UN "POTERE DELL'EMERGENZA" FUORI DALLA COSTITUZIONE Colloquio con Rino Formica a cura di Emanuele Ceglie, del 3 maggio 2020
03 maggio 2020
Alcuni recenti provvedimenti del Governo sono stati sottoposti ad
una dura critica da parte di autorevoli costituzionalisti, esponenti
politici e uomini di cultura. Qual è il tuo pensiero?
Se ieri i fenomeni di mafia e la stagione del
terrorismo hanno generato, accanto a situazioni emergenziali, un
“potere” dell’anti-mafia e dell’anti-terrorismo con relativi
apparati di repressione ma anche legislativi e perfino culturali,
oggi in Italia la gestione dell’emergenza pandemica del Cv-19 sta
generando un “potere dell’emergenza” assai più potente dei primi
due. Una tipologia di potere del tutto inedita in quanto associa,
sin dall’origine e in un rapporto assai stretto, una forza
coercitiva e al tempo stesso condivisa, la quale si esercita sui
comportamenti e sugli stili di vita individuali e collettivi,
legittimata dalla necessità di contrastare gli effetti mortali di
una epidemia sull’intera popolazione.
Sta formandosi un “sistema di potere”?
Esatto. Attorno al principio della tutela e della
cura della salute pubblica, della vita delle persone singole e della
società, si va organizzando un “sistema di potere” che si
auto-legittima sulla base della condizione e dell’assunto primari
che possiamo riassumere: la guerra al virus, la limitazione e il
monitoraggio del contagio, l’immunizzazione della popolazione.
Vedi altri elementi che si aggingono a questo nuovo sistema di
potere?
In questo
circuito auto-alimentato dalla virulenza e persistenza della
pandemia/eccezionalità politico-istituzionale/formazione del potere
dell’emergenza, si inserisce un addendum rafforzativo di tale
potere, si tratta della indicazione rivolta all’intera società
improntata alla necessità della “convivenza con l’emergenza”.
Agli occhi di questo governo e della classe
dirigente non appare la contraddizione tra i due termini: la
“convivenza” con il virus, per il suo significato di temporalità
indefinita e permanente escluderebbe il concetto di eccezionalità
emergenziale che, all’opposto, presuppone un limite temporale.
Le parole del Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia
suonano come un freno a queste tendenze.
Infatti. Se la contraddizione non appare nel
campo visivo del Governo, e se -soprattutto- non appare il
dislivello che si va formando tra un tale “potere dell’emergenza” e
l’intero impianto costituzionale, quest’ultima contraddizione è
chiara nella visione della Corte costituzionale, se prendiamo le
recenti parole del suo Presidente Marta Cartabia che conviene
rileggere :
“La
nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato
di emergenza sul modello dell’art.
48 della Costituzione di Weimar o dell’art.
16 della Costituzione francese, dell’art.
116 della Costituzione spagnola o dell’art.
48 della Costituzione ungherese. Si tratta di una scelta
consapevole. Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole
di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi
eccezionali, né
previsioni che in tempi di crisi consentano
alterazioni nell’assetto dei
poteri. (…) Anche nel tempo presente, dunque, ancora una volta è la
Carta costituzionale così
com’è – con il suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti
e garanzie, diritti, doveri e responsabilità –
a offrire alle Istituzioni e ai cittadini la
bussola necessaria a navigare «per
l’alto mare aperto» dell’emergenza
e del dopo-emergenza che ci attende”.
Che tipo di opposizione vedi formarsi nel Paese?
Mentre in settori sempre più larghi della
popolazione la prospettiva della “convivenza con il virus” viene
contestata con forza crescente, mentre il rapporto Stato-regioni
fuoriesce dai binari costituzionali e perfino dall’ambito
dell’adozione di protocolli sanitari e di metodologie di
monitoraggio dell’infezione omogenei mettendo in forse la stessa
efficacia degli interventi, mentre sono all’opera fattori
destabilizzanti della stessa operazione storica della nostra Carta
fondamentale che esclude in piena consapevolezza storico-politica un
“diritto speciale per lo stato di emergenza (Marta Catarbia), la
politica fatica ad orientarsi verso il riassetto delle problematiche
legate all’emergenza.
Dunque, quale assetto dare all’emergenza?
Si pongono problemi di assetto istituzionale e
costituzionale (vedi la materia del prossimo referendum), normativo,
legislativo, tecnico-amministrativo. Sono emerse questioni finora
inedite nella loro urgenza: quale rapporto tra scienza e politica?
Quale ruolo degli specialismi nella direzione e decisione politica?
A quali condizioni, non previste dalla nostra Carta, si svolgeranno
le prossime elezioni comunali e regionali le cui date sono già state
stabilite dal Governo? Tra le tante complicazioni create dalle
task-force e comitati tecnici, si potrebbe pensare a un tavolo
istituzionale di moral suasion che assecondi l’attuale fase e che
sia composto dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della
Corte costituzionale e dai Presidenti di Camera e Senato.
Ci sono precedenti nella storia del Paese di questa specie di
‘task-force’ istituzionale?
Negli anni più complessi e travagliati della
storia politica repubblicana, gli anni tra il 1992 e il 1996,
durante i quali cambiò tutto, il sistema elettorale, il sistema
politico e persino quello degli equilibri internazionali, funzionò
uno stretto rapporto di consultazione tra il Presidente della
Repubblica Scalfaro e i Presidenti di Camera e Senato, Napolitano e
Spadolini e il Presidente della Corte costituzionale Francesco Paolo
Casavola. Aggiungo che non va dimenticato il messaggio al Paese di
Scalfaro del 3 novembre 1993, noto come il discorso “Io non ci sto”
per bloccare uno dei tanti tentativi, come lui disse, di “recar
danno alla vita dello Stato”.