da: Lasch Christopher, La ribellione delle élite. Il tradimento della democrazia, Milano, Feltrinelli Editore, 1995
Adams, Henry, Democracy, 1879 (Farrar, Straus & Young, New York s.d.).
Aldrich, Nelson W Jr., Old Money: The Mythology ofAmerica’s Upper Class, New York 1968. Per Aldrich l’unica alternativa ai patrimoni di antica data è il mercato, per cui una classe dirigente ereditaria rappresenterebbe la miglior difesa contro xl trionfo del mercato e dei suoi valori. L’argomento, in sé convincente, non prende in considerazione l’ipotesi di un’alternativa populista.
Arendt, Hannah, The Human Condition, Chicago 1958 [tr. it. Vita ac-tiva. La condizione umana, Bompiani, Milano 1989].
—‘The Origins of Totalitarianism, New York 1966 [tr. it. Le origini del totalitarismo, Bompiani, Milano 1978].
Aronowitz, Stanley, False Promises: The Shaping ofAmerican Working-Class Consczousness, New York 1973. Le false promesse del titolo sono quelle di mobilità verticale per tutti.
Bakke, E. Wight, The Unemployed Worker, New Haven 1940.
Barr, Alwyn, Occupationai and Geographical Mobility in San Antonio, 1870-1890, in “Social Science Quarterly”, 51, 1970, pp. 396-403
Bellah, Robert et al., The Good Society, New York 1991. Come Alan Wolfe, Bellali e i suoi collaboratori cercano un’alternativa comu-nitaristica allo stato e al mercato; come Wolfe tendono a criticare più il mercato che lo stato. Il programma comunitaristico, in que-sta versione, non è granché distinguibile dallo stato assistenziale.
—, Habits of Heart, Berkeley, 1985.
Bender, Thomas, The Sociai Foundations ofProfessional Credibiliy, in Thomas Haskell (a cura di), The Authority of Experts, Blooming-ton, Indiana 1984
Benedict, Ruth, The Chiysanthenum and the Sword, Boston 1946 [tr. it. Il crisantemo e la spada, Dedalo Libri, Bari 1968]. Uno dei mol-ti studi antropologici che hanno accreditato la distinzione fuor-viante tra culture della vergogna e culture della colpa.
Bennett, William J., To Reclaim a Legacy: A Report on the Humanities in Higher Education, Washington 1984.
Berry, Wendell, The Unsettling of America: Culture and Agriculture, New York 1977.
—‘ Sex, Economy, Freedom and Community: Eight Essays, New York 1993. “Abbiamo assistito all’imporsi in questo paese,” scrive Berr& “di un’élite economica i cui esponenti non hanno investito la propria vita e la propria lealtà in un paese e in una nazione, che nutrono delle ambizioni globali e che sono così isolati dalla loro stessa ricchezza e dal loro stesso potere che non si preoccu-pano di quanto possa accadere in qualsiasi luogo ... Gli industria-listi globali sono disposti ad andare dovunque e a distruggere qualsiasi cosa, finché ci sia un utile di mercato.”
Blau, Peter e Duncan, Otis D., The American Occupational Structure, New York 1967.
Bloom, Allan, The Closing of the American Mmd, New York 1987 [tr. it. La chiusura della mente americana, Frassinelli, Milano 1988]. Il libro che i liberali amano odiare. Merita più attenzione di quanta ne abbia ricevuta dalla sinistra accademica.
Blumin, Stuart, The !iistorical Study of Vertical Mobility, in “Histori-cai Methods Newsletter”. 1, 1968, pp. 1-13.
Brownson, Orestes, Recensione del Secondo Rapporto Annuale di Horace Mann, in “Boston Quarterly Review”, 1839, pp. 393-434.
—‘ The Laboring Classes, in “Boston Quarterly Review”, 1840, pp. 358-395 [tr. it. Le classi lavoratrici, in Il pensiero politico nell’età di Jackson, Il Mulino, Bologna 1961].
—, Qur Future Policy, in Brownson, Henry E (a cura di), The Works of Orestes A. Brownson, Detroìt 1883.
Burke, Martin Joseph, The Conundrum of Class: Public Discourse on the Sociai Order in America, dissertazione di dottorato, University of Michigan, 1987. Contiene molto materiale utile, che in gran parte sostiene la mia tesi per cui nell’America del diciannovesimo secolo la società non era concepita come una struttura gerarchica e l’opportunità non si identificava con la mobilità verticale.
Burns, Rex, Success in America: The Yeoman Dream and the Indu-strial Revolution, Amherst 1976. Contiene molto materiale di pri-ma mano che dimostra come nell’America del diciannovesimo se-colo l’opportunità non si identificava con la mobilità verticale.
Cadbury, Henry J., The Peril of Modernìzing Jesus, New York 1937. Una critica del vangelo sociale scritta da un punto di vista neo-or-todosso.
Carey, James W., Communication as Culture, Boston 1989. Fa final-mente un po’ di luce sulla polemica tra Lippmann e Pewey.
Channing, Henry, The Middle Class, in “The Spirit of the Age’, 15 set-tembre 1849, pp. 169-171.
Cheney. Lynn, American Memo?y: A Report on the Humanities in the Nation’s Public Schools, Washington 1990.
—‘Tyrannical Machines: A Report on Educational Practices Gone Wrong and our Best Hopes for Setting Them Rzght, Washington, 1990.
Chevalier, Michel, Lettres sur l’Amérique du Nord, Paris 1837 [tr. ingì. Society, Manners and Politics in the United States (a cura di) John William Ward, Garden City 1961]. Messo un po’ in ombra da quello di Tocqueville, il rapporto sull’eguaglianza di Chevalier è molto più acuto. L’autore è colpito soprattutto dall’eguaglianza civica (come la chiama Mickey Kaus) contrapposta all’eguaglianza di condizioni. La gloria dell’America, per Chevalier, è soprattutto quella di aver “iniziato” le classi inferiori all’alta cultura.
Chinoy, Elì, Automobile Workers and the American Dream, Garden City 1955. Sulle orme di Lloyd Warner, Chinoy identifica il sogno americano con la mobilità sociale.
Chudacoff, Howard, Mobile Americans: Residence and Social Mobility in Omaha, 1880-1 920, New York 1972.
Clark, Christopher, The Roots of Rural Capitalism: Western Massa chusets, 1780-1860, Ithaca 1990.
Cmiel, Kenneth, Democratic Eloquence: The Fight over Popular Speech in Nineteenth-Century America, New York 1990.
Colley, Linda, Britons: Forging the Nation, 1797-1837, New York 1992. Conant, James Bryant, Education for a Classless Society, in “Atlan-tic”, 165, maggio 1940, pp. 593-602. Una testimonianza fonda-mentale, che mette in luce il legame tra i concetti di meritocrazia e di mobilità sociale, nonché i I rapido impoverimento dell’ideale di una società senza classi.
Cooley, Charles H., Social Process, Boston 1907.
,Social Organization, New York 1909 [tr. it. L’organizzazione socia-le, Edizioni di Comunità, Milano 1963]. Cooley è stato uno dei primi commentatori della sua generazione a capire la distinzione tra democrazia e mobilità sociale, la cui funzione, spiegava, era solo quella di drenare talenti dalle classi lavoratrici.
Cox, Harvey, The Secular City, New York 1965 Etr. it. La città secolare, Vallecchi, Firenze 1968]. Il vangelo sociale aggiornato, con una leggera sfumatura terapeutica.
Croly, Herbert, Progressive Democracy ,New York 1914.
Dewey, John, The Public and Its Problems, New York 1927 [tr. it. Co-munità e potere, La Nuova Italia, Firenze 1971]. Una replica, in sostanza, alla critica denigratoria di Lippmann all’opinione pub-blica.
Dionne, E.J., Why Americans Hate Politics, New York 1991. Gli ame-ricani odiano la politica, conclude Dionne, perché tanto il sistema ideologico progressista quanto quello conservatore sono incapaci di affrontare i problemi che travagliano la vita quotidiana della gente. Né uno schieramento né l'altro rappresenta la volontà e l’elettorato. Invece di proporre una politica in grado di riflette-re la complessità dei problemi economici, sociali e morali che ci stanno di fronte, si chiede al pubblico di scegliere tra due ideolo-gie rivali, altrettanto astratte e prive di vitalità.
Edward, Jonathan, The Nature of True Virtue, Boston 1765. Forse il trattato morale più importante scritto da un americano. Merita numerose riletture.
Emad, Parvis, Max Scheler’s Phenomenology of Sha me, in “Philo-sophy and Phenomenological Research”, 32, 1972, pp. 361-370.
Emerson, Ralph Waldo, Society and Solitude (1870), in The Conduct ofLife, 1882 (oggi anche in McQuade, Donald (a cura di) Selected Writings of Emerson, New York 1981) [tr. it. Società e solitudine in La guida della vita, Paravia, Torino 1923].
Etzioni, Amitai, The Spirit of Community: Rights, Responsibilities and the Communitarian Agenda, New York 1993. Esemplifica be-ne punti di forza e debolezze del comunitarismo.
Follett, Mary Parker, The New State, New York 1918. Una testimo-nianza fondamentale sui rapporti di vicinato come matrice della vita civica.
Foner, Eric, Free Soil, Free Labor, Free Men: The Ideology of the Republican Party Before the Civil War, New York 1970. Fraintende Lin-coln, dipingendolo come fautore della teoria della mobilità sociale.
Frank, Lawrence, Society as the Patient: Essays on Culture and Perso-nality, New Brunswick, New Jersey 1948. Una tappa fondamenta-le nella trasformazione delle categorie morali e politiche in cate-gorie terapeutiche.
Friedman, Milton, Capitalism and Freedom, Chicago 1962, 1982 [tr.
it. Efficienza economica, Vallecchi, Firenze 1967]. In Friedman la volontà di ridurre tutto al mercato è temperata soltanto dalla sua ammissione per cui la partecipazione al mercato richiede almeno un minimo di responsabilità, di capacità di previsione e di dispo-nibilità al rinvio della gratificazione: tutte doti, si è tentato di ag-giungere, che brillano sempre più per la loro assenza.
Gates Henry Louis Jr., Let Them Talk, in “New Republic”, 20-27 set-tembre 1993, pp. 37- 49. Una critica brillante e vigorosa, per la penna di una delle principali autorità della cultura nera, del movi-mento per la regolarizzazione del “linguaggio ostile” (hate speech), e delle sue radici intellettuali nella cosiddetta teoria critica della razza, che, testualizzando ogni cosa, sembra condannare non tan-to il razzismo quanto l’espressione del razzismo. Notando le affi-nità tra teoria razziale critica e la “fiorente industria della guari-gione”, Gates conclude che “al centro vitale del movimento con-tro il linguaggio ostile c’è la seducente visione dello stato terapeu-tico”. “Il paradigma guarigione/sopravvivenza del gruppo “ag-giunge Gates”, porta a una contraddizione imbarazzante. Ci si di-ce che le vittime del discorso razzista guariscono — cioè, hanno più forza — quando apprendono di ‘non essere sole’ nella loro su-bordinazione, ma di essere subordinate in quanto gruppo. Ma ci si dice anche che quello che rende particolarmente nocivo il di-scorso razzista è il fatto di ridurre i singoli a membri di un grup-po subordinato. Il riferimento alla subordinazione del gruppo non può essere al tempo stesso il veleno e l’antidoto.
Geertz, Clifford, Ideology as a Cultural System, in The Interpretation of Cultures, New York 1973. Secondo Geertz, le ideologie sono in-dispensabili, persino utili. La critica dell’ideologia si basa su una fiducia ingenua nella scienza, che promette esplicitamente di eli-minare tutte le tracce di pensiero ideologico. La polemica contro l’ideologia, quindi, ricorda da vicino la polemica positivista con-tro la religione. E anche la religione, va ricordato, ha smentito le predizioni di una sua rapida eliminazione.
Gleason, Philip, Minorities (Almost) All: The Minority Concept in American Social Thought, in “American Quarterly”, 43, 1991, pp. 392-424.
Goodrich, Samuel (Peter Parley), Recollections of a Lifetime, New York 1856.
Gouldner, Alvin, The Future of Intellectuals and the Rise of the New Class, New York 1979.
Green, Martin, The Probleni of Boston, New York 1966. Interessante, tra l’altro, per l’analisi di come l’aristocrazia abbia abbandonato l’impegno civico ritraendosi in quel tipo di distacco critico rap-presentato da Henry Adams, Charles Eliot Norton e i loro amici.
Gregory, Frances W. e Neu, Irene D., The American Industrial Elite in the 1870’s, in Miller. William (a cura di), Men in Business, Cam-bridge 1952.
Griffen, Clyde, Making it in America: Social Mobility in Mid-Nine-teenth Century Poughkeepsie, in “New York History”, 51, 1970.
- ,The Study of Occupational Mobility in Nineteenth -Century Ameri-ca: Problems and Possibilities, in “Journal of Social History”, 5, 1972, pp. 3 10-330.
Hanson, E Allan, Testing Testing: Social Consequences of the Exami-ned Life, Berkeley 1993. “I test di intelligenza si propongono, fra l’altro, di promuovere l’uguaglianza delle opportunità, ma capita spesso che i punteggi siano perfettamente correlati al livello dei redditi familiari: chi ha il punteggio maggiore dispone di un red-dito maggiore e chi ha un punteggio inferiore viene da una fami-glia con un reddito inferiore alla media.” In altre parole, il siste-ma dei test rafforza la distribuzione esistente della ricchezza e del potere, invece di promuovere una vera meritocrazia. Come molti altri, Hanson si limita ad attaccare i privilegi ereditari, senza chie-dersi se la meritocrazia non sia una soluzione ancora peggiore.
Heller, Eric, Man Ashamed, in “Encounter”, 42, febbraio 1974, pp. 23-30.
Hobsbawm, E.J., The Age of Revolution, 1789-1848, New York 1948 [tr. it. Le rivoluzioni borghesi 1789-1848, Il Saggiatore, Milano 1963]. Contiene materiali utili sul concetto di “carriera aperta al talento” e sul nazionalismo della borghesia.
Hofstadter, Richard, The American Political Tradition, New York 1948 [tr. it. La tradizione politica americana, Il Mulino, Bologna 1980]. Il punto di vista di Hofstadter su Lincoln è evidente fin dal titolo del saggio che gli dedica: Abraham Lincoln and the Self-Made Myth. Anche su questo punto, l’autore ha avuto molti seguaci.
Hopkins, Richard, Occupational and Geographical Mobility in Atlan-ta, 1870-1890, in “Journal of Southern History”, 34, 1968, pp. 200-213.
Horney, Karen, The Neurotic Personality of Qur lime, New York 1937.
Howe, Frederic C., The City: Hope ofDemocracy, New York 1905.
Howe, Irving, The World of Qur Fathers, New York 1976.
Jacobs, Jane, The Death and Life of Great American Cities, New York 1961. Lo stato di salute di una città, secondo la Jacobs, dipende dalla vitalità dei suoi quartieri e la sostituzione delle tecniche di autoassistenza informale (self-help) con quelle professionali mette in crisi la capacità delle comunità di quartiere di prendersi cura di sé.
Jacoby. Russell, The Last Intellectuals, New York 1987. La storia del declino degli intellettuali pubblici e dell’ascesa degli specialisti in grado di comunicare solo fra di loro.
—‘Dogmatic Wisdom: How the Culture Wars Have Misled America, New York 1994. Diversamente dalla maggior parte degli studi sull’educazione superiore, non limita la sua attenzione alle istitu-zioni di élite, anche se ha molto da dire sull’arroganza di quanti vi lavorano.
James, William, Varieties of Religious Experience, New York 1902 Etr.
it. Le varie forme dell’esperienza religiosa, Bocca, Torino 1904]. La più significativa delle opere di James e la più cara al suo cuore, quella che conferma l’osservazione secondo cui la religione era stata l’interesse centrale di tutta la sua vita. Collega i primi studi psicologici dell’autore con la successiva definizione della filosofia del pragmatismo. Chiunque conosca davvero Le varie forme non si lascerà più ingannare dall’apparente filisteismo della dichiara-zione jamesiana secondo cui le idee vanno giudicate secondo il loro “valore in contanti”.
Jay, Martin, Class Struggle in the Classroom? The Myth of American Seminarmarxism, in “Salmagundi”. 85-86 (inverno-primavera 1990, pp. 27-32.
Jung, C.G., Modem Man in Search of a Soul, New York 1933. Come Freud, Jung non era soltanto uno psicoanalista, ma un moralista; ma la sua religiosità esoterica e gnostica non aveva nulla in co-mune con lo stoicismo freudiano. Jung credeva che rivolgendosi all’inconscio collettivo, a quel flusso di pensiero sotterraneo con-servato nella mitologia, nel folklore e nella saggezza cabalistica, l’uomo moderno potesse attingere al conforto della religione sen-za smettere di essere moderno.
Kaelble, Hartmut, Social Mobility in the Nineteenth and Twentieth Centuries, Dover, New Hampshire 1985.
Karen, Robert, Shame in “Atlantic”, 269, febbraio 1992, pp. 40-70.
Kaus, Mickey, The End of Equality, New York 1992. Distingue tra eguaglianza civica e “eguaglianza del denaro” e insiste sulla ne-cessità di dare più importanza alla prima.
Kazin, Alfred, A Walker in the City, New York 1951.
Kerckhoff, Alan C., The Current State of Social Mobility Research, in “Sociological Quarterly”, 25, 1984, pp. 139-154.
Kimball, Roger, Tenured Radicals, New York 1990. Una polemica uti-le, ma unilaterale, contro la sinistra accademica, in nome della difesa del fondazionalismo.
Klein, Melanie, Love, Guilt and Reparation. New York 1975 [tr. it. Amore, odio e riparazione, Astrolabio, Roma 1969].
—‘Envy and Gratitude, New York 1975 [tr. it. Invidia e gratitudine, Martinelli, Firenze 1969]. L’opera della Klein mette in luce le ric-che implicazioni morali inerenti ai concetti psicoanalitici. Per questo non è stato facile assimilarla alla cultura terapeutica resa popolare da revisionisti come Karen Horney e Lawrence Frank. La psicoanalisi ha non poche responsabilità per il trionfo del tera-peutico, ma, come risulta chiaro nel caso della Klein, ha espresso anche dei concetti in base ai quali è possibile esprimere un giudi-zio critico sulla stessa cultura terapeutica.
Krutch, Joseph Wood, The Modem Temper, New York 1929. Il lamen-to di Krutch sul disincanto moderno si fondava sul falso assunto che la religione offrisse un sistema morale completo ed esaustivo e che ciò rendesse possibile l’illusione consolatoria per cui l’uomo è al centro dell’universo.
Lerner, Michael, Surplus Powerlessness, Oakland 1986. Una prima formulazione della lerneriana “politica del significato”, cioè della compassione per le vittime.
Levins, George (a cura di), Speaking for the Humanities, New York 1958.
Lewis, Michael, Shame: The Exposed Self, New York 1992.
“Liberator”, 19 marzo, 26 marzo, 9 luglio, 1 ottobre 1847. Garrison e Phillips sulla “schiavitù del salario"
Lincoln, Abraham, Collected Works, a cura di, Roy P. Basler, New Brunswick, New Jersey 1953 (l’importante messaggio alla Wi-sconsin State Agriculture Society si trova nel terzo volume, pp. 471-482). Cfr. Scritti e discorsi, in Il pensiero politico nell’età di Lincoln, Bologna 1962.
Lippmann, Walter, Liberty and The News, New York 1920.
—‘Public Opinion, New York 1922. Come in altri studi sullo stesso argomento, Lippman qui sostiene che l’opinione pubblica è emoti-va e irrazionale e non può quindi pretendere di guidare la politica.
—‘The Phantom Public, New York 1925.
Lippmann, Walter e Merz, Charles, A Test of the News, in “New Re-public”, 23 (supplemento al numero del 4 agosto 1920).
Lipset, Seymour Martin e Bendix, Richard, Social Mobility in Indu-strial Society, Berkeley 1959 [tr. it. La mobilità sociale nella società industriale, Etas Libri, Milano 1975].
Lynd, Helen’Merrell, On Shame and the Search of Identity, New York 1958.
Lynd, Robert 5. e Lynd, Helen Merreli, Middletown in Transition, New York 1937 [tr. it. in Middletown, 2 voli., Edizioni di Comu-nità, Milano 1970].
Mannheim, Karl, The Democratization of Culture, 1932 [oggi in Kurt H. Wolff. (a cura di), From Karl Mannheim, New York 1971, pp. 271-346]. Secondo Mannheim, l’eliminazione della “distanza ver-ticale” ci lascia alle prese con un mondo piatto, disincantato e fa insorgere il “problema dell’estasi”, l’incapacità — cioè — di provare interesse per qualsiasi cosa vada oltre l’orizzonte immediato di ciascuno. Mannheim pensa anche che in questa situazione si pos-sano stabilire nuovi rapporti, più autentici e non mediati, tra uo-mini e donne, ma questa assicurazione in extremis non suona molto convinta.
Mathanson, Donald L., Shame and Pride: Affect, Sex and the Birth of the Self, New York 1992. Un esempio tipico di secolarizzazione della vergogna, che qui è spogliata di tutte le sue associazioni mo-rali e religiose e ridotta a deficienza di autostima.
Mead, Margaret, Cooperation and Competition among Primitive Peo-ples, New York 1937.
Meyrowitz, Joshua, No Sense of Place, New York 1985. Uno dei mi-gliori studi sulla televisione e la sua influenza nel distruggere il senso dell’appartenenza a una località.
Miller, Mark Crispin, Boxed In: The Culture of TV, Evanston 1988.
Miller, William, American Historians and the American Business Eh-te, in “Journal of Economic History”, 9, 1949, pp. 184-200.
Mills,C. Wright, The American Business Elite: A Collective Portrait, in “Journal of Economic History”, dicembre 1945, suppl. 5 (The Task ofEconomic History), pp. 20-44.
Morris, Herbert (a cura di), Guilt and Shame, Belmont, California 1971.
Newman, Charles, The Post-Modern Aura, Evanston 1985.
Nichols, Michael P., No Place to Hide: Facing Shame So We Can Find Self-Respect, New York 1991.
Nietzsche, Friedrich, Menschliches Allzumenschliches, Mùnchen 1886 [tr. it. Umano, troppo umano, Adelphi, Milano 1965].
O’ Connor, Flannery, Collected Works, a cura di Sally Fitzgerald, New York 1988. In una lettera del 6 settembre 1955, la O’ Connor os-serva che “il mondo intero sembra immerso in una notte oscura dell’anima"
Oldenburg, Ray, The Great Good Place: Cafes, Community Centers, Beauty Parlors, General Stores, Bars. Hangouts and How They Get You Through the Day, New York 1985.
Ortega y Gasset, José, La rebeliòn de las masas, Madrid 1929 [tr. it. La ribellione delle masse, Il Mulino> Bologna 1962].
Packard, Vance, The Hidden Persuaders, New York 1957 [tr. it. I per-suasori occulti, Einaudi, Torino 1958].
Parker, William Belmont, The Life and Public Services ofJustin Smith Morrilì, Boston 1924.
Pessen, Edward (a cura di), Three Centuries of Social Mobilities in America, Lexington, Massachusetts 1974.
Phillips, Kevin, The Politics ofRich and Poor, New York 1991.
Piers, Gerhart e Singer, Milton B., Shame and Guilt: A Psychoanalytic Study, New York 1953.
Podhoretz, Norman, Making lt, New York 1967.
Rantoul, Robert, An Address to the Workingmen of the United States of America, in Hamilton, Luther (a cura di), Memoirs. Speeches and Writings of Robert Rantoul Jr., Boston 1854.
Reich, Robert B., The Work of Nations, New York 1992. Notevole per l’analisi della “secessione” della classe colta, il libro di Reich è vi-ziato da una raffigurazione eccessivamente rosea, quasi servile, della stessa classe.
Rieff, David, Los Angeles: Capital of the Third World, New York 1991. Un’analisi persuasiva della permeabilità dei confini nazionali e delle sgradevoli implicazioni di questo nuovo fenomeno, compre-sa la perdita del senso di appartenenza a un luogo.
—‘Multiculturalism’s Silent Partner, in “Harper’s”, agosto 1993, pp. 62-72. “Entrambe le parti, nell’interpretare il potere del multicul-turalismo, hanno commesso lo stesso errore: quello di vedervi una minaccia al sistema capitalistico.” In effetti, sostiene Rieff, è un’ideologia particolarmente adatta alle esigenze del capitalismo in un mondo senza confini. In particolare, rappresenta “l’abdica-zione del giudizio” morale ed estetico, in favore delle “regole del mercato”.
Rieff, Philipp, Freud: The Mmd of the Moralist, Chicago 1959, 1979 [tr. it. Freud moralista, Il Mulino, Bologna 1968]. Definendo Freud un moralista, lo si inserisce in una lunga tradizione di ri-cerca morale e religiosa: quella stessa tradizione umanistica, co-me Rieff dimostra qui e altrove, che la psicoanalisi si è tanto sfor-zata di sovvertire.
—‘The Triumph of the Therapeutic, New York 1966 [tr. it. Gli esiti del-la fede dopo Freud. Il trionfo della terapeutica in Freud, Jung, Reich e Lawrence, Ili, Milano 1972].
—‘Fellow-Teachers, Chicago 1972, 1985.
—‘The Feeling Intellect: Selected Writings, a cura di Jonathan Imber, Chicago 1990. Certi temi fissi ricorrono in tutta l’opera di Rieff: il declino della religione, la sostituzione della visione religiosa del mondo con una visione terapeutica, la bancarotta intellettuale e morale di quest’ultima. Prima dell’Illuminismo, secondo Rieff, l’essenza della civiltà occidentale si incarnava materialmente e simbolicamente nella cattedrale; nel diciannovesimo secolo, nel palazzo del parlamento; oggi, nell’ospedale.
Riezler, Kurt, Shame and Awe, in Man: Mutable and Immutable, New York 1951.
Rorty, Richard, Post-Modernist Bourgeois Libera lism, in “Journal of Philosophy”, 80, 1983, pp. 583-589. Il mondo come un “bazar kuwaitiano”.
Ross, Edward Alswort, Social Control: A Survey of the Foundation of Order, New York 1901.
Rotenstreich, Nathan, On Sha me, in “Review of Metaphysics”, 19, 1965, pp. 55-86.
Ryan, William, Blaming the Victim, New York 1971.
Schneider, Cari D., Shame, Exposure and Privacy, Boston 1977.
Siracusa, Cari, A Mechanical People: Percep tions of the Industriai Or-der in Massachusetts 1815-1880, e own, Connecticut 1979. Proietta nel diciannovesimo secolo la tendenza contemporanea a confondere l’opportunità con la mobilità, dando per scontato che gli americani del secolo scorso identificassero l’una con l’altra, proprio come noi.
Sleeper, Jim, The Closest of Strangers: The Politics of Race in New York, New York 1990. La politica dell’identità, secondo Sleeper, ha incoraggiato gli atteggiamenti ideologici e razziali, determinando una situazione di stallo in cui le classi privilegiate mantengono il loro potere a spese della gente comune di tutte le razze.
—‘The End of the Rainbow, in “The New Republic”, 1~ novembre 1993, pp. 20-25. Ulteriore riflessione sulla politica dell’identità razziale e sul programma della Coalizione Arcobaleno, che “pre-suppone la vittimizzazione da parte del razzismo bianco”. La nuova immigrazione, cambiando il profilo razziale delle grandi città, può determinare, secondo Sleeper, una vera politica multi-razziale, che non sia più dominata dall’opposizione polarizzata tra bianchi e neri. “Molti dei nuovi arrivati diffidano della pola-rizzazione e delle rigide definizioni che la politica razziale com-porta tanto spesso, come l’istituzione di scuole solo per neri, la ri-definizione dei distretti su base razziale, l’azione affermativa a li-vello municipale, le quote e i curricula multirazziali.”
A Sociologist Looks at an American Community, in “Life”, 12 settem-bre 1949. Questo profilo di Rockford, Illinois, basato sull’opera di W. Lloyd Warner, ~a contribuito a rendere popolare il concetto di mobilità sociale.
Steinem, Gloria, Revolution from Within: A Book of Self-Esteem. Bo-stòn 1992 [tr. it. Autostima, Rizzoli, Milano 1995]. Anche se qual-che femminista l’ha criticato come un abbandono della politica, il nuovo programma di Steinem non sfugge alla critica di banaliz-zare il concetto di colpa e di voler sostituire un quadro valori te-rapeutico a quello religioso e morale: l’unico che può dare un sen-so a concetti come quelli di colpa e di vergogna.
Tawney, R H., Equality, New York 1931 [tr. it. in Opere, a cura di Franco Ferrarotti, Utet, Torino 1975]. Uno dei pochi testi che co-glie la differenza tra eguaglianza e meritocrazia.
Thernstrom, Stephan. Poverty and Pro gress: Social Mobility in a Nineteenth-Century City, Cambridge 1964 [tr. it. Classe e mobilità in una città dell’ottocento, in Classe, potere e status: la mobilità socia-le, Padova 1972]. Storicizza la teoria della mobilità sociale di Lloyd Warner.
,The Other Bostonians, Cambridge 1973.
,Working Class Sociai Mobility in Industrial America, in Richter, Melvin (a cura di), Essays in Theory and History, Cambridge 1970.
Turner, Frederick Jackson, The Frontier in American History, New York 1958 [tr. it. La frontiera nella storia americana, Il Mulino, Bo-logna 1959]. Questa raccolta contiene il saggio Contributions of the West to American Democracy (Il contributo dell’Ovest alla de-mocrazia americana) in cui il termine “mobilità sociale” compare per la prima volta, a quanto mi risulta, nella scienza sociale ame-ricana.
Walsh, W.W., Pride, Shame and Responsibility, in “Philosophical Quarterly”, 20, 1970, pp. 1-13.
Warner, W. Lloyd, American Life: Dream and Reality, Chicago 1953, 1962. Gli studi di Warner sulla mobilità sociale hanno avuto mol-to seguito, contribuendo all’equivoco dell’identificazione tra mo-bilità e democrazia: un errore fatale, le cui ripercussioni sono di lunga portata.
- Meeker, Marcia e Eels, Kenneth, Social Classes in America, Chica-go 1949. Qui, come altrove, Warner avanza la tesi per cui “l’edu-cazione oggi compete con la mobilità economica [vale a dire, oc-cupazionale] per il ruolo di via maestra verso il successo... L’uo-mo mobile prudente deve prepararsi mediante l’educazione, se vuole raggiungere una posizione importante e fornire alla sua fa-miglia il denaro e il prestigio necessari per ottenere ‘il meglio del-la vita”’.
— et al., Democracy in Jonesville, New York 1949.
Weber, Max. Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, 1904 [tr. it. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze 1965].
Westbrook, Robert, John Dewey and American Democracy, Ithaca, 1991.
Whitman, Walt, Democratic Vistas, Washington 1871.
Wilde, Oscar, De Pro fundis, London 1905 [tr. it. Mondadori, Milano
1958].
- The Soul of Man under Socialism, in Intentions and the Soul of
Man, London 1911 [tr. it. L’anima dell’uomo sotto il socialismo,
Tea, Milano 1989].
Wolfe, Alan, Whoose Keeper? Social Science and Moral Obligation, Berkeley 1989. Cercando a tentoni un’alternativa tanto al mercato quanto al superstato, Wolfe cerca, non sempre con successo, di ri-portare a nuova vita il concetto di “società civile”.
Wood, Gordon 5., The Creation of American Republic 1776-1787, Chapel Hill 1968.
,The Radicalism of the American Revolution, New York, 1992.
Wriston, Walter, The Twilight of Sovereignity, New York 1992. “Coloro che partecipano pienamente all’economia dell’informazione ne traggono i massimi benefici ... Essi sentiranno una maggiore affi-nità sia verso gli altri conservazionalisti globali che verso i loro concittadini che non sono ancora inseriti nella conversazione glo-bale.”
Wurmser, Leon, The Mask of Shame, Baltimore 1981. Il migliore dei molti studi psicoanalitici sull’argomento.
Young, Michael, The Rise of the Meritocracy, London 1958, New York 1959 [tr. it. L’avvento della meritocrazia 1870-2053]. Questo ro-manzo antiutopistico resta ancora a tutt’oggi l’opera che meglio affronta un argomento stranamente trascurato e che meglio evi-denzia le profonde implicazioni antidemocratiche dell’ideale me-ritocratico.