Una risposta a una domanda sul municipalismo di Roberto Biscardini
18 febbraio 2016
Prendo spunto da un amico di facebook, che forse provocatoriamente si domanda il significato del nostro progetto per una lista municipale alle prossime elezioni di Milano.
Cos’è il municipalismo? È da tempo che mi esercito nel costruire un progetto nuovo, ne abbiamo parlato in un convegno organizzato dal “il Socialista” in ottobre a Palazzo Marino, poi a dicembre in un convegno di Costituente per la Partecipazione e ancora più di recente il 4 febbraio in un’altra manifestazione insieme a Cappato, Cortiana ed altri per la presentazione del progetto della lista. Tutti interventi e documenti rintracciabili.
In breve possiamo dirla cosi: il municipalismo è espressione di quella cultura politica che, anche storicamente, riconosce e assegna ai municipi la costruzione di una società nuova. Non centralista e non verticista. Quella in cui i municipi appunto sono il luogo dove i cittadini si organizzano per gestire e per governare nuove modalità di produzione della ricchezza e di welfare sociale. Nel passato i comuni sono stati il punto di riferimento della nascita, per esempio, delle cooperative, delle organizzazioni dei lavoratori ma anche della costituzione, persino in forma partecipata, di aziende municipali e di servizi. In passato il municipalismo è stato soprattutto il garante della ridistribuzione del reddito e della ricchezza.
Secondo, oggi il municipalismo è soprattutto l’espressione politica che mette al primo posto il controllo del potere dal basso, per una città giusta sia sul terreno sociale che civile. Nella consapevolezza che la questione centrale è l’efficienza della pubblica amministrazione, che è tale solo se è sottoposta al controllo democratico e ad una partecipazione tendente a trasformare i cittadini in governanti. Affinché possano decidere non solo che cosa fare ma anche come farlo. Da questo punto di vista il municipalismo è la politica che assegna al comune il luogo dell’esercizio normale della democrazia. Soprattutto della democrazia diretta, per rispondere al bisogno, ormai rivendicato, che vuole i cittadini come elementi attivi dei processi decisionali. I cittadini non si accontentano più solo di esercitare il diritto di voto e il potere di delega agli eletti.
Terzo, ecco perché preferiamo la parola municipale a quella civica. Il civismo nel l’ultimo ventennio è stata espressione dell’antipolitica o di chi rifiutava le appartenenze. Sono nate così, nell’ipocrisia più totale, le cosiddette liste civiche, eterodirette, cioè finte, le liste civiche dei sindaci, le liste civiche del Pd e di Forza Italia eccetera, eccetera.
Il municipalismo è invece espressione di una politica alta, che non rifiuta il diritto di ciascuno di avere le proprie appartenenze, ma le mette a disposizione di un progetto collettivo, appunto municipale.