VENT'ANNI DOPO. LA FUMETTOPOLI VELTRONIANA E LE MONETINE A CRAXI. LA STORIA TRISTE DI UN PAESE CHE NON VUOL CRESCERE, di Stefano Bettera, del 24 gennaio 2011
12 febbraio 2011
Ha parlato di tutto, citando non si sa quante volte la parola giovani e la parola sogno. Un discorso pieno di citazioni, quello di Veltroni, di istantanee del passato e del presente, di suggestioni e spunti. Un patchwork di idee culminato nell'immancabile "basta a tutti gli ismi" e viva il nuovo, viva i riformisti democratici. Un trionfo di categorie talmente vaste e stiracchiate da comprendere ogni prospettiva senza abbracciarne alcuna e approfondirne neanche mezza. Un minestrone stucchevole di retorica giovanilistica e post politica in cui mancavano solo Batman e Robin e l'Olimpo dei miti adolescenziali era completo. Ma di politica, la politica delle idee, anche ostiche ma profonde, vitali, scomode, neppure l'ombra. Il discorso di Veltroni al Lingotto è stato il melange del solito Veltroni. Un'ora di banalità concatenate con una velocità verbale studiata per non consentire spazi alla domanda "ma perchè?". Tanto la risposta sarebbe quella di sempre "ma anche". I giovani, i giovani, i giovani, il rinnovamento, il coraggio del riformismo e dell'essere democratici. Una categoria del pensiero tanto vacua che nessuno, in fondo, può mettere in discussione. Una posizione che non è una posizione e non aggiunge nulla a quanto già sappiamo. Un alibi per tenere insieme tutto e niente. Largo ai giovani. Un'ipocrisia intellettuale e politica che annulla qualunque criterio meritocratico. Perchè impostata su una logica, quella anagrafica, che di per sè non significa nulla. Ma tanto si sposa con l'olimpo adolescenziale veltroniano da garantire il fatto che, dopo vent'anni, è sempre ancora lui su quel palco e sedute in prima fila le stesse facce di vent'anni fa. Stesso giorno, luogo diverso. A Lissone, in provincia di Milano, si inaugura una piazza a Bettino Craxi. Presente la figlia Stefania e altri socialisti. Dopo due decenni stessa scena dell'hotel Raphael. Dalle mani di alcuni militanti dell'Italia dei Valori e del Pd volano le monetine. Un gesto stupido, inopportuno, soprattutto inattuale. Un gesto figlio di un rancore "involuto" incapace di qualunque elaborazione. Vent'anni fa poteva essere legato ad un quadro di esasperazione sociale. Oggi é solo un gesto estetico, quasi dannunziano e altrettanto vuoto e disperato. Ancor più è il fallimento di una parte della sinistra ancora oggi incapace di leggere il mutare dei tempi e di interpretare le reali emergenze sociali. Urlare e "sparare nel mucchio" faceva comodo nel 1991 ma, oggi, é solo una triste messa in scena strumentale. È la faccia di un'Italia rimasta ferma, tanto stordita da anni di cultura berlusconiana e televisiva da non essere capace di andare oltre rappresentazioni da fumetto e semplificazioni tanto elementari. La Russa non c'era. Avrebbe completato il quadro di questo paese ancora indignato da tirare monetine ma cosí ben disposto ai bunga bunga. Un paese che non é mai cresciuto e invece che assumersi la responsabilitá di guardarsi dentro, come un eterno Peter Pan aspetta ancora un incantatore, un "padre rassicurante" che gli racconti la fiaba della buona notte.
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