VISTA LA SECONDA, LA PRIMA REPUBBLICA E' IL PARADISO di Emanuele Macaluso, il Riformista 13 novembre 2007

27 novembre 2007

VISTA LA SECONDA, LA PRIMA REPUBBLICA E' IL PARADISO di Emanuele Macaluso, il Riformista 13 novembre 2007

Berlusconi insiste nel dire che se c'è crisi di governo spetta a lui dire cosa deve o non deve fare il presidente della Repubblica. L'uomo, evidentemente, non ha il senso del limite e nemmeno del ridicolo. Tratta questioni costituzionali con la stessa disinvoltura con cui racconta barzellette ai suoi ascoltatori che a turno si predispongono ad estasiarsi. Abbia pazienza, Cavaliere. Lei tra l'altro non è più il "capo dell'opposizione" come ama definirsi, anche perché le opposizioni sono più di una e tutte legittime. Un po' meno quella fascisteggiante di Storace che la ha tanto entusiasmata e che lei ha aiutato. Ma neppure la maggioranza è una sola: non è più l'Unione, ma un insieme di partiti, di gruppi, gruppetti e persone. L'Italia, quindi non può reggere con questa maggioranza e questa opposizione. Il bipolarismo coatto non ha favorito la governabilità e ha premiato la frantumazione. Il fatto su cui ragionare oggi è l'iniziativa di Veltroni di riaprire in concreto un confronto sulla legge elettorale con una proposta nuova - la proporzionale senza premio - che trova consensi e dissensi nei due schieramenti. Anche questo conferma che le coalizioni sono disarticolate e che i vari gruppi hanno posizioni molto diverse non solo sul futuro della legislatura ma sulla riorganizzazione del sistema politico italiano. In questo quadro confuso, la proporzionale è lo strumento di "verifica" più onesto per riqualificare le forze politiche nel momento in cui tutte convocano "costituenti" per ridarsi una identità. Una verifica che va affidata al popolo. E non è vero che non si possono, prima delle elezioni, indicare alleanze, schieramenti e candidati alla presidenza del consiglio: basta volerlo. All'inizio degli anni Sessanta, quando si chiuse la stagione del centrismo, quella di centrosinistra fu annunciata con congressi e patti elettorali. Quando nel 1976 il centrosinistra esaurì il suo ciclo, Moro, De Martino e La Malfa lo annunciarono e i governi di solidarietà nazionale furono al centro di decisioni politiche pubbliche, così come la fine di quella stagione, col congresso della Dc vinto da Forlani; contestualmente nella stessa direzione si mosse Craxi. In quegli anni la durata dei governi spesso, non sempre, fu breve per la lotta politica all'interno dei partiti della coalizione. Come avviene anche oggi, col maggioritario. Se c'è la crisi, quindi, si faccia il possibile e il necessario per contemperare le esigenze di rappresentatività e di governabilità, con accorte modifiche costituzionali, già abbozzate alla Camera, e una legge elettorale che dia ai cittadini il diritto di scegliere, schieramento, partito e persona, negato con la "porcata". Berlusconi dice che il presidente della Repubblica, qualora a questo governo venisse a mancare la fiducia, non potrebbe dare un incarico a un'altra persona perché il nome dell'attuale presidente del Consiglio sarebbe stato indicato nella scheda elettorale. Questo cancellerebbe il diritto-dovere del capo dello Stato - come è scritto nella Costituzione - di verificare se il Parlamento è in grado di esprimere un governo istituzionale per la riforma elettorale prima di scioglierlo? È una tesi assurda. Invece è necessario passare dagli annunci alle proposte concrete: Veltroni le metta nero su bianco e apra un reale confronto. Il professor Guzzetta leader dei referendari ha dichiarato che con la proposta di Veltroni «si ripropone all'Italia la Prima Repubblica». Non è augurabile, ma in ogni caso sarebbe un paradiso dopo avere sperimentato la cosiddetta Seconda Repubblica.

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