UN CONTRIBUTO DEI SOCIALISTI DI VARESE AL DIBATTITO CONGRESSUALE DEL PS ITALIANO

16 luglio 2008

UN CONTRIBUTO DEI SOCIALISTI DI VARESE AL DIBATTITO CONGRESSUALE DEL PS ITALIANO

Ha scritto, in un recente libro di storia, uno studioso del socialismo lombardo: “Negli anni successivi, al 1992, piccoli gruppi socialisti hanno continuato comunque ad esistere, ma non è ancora dato sapere se il crollo del socialismo italiano, di cui quello milanese e lombardo è stato tanta parte, sia da considerarsi irreversibile o se all’improvviso declino seguirà una ripresa e altri capitoli si aggiungeranno alla sua lunga storia”. Il 1992 è un anno di cui ci si è voluto dimenticare, ma non c’è futuro senza memoria e quindi si può affermare che le elezioni dell’aprile 2008, hanno segnato soltanto l’epilogo di una situazione tenuta in vita in modo capzioso, che datava e durava da troppi anni. Per questo un congresso per mozioni non è utile. Avvalora la falsa idea di un partito autonomo, in realtà i socialisti sono vissuti per un quindicennio come il Paguro Bernardo, in simbiosi innaturale con altre specie che si sono stancate di sostentarlo. Le divisioni pertanto non servono, l’unità sì. Le tre mozioni, per quante dissonanze possano presentare non contengono differenze inconciliabili. Per questo ci auguriamo che il dibattito apertosi e quello che si svilupperà al congresso di luglio porti ad una ricomposizione programmatica, rapida, senza inutili strascichi. Ciò non vuol dire che siamo per falsi unanimismi. Siamo, altresì, contrari a qualsiasi pasticcio compromissorio e convinti della necessità di una discontinuità evidente, riconoscibile, per quanto riguarda la scelta del segretario/a nazionale e del gruppo dirigente. Siamo pure convinti che la forza del nuovo partito consisterà nella qualità della vita democratica interna, nella capacità di estirpare dalla sua comunità gli atteggiamenti peggiori (leaderismo, opportunismo, prevaricazione, pigrizia intellettuale) e nella qualità dei gruppi dirigenti locali e nazionali. La costruzione di un gruppo dirigente nazionale nuovo, coeso, unitario, capace di rispondere ai gravi problemi della crisi italiana, è pertanto, accanto alla designazione del segretario nazionale, condizione indispensabile per gettare le basi di una nuova stagione del socialismo italiano. Se però queste premesse non saranno sostanziate da una coerente analisi della crisi italiana e della realtà globale sarà difficile costruire nuovi capitoli di storia, tutt’al più si potrà partecipare da attori secondari a qualche episodio di cronaca locale. Non ravvisiamo in nessuna delle tre mozioni una sufficiente attenzione alla questione della crisi italiana, economica, sociale e morale. Il caso italiano non è soltanto una questione di crescita rallentata nello scenario più vasto dell’UE, ma una questione di decadenza di cui va colta la drammaticità. E di una decadenza dai mille volti: economica, politica, istituzionale, morale, ideale. Anche l’area più ricca del paese, il Nord, che, a suo modo, non vuol essere trascinata nel baratro, presenta segni evidenti di declino. Vale la pena ricordarne uno per tutti: l’indice d’invecchiamento della popolazione, che è sintomatico della scarsa fiducia, propensione verso il futuro dei suoi abitanti. Vero è che le trasformazioni avvenute nel Nord negli ultimi decenni, all’insegna di un individualismo sempre più marcato, ridefiniscono nel profondo gli atteggiamenti dell’elettorato, sempre più orientato alla razionalità di calcolo nel momento di scegliere la rappresentanza. La popolazione del Nord è dominata dall’ansia di perdere il benessere ottenuto in un secolo e mezzo di sviluppo. Da qui le paure di ogni genere. I socialisti sono in grado di elaborare politiche in grado di placare queste paure? Se i socialisti individuano politiche convincenti, vincono la sfida per il futuro, non solo del Nord, ma dell’Italia e ritornano ad essere protagonisti della scena. Non è sufficiente quindi riprendere semplicemente progetti di modernizzazione riformista, là dove si erano interrotti nel ’92, come pure si legge in una delle mozioni, ma interpretare la realtà profondamente mutata e adeguare le risposte. Una seria analisi della crisi è fondamentale per definire il senso storico della propria presenza e la missione popolare e nazionale del partito, ancorché interpretata alla luce delle nuove istanze del regionalismo e del federalismo. Non ravvisiamo neppure una sufficiente attenzione a quella che un tempo si chiamava questione sociale: i lavoratori italiani sono fra i peggio pagati d’Europa, la distribuzione del reddito è caratterizzata da una disuguaglianza crescente. È scontato che crescita e sviluppo siano indispensabili per politiche redistribuitive, ma alle famiglie colpite dagli aumenti dei prezzi, ai giovani con contratti incerti non basta un’affermazione di politica economica, seppur corretta. “E senza crescita, non c’è redistribuzione che tenga”, recita una delle frasi chiave del programma del Partito Democratico. Se ciò fosse valido, a prescindere, anche per noi, sarebbe inutile tenere in vita un forza socialista. Per il Partito Socialista è un assunto insufficiente. Se la crescita non ci sarà, come sembra probabile, la crisi farà gravare i suoi costi sui ceti più deboli e allora, indipendentemente dalla crescita, sarà necessario adottare politiche che spostino ricchezze dai più ricchi ai più poveri. Gli art. 3 (sulla piena affermazione della persona umana…) e 53 (capacità contributiva legata a criteri di progressività) della Costituzione dovranno guidare le nostre scelte. La tassazione delle stock option, ad esempio, è una misura che dovrà essere adottata per perseguire politiche fiscali progressive. Non c’è bisogno della sinistra massimalista per affermare una questione di civiltà democratica, sono sufficienti coerenti politiche riformiste. È giunto per i socialisti il momento di tracciare nuove strade, avvalendosi delle riflessioni del pensiero economico, socialmente più sensibile. Non abbiamo bisogno né delle dottrine fallimentari dello pseudo egualitarismo classista e neppure dello statalismo soffocante, sconfitto dalla storia. Neppure le teorie liberiste sono sufficienti, il liberismo economico se lasciato privo di regole, non ha perso la sua caratteristica di generatore di disuguaglianze intollerabili, di spreco di risorse materiali e umane come dimostrano le tendenze degli ultimi anni alla polarizzazione della ricchezza nelle mani di una percentuale sempre più ristretta di privilegiati. Il ciclo dei rifiuti e la questione di Napoli e dell’economia malavitosa (impresa criminale) è da questo punto di vista paradigmatico. Le scelte sull’innovazione (ricerca, scuola, economia della conoscenza), invocate da più parti, per altro, giuste e da perseguire, sono però misure che generano risultati in tempi medio/lunghi, mentre l’elettorato sceglie con suoi criteri ad ogni scadenza elettorale. Quanto richiamato sul tema delle scelte sociali ed economiche è di vitale importanza per riaprire il dibattito fra i socialisti, il Partito Democratico e le altre forze riformiste della Sinistra. Senza chiarezza su questo terreno, non saremo né interlocutori credibili, né sarà possibile alcun terreno di interlocuzione. Riforma delle istituzioni, federalismo fiscale, modernizzazione della pubblica amministrazione sono nell’agenda politica le questioni su cui dovremo misurarci nei prossimi mesi. Inutile dire che la riflessione su questi temi dovrà essere approfondita. Per il Partito socialista la Lombardia sarà un terreno di scontro unico. Il federalismo differenziato, il federalismo fiscale, lo statuto regionale della Lombardia e le richieste di nuove autonomie assumeranno valenza nazionale. Su questi temi, sul rapporto autonomia/regionalismo e stato nazionale, le elaborazioni segnano un ritardo che va rapidamente colmato, nella logica di trovare soluzioni per il Nord e per il Paese intero. La qualità della democrazia e il problema della telecrazia, in Italia, risultano fortemente interconnesse. Questo tema deve esser affrontato e trovare un suo sbocco in una redistribuzione democratica dei poteri sull’informazione nel nostro paese. La cittadinanza democratica stessa è fortemente condizionata da un’informazione poco indipendente e fortemente condizionata dai poteri forti. Le scelte politiche dei cittadini sono nel nostro paese condizionate da questa situazione e pertanto non libere. Vero è che fare informazione e comunicare è uno dei tratti distintivi della nostra società e quindi conoscere e padroneggiare gli alfabeti comunicativi è indispensabile per partecipare alla vita democratica e politica. Ai cittadini dovranno essere forniti, pertanto, gli strumenti indispensabili per partecipare consapevolmente alla vita della polis. Senza un’autonoma strategia e una lettura critica della società italiana si subiscono i tempi dell’agenda politica del centrodestra, che ha in corso un vasto programma di modernizzazione conservatrice del paese, progetto che si sta dispiegando con qualche successo. I socialisti devono riprendere il gusto della battaglia politica nella società per conquistare gli elettori, unica condizione per riconquistarsi la credibilità nella sinistra italiana. Ma ciò non è sufficiente, se si vuole impedire di subire la destra italiana per una lunga fase storica. Non ci sfugge la nostra attuale condizione di debolezza, per questo auspichiamo la riapertura di un dibattito profondo nella sinistra italiana. Il PD non ha vinto, nonostante faccia circolare l’idea che la sua affermazione sia quasi una vittoria. Niente di più falso, il 13 e 14 aprile 2008 è stata sconfitto un progetto di autosufficienza che non corrisponde al quadro politico italiano. Se il PD supera la sbornia autoreferenziale e riapre il dialogo, in Italia e in Europa con le forze del socialismo riformista e progressiste, forse si potrà fondare su basi più solide l’opposizione al centrodestra nel Paese e nelle istituzioni. È alla luce di queste considerazioni che il congresso della federazione di Varese, pur rispettando le scelte degli iscritti ad esprimere il proprio voto sulle mozioni in discussione, intende orientarsi unitariamente nella designazione del segretario provinciale e del gruppo dirigente locale. I socialisti di Varese rifiutano logiche correntizie e s’impegnano, terminato il dibattito congressuale, ad operare per far crescere il PS nella realtà varesina e lombarda con spirito unitario e collaborare lealmente con tutti i livelli del partito senza pregiudizio alcuno. Primo formatario Giuseppe Nigro

Vai all'Archivio