01.07.1997 - INTERPORTO DI LACCHIARELLA - Intervento di Roberto BISCARDINI nel Consiglio Regionale della Lombardia
01 gennaio 2000
Nel 1986 il Parlamento approva il Piano Generale dei Trasporti ed individua nell’area milanese un interporto di primo livello.
Il Parlamento però con questo atto recepisce positivamente la volontà espressa dalla Regione Lombardia nel 1982 con l’approvazione del Piano regionale dei Trasporti.
Già precedentemente la Regione colloca la realizzazione dell’interporto di Lacchiarella nel quadro di un intervento pubblico, per realizzare un interporto pubblico, retto da una società a maggioranza pubblica, per rispondere direttamente ai programmi di sviluppo dell’economia lombarda. Per la Regione Lombardia Lacchiarella è il primo passo dello sviluppo dell’intermodalità merci, a favore del trasporto ferroviario, per decongestionare il sistema stradale.
In questo senso il progetto della Regione si inseriva in una decisione già assunta dal Comune di Lacchiarella nel 1976, ma correggeva l’impostazione del progetto proposto da alcuni privati e già approvato dal Consiglio Comunale per la realizzazione di un centro di stoccaggio merci di circa 500.000 metri quadri.
Tutto il resto è rintracciabile nella cronistoria degli atti e delle decisioni assunte successivamente dalle Giunte regionali, dal Consiglio Regionale e da tutti i gruppi politici che fino ad oggi, che hanno confermato la scelta originaria.
Oggi ritengo più importante valutare gli aspetti politici di questa vicenda.
Il primo riguarda l’inerzia della Giunta regionale dopo il 1992 di fronte ad un obbligo che pure avevano di ricercare per l’attuazione e la definizione dell’interporto di Lacchiarella l’accordo con le Amministrazioni comunali interessate, così come previsto dalla delibera della Giunta regionale del 3 agosto 1990, che imponeva l’applicazione dell’articolo 27 della legge 142/90..
Così facendo la Giunta regionale si adeguò alle posizioni che oggi, alla luce dei fatti, sono la causa principale del fallimento di Lacchiarella e cioè le posizioni dei proprietari delle aree e di alcune forze politiche che, in nome di un maggiore decisionismo e quindi della loro arroganza, pretendevano di decidere sulla testa dei Comuni, dicevano loro “più celermente di quanto non sarebbe stato possibile con la procedura degli accordi di programma” e quindi violarono l’impostazione che io allora indicai e cioè che, senza l’accordo con i comuni, l’interporto di Lacchiarella non si sarebbe mai potuto fare.
Oggi quelle stesse forze politiche avrebbero buon gioco nel dire che l’interporto di Lacchiarella non si fa perché i Comuni. Ma non è così.
Alla originaria arroganza di chi diceva “facciamo in fretta pagando i minori prezzi possibili alle comunità locali” (e quindi preferivano rivolgersi a tutti, ai partiti e su fino al Ministro e al Parlamento, anzichè misurarsi con la Regione e i Comuni) si sono aggiunte le posizioni particolari di alcuni partiti ed altri interessi privati che hanno pesato negativamente sulle libere volontà di quei Comuni.
Infatti se non ci fossero state interferenze, Regione, Comuni e FS avrebbero probabilmente già risolto ogni aspetto del problema.
Non a caso già nel 1991, proprio nello spirito degli accordi di programma, e a procedura di coordinamento avviata, persino il comune di Lacchiarella si esprimeva con delibera del Consiglio comunale a favore dell’interporto, ponendo certamente alcune condizioni, ma di interesse generale proprio nello spirito di ciò che la Regione aveva indicato, assumendo la via degli accordi di programma.
E mi risulta che tale disponibilità tale disponibilità sia stata dai comuni confermata anche negli anni successivi.
Il secondo riguarda appunto la degenerazione del sistema dei partiti, dei loro interessi e del prevalere di questi sulle decisioni democratiche delle istituzioni. La prova è nei fatti: la Regione propone Lacchiarella, i Comuni sono d’accordo ponendo condizioni compatibili, ma Lacchiarella non si fa perchè si oppongono i Verdi per primi, e poi Lega e Rifondazione Comunista ed alcune componenti del Pds, quelle che, stando ai fatti, riescono nel 1995 a sostituire un sindaco pidiessino a favore con un sindaco pidiessino contrario, quelle che trovano una sponda nell’Assessore Targetti in provincia di Milano che già come professore del Politecnico si era espresso contro l’interporto di Lacchiarella ed alla fine anche l’ultimo baluardo del gruppo regionale del Pds.
Il terzo aspetto politico riguarda il prevalere degli interessi immobiliari del grande capitale proprietario di aree dismesse che impone e rivendicati non si capisce in nome di che cose e di quali meriti la loro riutilizzazione. Gli interessi di questo capitale trovano un incomprensibile consenso di molta parte della sinistra italiana e in una parte della destra, alleate nei fatti con Fiat, Falk, Gulf, Eni, ecc. L’obiettivo è ricostruire e riusare, naturalmente bonificando a spese dello Stato le aree di Arese, di Sesto, di Bertonico e di Pero, per fare solo qualche esempio.
Su questa linea sono stranamente d’accordo anche alcune componenti del movimento ambientalista, alla faccia degli ambientalisti ante litteram, quelli che tanti anni fa si opponevano alla realizzazione di quegli insediamenti petrolchimici o dell’industria pesante nelle nostre campagne, e che oggi, se fossero qui, non escluderebbero, come non escludo io, che queste stesse aree, che ben hanno reso a quel capitale, possano ritornare alla società e persino al paesaggio agricolo e naturale.
Il quarto è il più noto: esso riguarda l’uso estremo della magistratura: Quando i partiti non ce la fanno più da soli a far valere i loro punti di vista, da qualche anno in qua si rivolgono alla magistratura, e sembra bastare poco.
Sembra bastare una denuncia e l’avvio di una indagine, naturale e conseguente, per dare per scontato il successo del disegno politico di cui ho già detto.
Ne dà notizia serenamente la stampa e per tutti basta citare la cronaca di Siro Marziali sul Corriere della Sera di sabato 28 giugno: ”la mattina del 23, in seduta straordinaria, la Conferenza decise, per evitare il fallimento della trattativa di sospendere le riunioni fino al 30 settembre prossimo.(ora sia solo ai primi di luglio) Ma i due successivi blitz della Procura contro i vertici della società Ims e l’assessore regionale ai Trasporti, Giorgio Pozzi, hanno praticamente fatto “terra bruciata” attorno a Lacchiarella. Ora, forse, la parola fine. ”E’ quello che vogliamo” dicono gli ambientalisti.”.
Ma il quadro della supremazia degli interessi dei partiti su quelli istituzionali potrebbe essere arricchito. L’ultimo, in ordine di tempo, sembra essere quello del sottosegretario verde Mattioli, eletto in Emilia, che invita a ripensare tutto da capo, apprezza la posizione negativa assunta dalla Provincia di Milano che non ha nessuna competenza in materia, ma non si preoccupa di attuare le decisioni del Parlamento.
Io non voglio credere che questo sia il modello di funzionamento della Seconda Repubblica.
E che le istituzioni nella Seconda Repubblica non debbano essere ridotte a così poco: a subire insieme gli interessi dei partiti e i grandi interessi immobiliaristici.
Vedremo come andrà a finire.
Vedremo se l’uso strumentale dell’ecologismo coinciderà con gli interessi del capitale.
Vedremo se coloro, che dicono per salvarsi l’anima che un interporto serve, ma non a Lacchiarella, avranno la meglio sulla verità. Lacchiarella infatti non è una localizzazione qualsiasi, dal punto di vista delle scelte urbanistiche che competono alla Regione l’interporto è stato individuato lì nell’interconnessione tra la linea ferroviaria Milano-Genova e la strada Binasco-Melegnano (che avrebbe dovuto già essere potenziata con il concorso essenziale della Provincia di Milano, che solo a questo fine era stata peraltro chiamata al tavolo dell’accordo di programma). L’interporto era stato individuato lì, sufficientemente vicino all’area di mercato di Milano, ma non troppo dentro (ad esempio Arese) e non troppo lontano (ad esempio Bertonico) per evitare fenomeni congestivi ugualmente gravi, anche se di diverso tipo.
La conclusione è: se fosse stata seguita la procedura degli accordi di programma, sul tavolo sarebbero stati posti dalle istituzioni locali e regionale, in modo trasparente, gli interessi generali e nel quadro di quegli interessi si sarebbe realizzato l’interporto.
Se l’interporto passa per altre vie che non sono quelle prioritarie e trasparenti delle istituzioni, ma quelle dell’intreccio tra interessi dei partiti ed interessi particolari, l’interporto si farà su un’area dismessa, e magari a Lacchiarella si farà quel centro di stoccaggio che nel 1976 la Regione, in nome di un interesse pubblico, evitò che si facesse.
Ed in aggiunta sulle aree dell’attuale interporto potrebbe accadere che si costruisca dell’altro.
Ciò che non si propone e pur sarebbe giusto e logico seguendo la propaganda scandalistica fatta propria da qualche forza politica, che ha fatto di Lacchiarella una battaglia contro i presunti interessi degli attuali proprietari delle aree, è la realizzazione dell’interporto mediante l’espropriazione di quelle aree stesse, ridando così al sistema pubblico il cento per cento di un potere che già oggi comunque possiede a maggioranza assoluta.
Per concludere un ultimo accenno va nuovamente ai rapporti fra istituzioni.
La Giunta regionale nel 1990, nel rispetto delle decisioni ripetutamente prese da tutto il Consiglio, cercò la via per la realizzazione dell’interporto di Lacchiarella, ma impostò le cose affinché l’interporto si facesse con il consenso dei Comuni attraverso la procedura degli accordi di programma, ma non a tutti i costi. L’accordo di programma infatti non prevede esiti sempre favorevoli ed ammette esiti negativi. Solo qualora l’intera procedura fosse stata seguita correttamente e fosse a quel punto risultato certo un esito negativo per indisponibilità di un qualsiasi soggetto, si sarebbero potute valutare altre opportunità. Ma come abbiamo visto la cose non sono andate così e la disponibilità positiva degli amministratori locali di allora e stata subordinata ad altre volontà, incursioni e intimidazioni.
Se questo Consiglio volesse ribadire la scelta che sempre ha assunto, volesse rispettare contemporaneamente la libera espressione dei comuni, e nello stesso tempo volesse dimostrare di non subire nè condizionamenti esterni, di partito, giudiziari e privati, non ha altro da fare che dare mandato nuovamente alla Giunta di riprendere il percorso originario ricercando con i comuni le condizioni per la stipula di un accordo di programma, che consenta la realizzazione di Lacchiarella, riducendo del caso le dimensioni originarie, e realizzando contestualmente tutti gli altri interventi al contorno necessari a rendere compatibile l’intervento principale.
Questo significa avere rispetto di tutte le istituzioni, grandi o piccole, e ciò che non è avvenuto in passato, potrebbe avvenire oggi.