TRENT'ANNI DOPO. IN OMAGGIO AD IMRE NAGY E A BETTINO CRAXI di Alberto Benzoni
04 gennaio 2019
Il congresso socialista di Milano, nei primi mesi del 1989,
almeno nella versione dei moralisti da quattro soldi delle seconda repubblica (anche
per nostra colpa, l'unica disponibile sul mercato) è rimasto quello di Panseca
e dei suoi archi di trionfo, simbolo di un pacchiano culto della personalità e
magari anche della Milano da bere.
In realtà si trattò della più alta e ultima manifestazione dell'internazionalismo
socialista; in Italia e altrove. E all'inizio di un anno magico, dove le sue
più rosee previsioni sembravano vicine a realizzarsi.
Presenti a quell'appuntamento: sandinisti e guerriglieri afgani (peraltro di
natura imprecisata...); cileni ed eritrei; israeliani e palestinesi (partecipi
di un dialogo durato anni); e, soprattutto, esponenti del dissenso nell'Unione
sovietica e nei vari paesi dell'Est, assieme a personalità di spicco (in primis
ungheresi e polacche) dei regimi al potere già impegnati sulla strada del loro
radicale cambiamento.
"Meno ma meglio" rispetto ai congressi del Pcus. Lì più sigle; ma
chiamate ad esibire la loro fedeltà, ideologica e politica agli insegnamenti e
alle direttive del partito guida. Qui una babele di voci spesso diverse; ma
espresse da forze accomunate dal grato riconoscimento nei confronti di un
partito e di un leader per quanto aveva fatto o detto per difendere la loro
causa.
A loro fu dedicata, caso raro e magari chissà anche unico nella storia, una giornata
intera del congresso: e non per "portare il saluto"ma per parlare di
sè stessi e dei problemi che e marano chiamati ad affrontare; e, per inciso, di
ciò che il Psi di Craxi aveva fatto e poteva ancora fare per loro.
Era il riconoscimento dovuto ad un grande internazionalista (e, sia detto per
inciso, difensore della nostra sovranità nazionale): nel contesto di un disegno
che, almeno sui due fronti allora fondamentali- quello israeliano-palestinese e
quello europeo- appariva diverso, rispettivamente, da quello espresso dagli
Stati uniti e dalla socialdemocrazia tedesca; ma, al tempo stesso,
complementare.
Nel primo caso il leader socialista sosterrà fino in fondo una linea di accordo
basata sì sull'intesa tra Israele ed Olp ma, al tempo stesso, internazionalmente
garantita a partire dalla partecipazione dei paesi arabi.
Nel secondo, che è al centro di questa nota, sosterrà che la liberazione
pacifica dei e nei paesi dell'Est non potesse passare attraverso il solo
dialogo diplomatico con i rispettivi regimi ma anche e soprattutto, attraverso
il sostegno attivo -culturale ma anche economico e politico- alle forze del
dissenso.
Simbolo e coronamento di questa grande visione sarebbe stata, di lì a poco, la
cerimonia in onore di Imre Nagy. Un dirigente comunista il cui governo, nella
prima metà degli anni cinquanta, era stato una parentesi di ragionevolezza e di
umanità nel mare di un feroce stalinismo. E che aveva poi pagato con la vita la
sua identificazione con la rivoluzione del 1956 (e senza alcuna abiura...).
Intorno alla sua tomba, allora riportata alla luce, ed alla sua modesta piccola
statua, si riunirono, assieme al popolo ungheresi, comunisti revisionisti ,
esponenti del dissenso, e, venuti dall'Italia, Craxi e Occhetto.
Di lì a poco, il primo avrebbe aperto al secondo l'entrata nell'Internazionale
socialista. Qualche anno dopo, il secondo nel viaggio in aereo verso il suo
Congresso di Berlino, si sarebbe nascosto, nei gabinetti e altrove, pur di non
essere visto assieme all'esponente del Psi che viaggiava verso l'identico
appuntamento. Oggi il governo di Orban, in nome di un odio che accomuna il
comunismo al socialismo sposta la statua verso nuove destinazioni periferiche e
infanga la sua memoria.
Una tragedia storica di cui la scomparsa dell'internazionalismo socialista ha
svolto un ruolo non marginale.
Rendergli questo piccolo omaggio, ai suoi protagonisti e ai suoi simboli di
allora è, dunque, insieme la dolorosa consapevolezza dei successivi disastri e
delle cause che gli hanno determinati e un elementare dovere morale.