UNA NUOVA PROSPETTIVA PER I SOCIALISTI SICILIANI di Turi Lombardo a nome del Comitato Socialista della Sicilia
07 febbraio 2017
Da tempo la ricorrente critica al modello del partito socialdemocratico classico, che si fa fatica a vedere in campo nei disorientati partiti del socialismo europeo, si accompagna allo stanco ritornello di chi ancora subisce il fascino del mercato come luogo metafisico, in grado, se liberato dallo Stato e dal pubblico, di rispondere alle sfide terribili di questo tempo. La diseguaglianza, la disperazione sociale, la paura di questo tempo non sono figlie del preteso “conservatorismo” della sinistra, ma di un trentennio di liberismo sfrenato che ha incantato anche parte della sinistra. Che le difficoltà delle socialdemocrazie europee abbiano lasciato un campo più aperto al modello liberista è vero. Ma quella che si credeva la medicina, dalla “Terza via” al “Neue Mitte”, ha gravemente peggiorato la situazione.
Anche le soluzioni prospettate dalla c.d. “sinistra radicale” europea si sono rivelate finora del tutto estemporanee, di carattere protestatario, veri e propri palliativi. Nonostante la crisi, in Europa sono presenti ancora partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti. Incarnano tradizioni che possono rigenerarsi, pur in presenza di incertezze ed incongruenze. L’insieme di tali tradizioni rappresenta per i socialisti siciliani un parametro di riferimento irrinunciabile della loro stessa identità. Nel socialismo europeo sta riemergendo un punto di vista nuovo, nato intorno ad una lettura peculiare della crisi del capitalismo occidentale come portato dell’ideologia neoliberista e neoconservatrice.
Vi è stata una rottura, esplosa
negli Usa con il crack bancario del debito privato e precipitata poi
nell’Eurozona con la crisi del debito pubblico, che ha origine nella
finanziarizzazione e deregolamentazione dei mercati avvenuta a scapito di
economia reale, lavoro, salari, tutele, redistribuzione. È in frantumi lo
sviluppo che il patto tra capitale e lavoro aveva fondato su coesione e
mobilità sociale, promuovendo la nascita di un vasto ceto medio, blocco sociale
di riferimento delle forze europeiste.
La gigantesca sproporzione tra pochi con enormi ricchezze materiali e
immateriali e moltitudini in condizioni di continua deprivazione, è il vulnus
che minaccia le democrazie. Collasso del ceto medio e restringimento della
cittadinanza hanno creato i presupposti per parole d’ordine capaci di
strumentalizzare paure e risentimenti.
Ovunque si rafforzano movimenti disgregativi, che miscelano populismo e
antipolitica, che indirizzano disagio, sfiducia, egoismi sociali contro partiti
e istituzioni.
In questo scenario, per i socialisti la costruzione statuale e politica
dell’Europa è una sfida storica e costitutiva. La crisi segna uno spartiacque.
La dottrina di austerità imposta dalle destre sta pesantemente aggravando la
spirale recessiva, mettendo a rischio la tenuta dell’Unione. La Grecia e le
democrazie sfibrate dell’intera Europa potranno risollevarsi solo con crescita
e lotta alle diseguaglianze.
È il terreno di battaglia dei socialisti, della sinistra, e passa dalla riconquista di autorità della politica verso l’economia. E dunque: ruolo sovrano del Parlamento; specialità europea delle regioni e della nazioni senza Stato (Sicilia, Catalogna, Scozia, ecc.); tassa sulle transazioni finanziarie; Eurobond; riforma della Banca centrale europea.
Riforme possibili se la sinistra
europea avrà il coraggio di una propria soggettività, e la capacità di
aggregare e mobilitare le energie che la crisi ha stretto all’angolo. Per
riscrivere un patto tra economia e società, coagulando un’inedita alleanza
sociale tra lavoro precario e micro-capitalismo. Interloquendo con ceti
emergenti che hanno maturato sulla propria pelle la consapevolezza che dalla
crisi si esce solo configurando nuovi diritti e tutele, aprendo mercati,
scardinando vincoli corporativi, sostenendo le comunità locali, investendo
risorse pubbliche in lavoro e formazione.
È la traccia di una rinnovata ambizione maggioritaria, calata nella cesura tra
il prima e il dopo la crisi. Il buco nero creato dalla finanza senza regole
mostra impietosamente le responsabilità di una Terza via sedicente
“progressista” rivelatasi, al dunque, inerme e subalterna. Il superamento della
socialdemocrazia classica ha fallito, proprio mentre la crisi del capitalismo
ripropone l’attualità del compromesso socialdemocratico.
Oggi serve riguadagnare terreno. Una forte autonomia culturale, per far vivere nella società nuove categorie politiche e organizzative. Per questo è necessario porre nuovamente il tema della costruzione del partito del socialismo europeo in Sicilia ed in Italia. Soggetto politico di un nuovo dinamismo sociale che spinge per il cambiamento. Un esito che dipenderà anche dal più forte scambio e legame che la sinistra italiana ed il Pse riusciranno ad avere nel fuoco di scadenze elettorali che potranno invertire la rotta.
Per questo, i socialisti siciliani non intendono, come aggregato umano e politico-culturale, abdicare ad un ruolo di proposta politica. Ferma restando la natura plurale della sinistra isolana, i socialisti siciliani intendono promuovere un confronto con i responsabili regionali degli altri partiti di sinistra, per verificare la possibilità di un apporto dei socialisti siciliani ai processi di ristrutturazione dell’area riformista e progressista, a condizione che tali processi non assumano un’attitudine ostile nei confronti del socialismo europeo e della tradizione socialista italiana nonché siciliana, in modo da scongiurare l’appiattimento su una prospettiva di “sinistra radicale” estranea al vissuto ed all’identità dei socialisti. I socialisti siciliani vogliono impegnarsi nella costruzione di un soggetto politico di sinistra, autonomista ed alternativo al Pd, che si attrezzi a rappresentare una proposta politica progressista e riformatrice in vista delle prossime elezioni regionali: un impegno appassionante per una generazione politica di socialisti, anche siciliani, pronta a fare la propria parte, partecipando alle iniziative di Area Socialista ed ai processi di ristrutturazione della sinistra.
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