VELTRONI E LA SANTA ALLEANZA di Emanuele Macaluso da Il RIformista del 14 Luglio
21 settembre 2011
Gran titolo sull’Unità di martedì scorso: «Veltroni, Vendola e Di Pietro insieme per il Mattarellum». La Santa Alleanza, che ha dato le sue prove migliori nell’ultima crisi di governo, nel 2008, consegnandolo al Cavalier Berlusconi, è stata «benedetta da Romano Prodi», assicura il quotidiano del Pd. Il quale ci informa che i quesiti referendari sono stati firmati da Antonio Di Pietro, Stefano Ceccanti, Gennaro Migliore, Arturo Parisi, Salvatore Vassallo e Gad Lerner. Assente giustificato Turigliatto. Ma, c’è un’altra notizia da non perdere: non c’è la firma di Veltroni. Il quale, dopo avere promosso l’evento, presentato solennemente anche in Tv, dichiara di non aver firmato i quesiti per rispettare la “moratoria” chiesta da Bersani. Ma del referendum si definisce «sostenitore attivo». L’ipocrisia è un ingrediente della politica, ma non sino a questo punto: solo Walter poteva toccare queste vette. Come è noto il povero Bersani, visto che i notabili del Pd si erano divisi in sostenitori del referendum Passigli e di quello Veltroni, aveva chiesto una “moratoria”. Anche questa è un’ipocrisia, ma più comprensibile. Ora siamo punto e daccapo. Scrivo non per ricordare le virtù di Veltroni, ma perché, pur non avendo aderito al Pd, nella situazione di oggi lo sfascio di questo partito riduce a zero l’alternativa alla destra di Berlusconi. Intanto è bene mettere in chiaro che non c’è una competizione per decidere una legge elettorale. Questa è la facciata. E non si tratta di scegliere tra bipolarismo e proporzionale puro: una palese falsificazione. La verità è che le firme per ripristinare il mattarellum, di Veltroni, Vendola, Di Pietro (manca Ferrero, ma si assocerà), definiscono un’alleanza. E la definiscono prima di dire qual è il programma: a scatola chiusa. Anche perché è stato detto che con questa iniziativa si vuole sbarrare la strada ad ogni intesa tra Pd e il Centro. Nella conferenza stampa, Veltroni su questo punto è stato chiaro: «Nessuno di noi ha titolo di parlare per il Pd, ma penso che sia bene che le diverse forze che possono costruire uno schieramento alternativo al centro destra si ritrovino insieme in una proposta che rafforza il bipolarismo». Il quale, anche dopo l’esperienza di questi anni, viene presentato come il toccasana di tutti i mali della democrazia. Le alleanze che prefigurino un governo e un leader si possono fare solo con il bipolarismo coatto? Non è vero. La lunga e consolidata esperienza tedesca lo smentisce. Ma oggi il punto è un altro. Il Pd, in questi mesi arroventati, ha guadagnato consenso, ma non ha definito una politica e un sistema di alleanze. Le difficoltà sono evidenti. Recentemente, nel Pd, sulla Tav e l’accordo sindacale, si sono manifestati dissensi con la “sinistra” (Sel e Idv); sul testamento biologico e altro il dissenso è con “il centro” (Casini, Fini e Rutelli). Più volte Bersani ha detto che le alleanze si verificheranno sul programma. Con una crisi economico-sociale di dimensioni imprevedibili, però è il momento di mettere le carte in tavola su tutto. Soprattutto su come affrontare questa crisi. Se Bersani non lo farà ci saranno tanti Veltroni da una parte e dall’altra che paralizzeranno e penalizzeranno il suo partito.
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