UN DURO RICHIAMO A MORALITÀ E DIGNITÀ, di Peppino Caldarola - Il Riformista 21 dicembre 2010

04 gennaio 2011

UN DURO RICHIAMO A MORALITÀ E DIGNITÀ, di Peppino Caldarola - Il Riformista 21 dicembre 2010

È stato ben più che un appello alla condivisione e allo spirito bipartisan quello che il presidente della Repubblica, parlando alle alte cariche dello Stato, ha rivolto ieri dal Quirinale. Le «amare cronache della politica» offrono un’immagine del paese che non piace a Napolitano. È un giudizio severo che nasce da una disamina approfondita della situazione. Innanzitutto Napolitano ha descritto il contesto europeo in cui deve svolgersi, superando un «deficit di analisi», la vicenda italiana.
Il presidente ha stigmatizzato le «imprudenti esternazioni sull’euro» riproponendo non solo la difesa della moneta unica ma anche la necessità di portare avanti, con «più coraggio politico», la costruzione europea. Non a caso ha esordito ricordando Tommaso Padoa-Schioppa. Ha elogiato Giulio Tremonti perché il ministro con altri partner ha chiesto misure «non attendiste né caso per caso» di fronte al risiko finanziario e ha al tempo stesso citato positivamente la Banca diretta da Mario Draghi nella gestione della turbolenza monetaria.
La crisi, ha ricordato il presidente, impone «una condivisa cultura della stabilità» che metta al centro il tema della riduzione del debito pubblico. Il capo dello Stato, tuttavia, ha significativamente fatto riferimento, raccogliendo così molte critiche delle forze sociali e della stessa banca centrale, alla necessità che siano resi inscindibili stabilità e crescita economica. Sul debito pubblico e sulla necessità di un suo abbattimento ha proposto anche la creazione di una sede di riflessione bipartisan. La bassa crescita secondo Napolitano pretende riforme e un «nuovo spirito di condivisione» anche per modificare comportamenti collettivi e dare respiro a quelle forze sociali, ad esempio le imprese, che hanno mostrato di saper reggere la durezza del momento. Napolitano non vede un paese prostrato, semmai il contrario ma ha lanciato l’allarme sullo stato della politica. Qui serve un salto di qualità.
Le parole si sono fatte severe e puntigliosamente il capo dello Stato ha fissato i paletti. Innanzitutto quello sulla durata della legislatura scoraggiando l’esercitazione di quanti, «beceramente», vogliono mettere in discussione la durata della vita delle Camere dimenticando contemporaneamente le prerogative del Quirinale. Napolitano non vuole tornare all’«improvvida prassi» del tempo in cui i parlamenti si scioglievano con facilità. Vuole stabilità, ma una stabilità operosa non l’immobilismo. Non è mancato neppure l’accenno all’evoluzione dei sistemi politici occidentali quando Napolitano ha difeso l’approdo al bipolarismo introducendo anche la possibilità, sperimentata altrove, di altre soluzioni per favorire la governabilità. Ci sono, ha detto, cambiamenti di scenario.
È il distacco della politica dal paese il vero pericolo che il capo dello Stato vuole denunciare. C’è un turbamento nella vita collettiva che il Quirinale avverte. Lo si è percepito nettamente nelle parole dedicate ai giovani, a cui si era riferito anche nel discorso mattutino rivolto agli ambasciatori. Netta la condanna della violenza ma Napolitano ha invitato la classe politica a non guardare ai movimenti come rivolti solo contro un singolo provvedimento di legge rinunciando a capire il generale disagio che esprimono. In particolare perché propongono la centralità dei temi della formazione e della cultura decisivi per risollevare le sorti del paese. Il presidente “federalista” ha ribadito, ricordando l’avvicinarsi delle celebrazioni sul centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, che «lo Stato unitario è un presidio irrinunciabile» come gli hanno testimoniato i sindaci veneti incontrati dopo la recente alluvione.
Il messaggio di Napolitano non può essere inquadrato, per usare le sue parole, nelle «amare cronache della politica». A questa ha detto che sono in gioco la sua dignità e moralità. Ha invitato alla condivisione e al concerto europeo, ha messo al riparo la legislatura dai giochi partitici ma non ha accettato l’idea del galleggiamento, ha ribadito la scelta bipolare ma ha indicato anche la ricerca in atto nelle maggiori democrazie su nuove forme di collaborazione. Il Quirinale è fuori dai giochi di Palazzo ma non accetterà che la cattiva politica metta in ginocchio il paese.

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