VERSO IL CONGRESSO, di Roberto Biscardini, dall'Avanti! del 18 aprile
05 maggio 2010
Riccardo Nencini dalle pagine del ultimo numero dell’Avanti ha aperto la fase preparatoria del prossimo Congresso.
Considero centrali tre questioni, con l’obiettivo di definire nelle prossime settimane una piattaforma comune, per evitare le divisioni che ridussero il congresso di Montecatini ad una inutile contrapposizione di rapporti interni.
Primo. Chi ritiene essenziale l’esistenza di una forza politica di ispirazione socialista nel nostro paese, ma nega (più o meno esplicitamente) che questa possa essere identificata nel PSI, di ieri, di oggi e di domani, ha il dovere di proporre l’autoscioglimento del partito e di assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Chi come noi, d’altra parte, ritiene che non si possa avere una cultura e una politica socialista senza un partito che formalmente le rappresenta, ha il dovere di misurarsi con le sue debolezze e le sue insufficienze, indicando una linea di rilancio dell’iniziativa politica.
Secondo. Dobbiamo evitare, anche nel prossimo congresso, il perdurare di un equivoco che ci trasciniamo da più di un decennio. E cioè la convivenza nello stesso partito tra coloro che pensano che l’idea socialista possa vivere e possa persino avere più successo da un'altra parte, nel PDL, nel PD come in SEL, e chi, come noi, non ci crede. Anzi crede persino nell’opposto. E i fatti lo dimostrano: nulla di socialista è nato, in questi anni, da coloro che hanno pensato di andare a far germogliare la pianta del socialismo in un altro partito. Non è successo per chi è andato nel PDL e non è successo per chi, fin dal 1994, andò in quello che oggi si chiama PD. Quindi, continuare a tenere insieme chi pensa al PSI come forza autonoma e chi non ci crede, ma ci sta per altre ragioni e altri interessi, rischia di diventare autodistruttivo. Anzi chi “non ci crede o non ci ha mai creduto” non fa altro che indebolire l’iniziativa del partito. Chi “non ci crede”, ma rimane in attesa di tempi migliori, non crea le condizioni perché si possa lavorare insieme ricostruendo il valore della “comunità” e confonde la prospettiva politica del partito, tutta da costruire, con la prospettiva di finire altrove.
Terzo. Anche alla luce dei risultati, emerge che sul piano elettorale il partito è sostanzialmente fermo ad una percentuale che oscilla tra l’uno e il due per cento dal 1994 ad oggi. E la nottata non è passata. Nello stesso tempo, fatte le debite proporzioni, le difficoltà dei socialisti sono parte più generale delle difficoltà dell’intero centrosinistra. E i dati del Nord lo dimostrano in modo evidente. In questa situazione, il prossimo congresso non può avere per tema il dibattito sulle “prospettive”, se con ciò si intende discutere “con chi ci alleiamo o dove portiamo il partito”. Puntare su chi, per andare con, non ha molto senso. Ciò non farebbe che dividere, in modo devastante e persino ridicolo, i sostenitori dell’alleanza con il PD, da quelli che la vorrebbero con Vendola o con Casini, da coloro che pensano che prima viene la politica e poi le alleanze. Di conseguenza il congresso non può avere per tema neppure la creazioni di ipotetiche federazioni, quella con i piccoli partiti, quella con SEL o quella con il PD. Anche questa opzione aprirebbe solo un dibattito divisivo e dissolutorio. Il punto è un altro e riguarda la capacità concreta e l’esame delle risorse umane a disposizione per un’iniziativa di rilancio del PSI, come alternativa ad un lento declino. Una linea da perseguire con coraggio e con la barra dritta fino al 2013, convinti di poter arrivare “vivi” a quel appuntamento. Solo allora, anche in ragione della legge elettorale che avremo di fronte, si porrà il tema delle alleanze. Ma se non saremo nulla o non avremo costruito nulla, il problema delle alleanze non si porrà neppure.
Quindi. Perfezionare un progetto politico chiaro. Essere per prima cosa quelli che stanno nel centrosinistra per cambiarlo. Per trasformarlo in una forza socialdemocratica, come lo sono le forze del socialismo europeo. Stare nel centrosinistra con la propria autonomia e le proprie diversità. Se necessario, polemizzando e scontrandoci. Perché se non si cambia, non si vince. Stare nel centrosinistra per qualcosa, non contro qualcuno. Ma contro l’idea che si abbiano solo due alternative, una peggio dell'altra: battere Berlusconi per via giudiziaria o allearsi con la Lega contro il PDL.
Perfezionare una proposta programmatica. Puntare sul rilancio dell’iniziativa del partito, intorno a poche proposte forti e ben identificabili. Da sostenere con continuità. Riconoscibili. Caratterizzanti. Per aprire nuovi varchi di interlocuzione con l’opinione pubblica e i media. Non partiamo da zero. Sul lavoro, sulle riforme istituzionali e sul terreno delle politiche sociali abbiamo le carte in regola per farci sentire. Porre la questione settentrionale insieme a quella socialista.
Perfezionare un diverso modo di essere partito. Un partito che sa riorganizzare e consolidare al centro un gruppo dirigente nazionale. Solidale e unito. Che si giochi la faccia e la “vita” da qui al 2013 per l’affermazione del partito. Che non anteponga interessi o aspettative locali, pur legittime, agli interessi dell’unità organica del partito nazionale. Un gruppo dirigente nazionale, non in quanto sommatoria di rappresentanze locali, come è stato sostanzialmente finora, ma proprio perché nazionale, capace di promuovere nuovi gruppi dirigenti locali e nuove energie.
Insomma recuperare autonomia e riorganizzare il partito al meglio delle sue possibilità. Non farlo morire.