UNA PROSPETTIVA PER I SOCIALISTI, di Ugo Intini, Volpedo, 10 settembre 2010
05 ottobre 2010
La lezione di Epinay,in effetti,fu recepita dai socialisti italiani,trent’anni fa’. Craxi e il PSI,come è noto,lanciarono l’idea di una grande riforma delle istituzioni nel 1979. Pensavano alla elezione diretta del presidente della Repubblica,come in Francia, e quindi a uno schema bipolare. In questo schema, Craxi immaginava che il candidato della sinistra potenzialmente vincente potesse essere soltanto un candidato collocato più verso il centro,e quindi lui stesso. Pensava a un riequilibrio all’interno della sinistra tra comunisti e socialisti a vantaggio di questi ultimi e in sostanza allo schema Mitterrand,che era il nostro mito.
Forse nel 1989 si sarebbe potuto realizzare questo obbiettivo,dopo il crollo del muro di Berlino? C’è una teoria: che i socialisti, sciaguratamente,abbiano compiuto le scelte sbagliate esattamente nei due momenti epocali in cui il mondo stava cambiando. Nel 1948,iniziò la guerra fredda,il mondo fu diviso in due dalla cortina di ferro. E Nenni cosa fece? Si alleò con i comunisti,collocandosi dalla parte sbagliata nel momento decisivo. Il che spiega come mai i socialisti italiani siano rimasti poi irreparabilmente in una condizione di inferiorità. Nel 1989,la guerra fredda finì con la sconfitta del comunismo e la cortina di ferro cadde. In questo secondo momento epocale,Craxi avrebbe dovuto fare la scelta opposta a quella di Nenni, questa volta, si’, avrebbe dovuto allearsi con i comunisti(anzi,con gli ex comuniusti) e invece rimase alleato con la Democrazia Cristiana. C’è un seme di verità in tutto questo,ma soltanto un seme. Perché si dimenticano alcuni elementi importanti. Craxi aveva davvero nel 1989 l’obbiettivo strategico di allearsi con gli ex comunisti e diventare il leader di uno schieramento di sinistra vincente. Ma fu ostacolato da alcune circostanze che gli fecero perdere una finestra di opportunità decisiva,sino a che, con l’esplosione di Mani Pulite, la finestra si chiuse. Per allearsi elettoralmente con gli ex comunisti,bisognava imporre le elezioni politiche anticipate prima della scadenza naturale del 1992,e tutti erano contro le elezioni,in particolare i media,che scatenarono una campagna terribile contro il partito “irresponsabile” delle elezioni . Il riequilibrio di forze tra ex comunisti e PSI non c’era ancora stato e quindi una sinistra a prevalente peso comunista sarebbe stata sicuramente perdente. Infine si manifestò un avvenimento decisivo,oggi troppo facilmente dimenticato:la preparazione della prima guerra contro l’Iraq,che esplose nel 1991. In questa occasione, l’ex PCI si schierò contro la guerra e contro l’Occidente con manifestazioni durissime. Contro l’Occidente e anche contro i governi europei a guida socialista che a questa guerra erano assolutamente favorevoli,perché si trattava di liberare il Kuwait e quindi di una causa giusta(una situazione molto diversa da quella della sciagurata seconda guerra voluta da Bush figlio). Incredibilmente, l’ex PCI,sia pure per breve tempo, si schierò ancora una volta dalla parte sbagliata nonostante la caduta del Muro di Berlino e creò ancora una volta quel “vincolo internazionale” che ne aveva reso impossibile per decenni la partecipazione al governo.
Adesso è ormai tardi per imitare Epinay,perché mancano tutti i presupposti. Non c’è più in partito socialista, e nella stragrande maggioranza della sinistra non c’è neppure la volontà di ricostruirlo. Non c’è un leader. Non c’è un forte sindacato. Non c’è un programma. Anche il bipolarismo,necessario presupposto di Epinay, è ormai entrato in una crisi profonda. E questo è un bene,per la verità,perché il bipolarismo all’italiana è alla base di quello che spesso definisco “il ventennio perduto”. Un quasi ventennio cioè dove l’Italia ,in mezzo a una sorta di guerra civile permanente,non ha affrontato uno solo dei grandi problemi irrisolti del Paese,non ha neppure avuto la stabilità normalmente garantita dal bipolarismo. Si è soltanto logorata affondando lentamente. Naturalmente, ci si deve domandare perché il bipolarismo funzioni in altri Paesi e non in Italia. La risposta è semplice,quasi ovvia. Il bipolarismo funziona negli altri Paesi perché in ciascuno dei due Poli l’area della “pazzia” e dell’estremismo è assolutamente ininfluente. In Italia,al contrario,l’area della “pazzia” non solo non è ininfluente, è al contrario traente:il giustizialismo dipietrista che mette in pericolo lo Stato di diritto da una parte;il localismo leghista che mette in pericolo lo Stato nazionale e la sua unità dall’altra. Così si spiega il fatto che il bipolarismo all’italiana sia diventato,come dicevo prima, una guerra civile permanente,anzi, un furibondo interminabile scontro tra gli urlatori di due opposte tifoserie.
Il bipolarismo ormai ,soprattutto,è incompatibile con le due caratteristiche essenziali dell’Italia di oggi,che si chiamano unicità e emergenza(l’una figlia dell’altra).
“Unicità”,perché l’Italia è un insieme impressionante di casi unici al mondo. L’unico Paese dove l’uomo più ricco ne sia nel contempo il leader politico. L’unico dove da decenni si trascini un conflitto tra due poteri dello Stato:il potere esecutivo e quello giudiziario. L’unico dove esista,per lo meno latente,un conflitto tra capo dello Stato e capo del Governo. L’unico dove un magistrato sia diventato capo di un partito. L’unico dove il leader di un partito separatista sieda nel governo e nello stesso tempo dichiari di disprezzare la bandiera nazionale. L’unico dove gli ex fascisti e gli ex comunisti hanno vinto e si sono affermati personalmente come il personale politico dirigente in entrambi gli schieramenti politici. L’unico Paese,almeno in Europa,dove i partiti in pratica non ci sono più e sono sostituiti da un confuso populismo di stile sudamericano. I partiti non ci sono più,sono stati privati della loro tradizione,storia e cultura al punto tale che, sembra incredibile, il partito più antico d’Italia è ormai la Lega. Gli altri cambiano in continuo nome e simbolo. Cambiano nome e simbolo,ma i dirigenti restano sempre gli stessi. Al contrario di quanto avviene in Europa,dove i Partiti restano e i dirigenti vengono sostituiti. Il che non giova certo alla credibilità della nostra democrazia.
Le unicità(evidentemente tutte legate tra loro in un rapporto di causa ed effetto)portano con sé le emergenze(anch’esse legate tra loro).
C’è una emergenza democratica,perché la distruzione dei partiti si accompagna a un paradosso. I partiti non ci sono più,comunque non hanno più democrazia interna e hanno raggiunto il minimo della loro credibilità. Tuttavia i partiti giunti “al minimo”,hanno il massimo del potere mai avuto in Italia e in qualunque normale sistema democratico. I partiti in Italia hanno oggi il potere non di eleggere,ma di “nominare” i parlamentari. Così si spiega l’abbassamento di livello dei parlamentari stessi, la presenza di tanti portaborse e veline nelle due Camere, di tanti signori nessuno. Con il danno enorme che ne nasce,perché il Parlamento sta perdendo la sua autorevolezza.
C’è una emergenza democratica per effetto del sistema elettorale che riguarda la scelta dei parlamentari ma anche,peggio ancora, per il modo con cui si stabilisce la maggioranza parlamentare. Al punto che ormai si può dubitare del fatto che le istituzioni abbiano un vero consenso. Guardiamo non le percentuali dei voti espressi, ma le cifre vere. Un 30 per cento di cittadini ormai non va più a votare. Attenzione:non sono, come nei Paesi normali,quelli disinteressati alla politica. Spesso sono quelli anche troppo interessati e sofisticati,che non si vogliono assoggettare a un meccanismo che impone di stare di qua e di là(o mangi questa pessima minestra,o mangi questa ancora peggiore,oppure salti dalla finestra). Un altro dieci per cento è costituito da schede bianche (o dove i cittadini scrivono insulti). Un altro dieci per cento di elettori non è rappresentato nelle istituzioni,perché vota per partiti che non superano la soglia di sbarramento. Poi ci sono i voti espressi per il terzo polo,per chi non sta né con il principale schieramento di destra né con il principale schieramento di sinistra. In conclusione, può vincere e conquistare un enorme premio di maggioranza che assicura il completo dominio del Parlamento un partito il quale abbia il consenso di un quarto -un quinto dell’elettorato. Francamente una situazione al di là dei limiti di guardia per la esiguità del consenso.
C’è una emergenza democratica anche provocata dalla mancanza di credibilità dell’informazione. Perché i media(o per il peso della proprietà,o per la faziosità)sono diventati non osservatori sereni della realtà,ma manipolatori della realtà stessa e furibondi protagonisti dello scontro politico(anzi,aizzatori allo scontro).
C’è una emergenza economica,perché da un decennio l’Italia è il paese che cresce di meno in Europa e che continuamente perde competitività.
C’è una emergenza morale,perché ormai i dirigenti politici rubano per sé,senza nemmeno più l’alibi di finanziare il partito. E si muovono con una sostanziale impunità,perché si è passati da un eccesso all’eccesso opposto:dallo strapotere della magistratura a un meccanismo di sostanziale,arrogante impunità.
C’è una emergenza criminale, perché ormai intere aree del Paese sono in mano alla malavita organizzata.
C’è una emergenza politica che in queste settimane è sotto gli occhi di tutti, accompagnata da un degrado totale della lotta politica stessa,fatta non di scontro tra idee,ma di ricatti e insinuazioni su famiglie,mogli e amanti.
C’è infine l’emergenza più grave,che riguarda l’identità nazionale stessa. E’ il tema centrale del mio ultimo libro:”Un bambino e la storia”(WWW.unbambinoelastoria.com). Ci si ragiona poco,ma l’Italia è l’unico grande Paese moderno che non abbia una storia condivisa. Tutti,magari con qualche forzatura sulla realtà e qualche artificio, hanno saputo costruirsi una storia condivisa che faccia da cemento per la Nazione, l’Italia no. Anzi, la situazione si aggrava in continuo. La ferita della guerra civile 1943-45 non è mai stata sanata e al contrario si fa più profonda. Una ferita nuova si è creata molto più avanti nel tempo, perché il Paese si divide ormai con violenza su Mani Pulite e sul periodo 1992-1994 che ha dato origine alla seconda Repubblica(oppure,meglio,che ha distrutto la prima Repubblica senza saper costruire la seconda). Una ferita ,la più grave, si è creata alla base stessa della Nazione,minandola in modo sciagurato,perché ormai non tutti gli italiani(certamente non i leghisti) si riconoscono nei valori del Risorgimento,della bandiera e dell’unità nazionale. E’ amaro dirlo, ma paradossalmente persino durante la guerra civile 1943-45, fascisti e partigiani si scannavano,sì,ma entrambi si riconoscevano nel tricolore,in Garibaldi e Mazzini. Oggi non più,nemmeno all’interno della stessa maggioranza di governo.
Bisogna dunque ricostruire sino a che si è in tempo una storia condivisa,porre fine a questa guerra civile strisciante. Di fronte a tante emergenze non è realistico seguire la lezione di Epinay,ma occorre una maggioranza di unità nazionale, che per un limitato periodo di tempo riscriva le regole con un largo consenso,chiuda un capitolo nero che si trascina da quasi un ventennio e apra un capitolo nuovo.
Ciò conviene all’Italia,come si è visto. Conviene ai socialisti, che nello schema bipolare attuale non si riconoscono,tanto che votano un po’ di qua e un po’ di là. Conviene alla sinistra. Perché ,diciamo la verità,con lo schema bipolare attuale la sinistra non vincerà mai, è strutturalmente minoritaria. Per una semplice ragione. Da una parte il dipietrismo e il grillismo sono cresciuti elettoralmente troppo, non si può più farne a meno. Dall’altra,con la palla al piede del dipietrismo e del giustizialismo, la sinistra non attirerà mai gli elettori moderati del centro senza i quali è impossibile vincere. E’ curioso, ma i nipoti di Togliatti hanno dimenticato la lezione di uno che aveva certo tante colpe, ma capiva le cose. Togliatti,giustamente,ripeteva sempre ai comunisti :”non fate paura,non fate paura”. Incredibilmente,gli ex comunisti se ne sono dimenticati e,con il dipietrismo, hanno fatto “paura”.
Concludo. Mai le nostre generazioni hanno visto per l’Italia un periodo così buio. Nel buio, abbiamo soltanto due luci e due fari. L’Europa e il socialismo democratico,che ci riempiono di orgoglio e ci danno speranza. L’Europa.Per la quale dobbiamo insistere:si è realizzata l’unità monetaria,adesso bisogna realizzare la sua naturale conseguenza, che è l’unità nella politica economica e bisogna infine realizzare l’unità politica. Il socialismo democratico, che ha vinto sul piano culturale ed economico dopo il ventennio della egemonia liberista. Un ventennio che ci ha portato al disastro. La catastrofe economica provocata dal liberismo senza freni è sotto gli occhi di tutti e,non dimentichiamolo,dimostra che avevamo ragione noi. Nel 2001,ho scritto un libro che si intitolava “La privatizzazione della politica”. Allora ripetevo che il “Blair ,Blair” invocato da tanti a sinistra mi sembrava un “bla,bla”. Lamentavo che troppi ex comunisti,forse per far dimenticare di essere stati comunisti, erano diventati più liberisti dei liberisti. Mi si rimproverava di essere un “vetero socialista”.E però scrivevo in quel libro. “La barca dell’economia mondiale procede squilibrata,ma non soltanto. Ha a bordo un elefante che si muove disordinatamente e rischia continuamente di capovolgerla. L’elefante si chiama” finanza globale”,sta sostituendo l’economia reale con una virtuale:con una economia di carta,anzi di bit elettronici”. “Come un tessuto canceroso,questa economia di carta raddoppia di volume ogni due anni,rischiando di soffocare l’economia reale,anche perché alla carta non corrisponde la sostanza”. “Mantenere la stabilità dei mercati finanziari dovrebbe essere l’obbiettivo esplicito del potere politico. Esiste tuttavia su questo punto una forte opposizione da parte dei fondamentalisti del libero mercato,i quali sono contrari a ogni intervento pubblico,specialmente da parte di una organizzazione internazionale. Richiederà perciò un cambio di mentalità condurre i Parlamenti,i Governi e i mercati a riconoscere che essi hanno una comune responsabilità per la sopravvivenza del sistema. L’unica questione è se questo cambio di mentalità avverrà prima o dopo il crollo del sistema stesso”. E’ avvenuto,questo cambio(se è avvenuto,perché se ne può dubitare)purtroppo,dopo il crollo del sistema. Queste cose, le scrivevo non perché ero un profeta,ma perché ero un modesto propagandista delle idee socialiste. Le idee che hanno storicamente vinto ancora una volta.