra delle libertà, è la sinistra che crede in una democrazia conflittuale non statalista e non consociativa, è la sinistra socialista che denuncia il fallimento di questo bipolarismo falso, una sinistra che opera per superare una fase di confusione e di imbroglio che dura da oltre cinque anni.
3. Il partito dei Socialisti Democratici Italiani ha come suo obiettivo fondamentale la riforma dello Stato per realizzare lo Stato federalista. Uno Stato nel quale Stato centrale, Stato delle Regioni e Stato dei Comuni coesistono ed operano nell’ambito dei propri poteri in modo paritario. Il fallimento della Bicamerale (e comunque vada il fallimento di D’Alema) è il fallimento di un sistema di forze politiche unite nella debolezza, un sistema culturalmente fragile, che ha come obiettivo l’autoconservazione, più avvezzo al compromesso e al ricatto che alla battaglie delle idee: un sistema incapace di disegnare il nuovo Stato. La Bicamerale, al di là delle schermaglie politiche e dei ricatti ai quali (secondo il pm Colombo) sarebbe stata sottoposta, è fallita sul federalismo, perchè le forze politiche si sono dimostrate nuovamente tutte centraliste. E’ stato un errore (e lo avevamo denunciato) affidarsi al Parlamento e ad una Commissione parlamentare il compito di autoriformare il sistema. La via maestra era e rimane l’Assemblea Costituente che si elegge per rifare la Costituzione e che si scioglie a Costituzione fatta. E’ stato un errore affidare il risultato finale alla capacità demiurgica di un segretario di partito e alla sua capacità di mediazione. Da una mediazione di questa natura non può e non poteva uscire la nuova Costituzione, ma un prodotto confuso, piegato agli interessi momentanei, senza respiro e forse persino dannoso. Al fallimento della terza Commissione bicamerale bisogna trarre le conclusioni. O si elegge l’Assemblea Costituente o ci si tiene la Costituzione che c’è. O si cambia la Costituzione a partire dall’articolo uno per introdurre principi nuovi e principi di libertà, superando i limiti del compromesso cattocomunista che si è fondato nell’immediato dopoguerra sull’esperienza del Cln, o una Costituzione che nasce
sul neo compromesso tra forze centraliste non serve. La ragione di fondo di una nuova Costituzione era ed è il federalismo, se non si ha il coraggio di affrontarlo una nuova Costituzione non serve. Ormai le cose sono chiare, senza l’elezione diretta di una Assemblea Costituente meglio tenersi la Costituzione insufficiente che c’è, piuttosto che affidarsi ai compromessi extraparlamentari di casa Letta.
4. Sulle grandi questioni il nuovo partito non può mugugnare e così come ha avuto il coraggio di sostenere un progetto di riforma costituzionale coerente con il progetto della Grande Riforma, così deve uscire allo scoperto sul grande imbroglio italiano: la riforma elettorale. Per stare con J. S. Mill “in una democrazia, in cui i cittadini sono tutti uguali, ogni parte (politica) dovrebbe raccogliere la rappresentanza proporzionale alla sua reale forza” diversamente prevale il “privilegio e l’ineguaglianza”. A distanza di anni ormai dalle riforme elettorali del 1993 non è più possibile proseguire perseverando negli errori e continuando a pasticciare. Se si vuole garantire governabilità e tutela della rappresentanza politica l’unica strada praticabile è l’introduzione di un sistema proporzionale, pur corretto
capacità di attrazione. Fare giustizia della storia, riportando nell’alveo della sinistra riformista e democratica i nipotini di coloro che nel ‘21 scelsero il comunismo, non è un obiettivo velleitario, così come non è velleitario per un nuovo partito come il nostro pensare che il socialismo del futuro possa avere capacità di attrazione nei confronti delle giovani generazioni.