UNIVERSITÀ, QUANDO LA PRIVATIZZAZIONE È STRISCIANTE di Maria Rosaria Cuocolo

24 maggio 2011

UNIVERSITÀ, QUANDO LA PRIVATIZZAZIONE È STRISCIANTE di Maria Rosaria Cuocolo

La legge Gelmini (la legge n.240 del 30 dicembre 2010) sta, ormai, entrando nel vivo del suo articolato, sia per quanto concerne l’aspetto economico che per quello organizzativo - gestionale. Partiamo da quest’ultimo.
In tutti gli atenei si stanno insediando, per l’adeguamento al nuovo testo di legge degli attuali statuti universitari, gli “appositi organi” composti, per dettato normativo, dal rettore con funzioni di presidente, da due rappresentanti degli studenti, da sei componenti (latu sensu) designati dal senato accademico e sei componenti designati dal consiglio di amministrazione. L’effetto che tale insediamento sta producendo, nella stragrande maggioranza dei casi, non è quello di avviare un momento alto di “costituente universitaria”, dove, in maniera paritetica, le rappresentanze delle varie componenti di ateneo – ordinari, associati, ricercatori, personale tecnico-amministrativo, dirigenti – democraticamente eletti, siano chiamate a partecipare e contribuire a tale stesura, ma è quello di dare vita ad un gruppo di lavoro dove, nella prevalenza dell’oligarchia ordinariale più ortodossa possibile alle volontà del rettore, si scelgano i principi ordinamentali più restrittivi nel tentativo di conservare il maggior numero di privilegi in un contesto sempre più teso allo smantellamento del ruolo e della funzione dell’università pubblica.
L’ingresso nei consigli di amministrazione di rappresentanti di istituti di credito, di Confindustria, di “taluni” ordini professionali altro non è che il preludio ad una vera e propria “opa” di oligarchie accademico – economico-politiche locali che porterà solo allo smantellamento dell’università pubblica, con buona pace della formazione di qualità! Questo disegno politico, che noi del Partito Socialista Italiano avevamo da tempo intuito ed avversato con forza, rischia fortemente di realizzarsi anche a causa di un carsico clima bipartisan (PdL/PD) che, purtroppo ormai da anni, sta caratterizzando l’attività governativa e parlamentare italiana sui temi cruciali per l’università. Nel frattempo, e veniamo al secondo aspetto, per effetto dei tagli, nel 2011 mancheranno all’appello seicento milioni di euro per le università, con la conseguenza di un blocco pressoché totale di borse per dottorati di ricerca, assegni di ricerca, reclutamento in ruolo, avanzamento di carriera. Non solo, le riduzioni economiche favoriranno soltanto un pesante indebolimento della ricerca pubblica, sia negli atenei che negli enti pubblici di ricerca. E’ drammaticamente strabiliante come l’Italia, secondo i dati OCSE 2010, resti, in termini di PIL, significativamente al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea, e come siano, in valore assoluto, del tutto inadeguati gli investimenti rispetto ai grandi Paesi industrializzati europei e d’oltreoceano.
Il tutto in un contesto dove il mercato del lavoro rimane in forte crisi, con un tasso di disoccupazione, stante i dati Istat 2010, di circa 30 giovani su 100.
Come PSI, nel mentre ci chiediamo quando questi argomenti verranno affrontati dal Governo e quando queste emergenze verranno calendarizzate per una esaustiva discussione parlamentare dalle opposizioni, in primis dal PD, siamo pronti a proporre il referendum abrogativo della legge Gelmini.

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