UNA SCONFITTA STORICA – di Roberto Biscardini da Avanti! Del 28 aprile 2007

04 maggio 2007

UNA SCONFITTA STORICA – di Roberto Biscardini da Avanti! Del 28 aprile 2007

L’harakiri degli ex Pci rilancia il socialismo

Peppino Caldarola, uno tra i primi a lasciare i Ds rifiutandosi di partecipare al congresso che ha segnato la nascita del Partito democratico, ha dichiarato: “Il Pci è rimorto. Questa volta senza i funerali e le ceneri al vento. Il vincitore della crisi della Prima Repubblica si è ufficialmente arreso”. Speriamo che sia veramente l’ultima volta, che non ci siano strane resurrezioni e poi ulteriori decessi. Il paese non lo sopporterebbe più.
Chi l’avrebbe mai detto. I post comunisti con la nascita del Pd hanno chiuso i battenti e si sono consegnati, passando per Prodi e l’Ulivo, nelle mani degli ex democristiani. In nome di un disegno ambiguo e confuso, destinato a metterli fuori dalla famiglia del Pse, consentono al paese non solo di riscoprire il tema della questione socialista, ma consentono soprattutto che la questione socialista venga affrontata senza il loro contributo. Tutto lo sforzo fatto dal 1989 in poi, affinché morisse il Psi e i suoi eredi, per occupare lo spazio del socialismo europeo senza pagare dazio al socialismo italiano viene buttato al vento. Rinunciano a fare i socialisti italiani ed europei insieme e consentono ai socialisti sopravvissuti nelle loro piccole formazioni di rilanciare in grande il tema della ricostruzione anche in Italia di un partito socialista moderno, così come ne esistono in tutti gli altri paesi europei. Consentono ai socialisti di guardare avanti e di riprendere il filo interrotto del socialismo largo, da ricostruire lasciando alle spalle la diaspora socialista. Recuperando a sinistra un rapporto con tutti coloro che scelgono il campo del socialismo europeo. Rinsaldando i rapporti con laici e radicali. Con l’obiettivo anche di recuperare almeno una parte di quel popolo socialista che scelse dal 1994 la destra per contrastare l’arroganza della “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto. D’altra parte, se il Pci è rimorto, che senso ha stare ancora con Berlusconi?
I diessini fanno harakiri e consentono ai socialisti una seconda vittoria storica. Dopo la caduta del comunismo internazionale, cade anche quello italiano nella serialità Pci, Pds, Ds e il comunismo nostrano arriva al capolinea. In pochi mesi tutto sembra cambiare. I socialisti che hanno avuto il problema di come liberarsi del comunismo di Marx del 1848 e poi di quello di Lenin del 1912, del ’16 e del ’21 e poi di quello di Togliatti e poi di quello di Berlinguer oggi sono liberi e possono ridarsi una nuova prospettiva. Ma contemporaneamente in libertà c’è anche il popolo diessino ed i voti dell’ex Pci. Le carte miracolosamente si rimescolano e il sistema politico non è più bloccato. Si può cambiare pagina.
Fino a ieri i Ds erano una forza attrattiva nei confronti dei socialisti, oggi i socialisti possono porsi l’obiettivo di aprire agli ex diessini scontenti e delusi. Rimorto il Pci adesso il dialogo tra socialisti ed ex comunisti può ricominciare persino senza risentimenti. Adesso si può riparlare di socialismo e di socialisti guadando all’Europa e al futuro. I socialisti non possono più essere accusati di essere nostalgici. Anzi non sono nostalgici di niente. Possono parlare di Nenni e di Craxi, così come parlano di Blair, Zapatero e Royal. Possono rivolgersi a tutta una sinistra, quella socialista, senza rappresentanza. Possono riaprire nella sinistra un dialogo franco e costruttivo. E partendo dai contenuti, da un programma minimo chiaro agli elettori e da battaglie comuni, si può costruire il nuovo partito socialista. Senza aggettivi. Un partito serio, un partito della sinistra di governo, che sta nel Pse.
Ci si domanda se il terremoto in casa Ds sia finito con l’uscita di Turci, Caldarola, Macaluso ed altri o di Mussi, Salvi, Angius e degli aderenti alle loro mozioni. Non lo sappiamo. Ma il malcontento cova nel gruppo dirigente come nelle sezioni e nella base in modo molto più profondo di quanto ad oggi non sia ancora dato a vedere.
Se per Fassino è stato relativamente facile vincere il congresso, non è altrettanto facile capire se arriverà con gli stessi iscritti all’appuntamento della costituente del Pd.
Certo sia i compagni di base, sia i quadri intermedi sono attraversati da mille dubbi e forti preoccupazioni. Sul Pd incombono tre grandi equivoci e questo pesa sulla coscienza dei compagni come un macigno. Primo, un'altra volta il partito sceglie il campo moderato, post democristiano e persino cattolico e clericale, non schierandosi con chiarezza dalla parte della laicità. Secondo, un’altra volta il gruppo dirigente ex diessino convinto delle sue grandi doti tattiche sacrifica identità e chiarezza politica pur di tenere il timone della barca in pugno. Riconoscono a Prodi la vittoria politica dell’Ulivo “mondiale”. Non sanno se riusciranno a reggere nella competizione con i maestri della vecchia DC. Ed inoltre, è giusto buttare alle ortiche una storia per un po’ di potere? Terzo, le battaglie politiche sembrano messe da parte. Di molte cose non possono più parlare per non creare troppe frizioni con la Margherita. Ma la Margherita bifronte parla, dice no ai Dico, sceglie autonomamente il campo di certe liberalizzazioni, sceglie Bayrou con il rischio di affossare i socialisti francesi. I compagni ex diessini capiscono che dal Pd, con Rutelli, Marini e Binetti non potrà mai nascere un soggetto della sinistra socialista. Capiscono che con il Pd si è scelto il campo del centro e si è persa insieme la strada del socialismo e quella della sinistra. Gli hanno spiegato che si fa il Pd per salvare il governo ed oggi il governo sembra più debole. Gli hanno detto che si fa il Pd per ridurre la frammentazione politica, ma con il Pd ad oggi c’è in più il gruppo di Mussi e Angius e forse anche quello di Bordon ed altri. Gli hanno detto che possono perdere gli iscritti ma prenderanno i voti, ma per sapere se è vero bisogna aspettare le elezioni. Basta e avanza per essere delusi e preoccupati.

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