Testamento biologico. LA CHIESA CATTOLICA SI SPACCA SULLA BIOETICA. La Conferenza Episcopale tedesca approva l'eutanasia passiva e l'eutanasia indiretta, da Migromega-online, 17 marzo 2009

06 aprile 2009

Testamento biologico. LA CHIESA CATTOLICA SI SPACCA SULLA BIOETICA.  La Conferenza Episcopale tedesca approva l'eutanasia passiva e l'eutanasia indiretta, da Migromega-online, 17 marzo 2009

Pubblichiamo la traduzione di ampi stralci del documento “Christliche Patientenverfügung” (Disposizioni sanitarie del paziente cristiano), un testo comune di cattolici e protestanti contenente disposizioni sul fine vita, siglato nel 1999 (e rivisto nel 2003), che porta le firme del Presidente della Conferenza Episcopale tedesca cardinale K. Lehmann e del Presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche tedesche M. Kock.
Premessa.

Il progresso medico ha portato negli ultimi decenni a una difficile situazione. Da un lato grazie a moderne possibilità mediche si è in grado di guarire malattie che sino a pochi anni or sono erano considerate inguaribili, d’altro lato l’utilizzo di tutti i mezzi tecnici della medicina intensiva possono avere anche l’indesiderata conseguenza di prolungare soltanto le sofferenze e l’agonia delle persone. Per permettere di vivere sino in fondo una vita dignitosa, può essere auspicabile sia utilizzare sia rinunciare a utilizzare la medicina intensiva. Un’ultima decisione deve essere presa partendo dalla concreta situazione del morente e in base ai suoi desideri e bisogni. Cardinale Karl Lehmann, Presidente della Conferenza episcopale tedesca, Presidente ecclesiastico Manfred Kock, Presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania.

Introduzione.

Molte persone si preoccupano dell’ultima fase della loro vita. Si chiedono: come sarà la mia fine? Potrò morire a casa o mi si porterà in ospedale? Avrò vicino persone ad assistermi e confortarmi? Avrò dolori insopportabili? Oppure sonnecchierò soltanto in stato d’incoscienza? Per quanto difficili siano tali domande, è bene non cercare di eluderle. Infatti della vita responsabile fa parte anche la riflessione sulla morte e l’accettazione della propria mortalità. La fede cristiana, il cui nucleo è rappresentato dall’agonia, dalla morte e dalla resurrezione di Gesù Cristo, lascia la libertà di riflettere anche sul proprio morire e di provvedervi adeguatamente. Molte persone si chiedono se sfruttare ogni possibilità della medicina contribuisca alla fine veramente a migliorare la qualità della vita oppure prolunghi soltanto un faticoso processo di morte. Cos’è meglio: morire nel proprio ambiente familiare, anche se l’assenza di possibilità tecniche mediche può abbreviare l’ultima fase della vita, oppure vivere il più a lungo possibile in sala di rianimazione contornati da macchinari? Non è possibile rispondere in generale a domande del genere. Per poter vivere dignitosamente fino alla fine può essere necessario sia un trattamento medico intensivo, sia la rinuncia ad applicarlo. In conclusione la decisione deve essere presa in base alla situazione concreta del morente e tenendo presenti i suoi bisogni. Ma chi decide? Chi decide se gli interessati stessi non possono più esprimersi al riguardo? Chi decide se essi non possono più dire personalmente cosa desiderino? Anche se non hanno documentato per iscritto le loro idee e i loro desideri, saranno assistiti e curati, adeguatamente alla loro situazione. I medici e i sanitari si sono impegnati a rispettare sino alla fine la dignità e il valore di ogni vita umana. Qualsiasi trattamento medico presuppone comunque il Suo consenso. Grazie a un testamento biologico Lei può partecipare già ora alla decisione relativa all’utilizzo di procedimenti medici, determinando così lo svolgersi dell’ultima fase della Sua vita. Lei può fare ora qualcosa per poter essere assistito in questa fase della vita in modo dignitoso e fisicamente sopportabile, tramite cure mediche e assistenza qualificata, secondo le Sue idee e il Suo desiderio. Nel caso che Lei si venga a trovare in una situazione in cui non sia più in grado di decidere personalmente su interventi medici, il testamento biologico da Lei redatto deve aiutare il medico nelle sue decisioni. Le seguenti riflessioni stanno alla base della proposta di firmare per tempo un testamento biologico del genere: - La vita ci è stata donata in modo che noi – nonostante il dolore e la morte – possiamo accettarla e realizzarla. Dio è amico della vita. Egli vuole che noi riusciamo ad avere una vita piena. A questo scopo desidera la nostra attiva e passiva partecipazione. Egli ci rende capaci di realizzare in modo responsabile la nostra vita, anche nella sua ultima fase. - Fino alla fine si deve poter sentire una vita come degna di essere vissuta e dotata di senso. In ciò rientra anche il ricevere informazioni, il poter decidere, il poter restare in contatto con persone care, l’aver tempo di riflettere e chiarire delle domande e di congedarsi e accettare la propria morte. Questo è spesso un processo difficile. Forti dolori e sintomi fisici strazianti, così come una massiccia inibizione farmacologica possono impedirci di sentirci pronti per morire. La terapia del dolore, la medicina palliativa, il lavoro degli hospices, le misure assistenziali e l’accompagnamento spirituale o da parte del prossimo devono permettere di trovare con sensibilità e rispetto verso il morente quell’equilibrio che consente di vivere dignitosamente e sensatamente anche la parte finale della vita. - Nel testamento biologico possono essere formulati i Suoi desideri relativi al trattamento di fine vita, come ad esempio la rinuncia a un esteso trattamento medico-tecnico o il desiderio di misure che leniscano il dolore (medicina palliativa). Si vuole così garantire che nel caso Lei stesso non sia più in grado di esprimersi, la sua personale opinione rispetto alla fine della vita sia nota a tutti i medici curanti e venga rispettata. Ciò non significa che si debba rinunciare alle opportunità della medicina moderna se da queste ci si può aspettare un aiuto duraturo. Bisogna rispettare la decisione di certi pazienti di accettare il cammino attraverso la malattia e la sofferenza, attraverso la sopportazione di dolori e di pesanti terapie come processo di crescita interiore. Alcuni cristiani vivono attraverso le sofferenze l’esperienza di una profonda solidarietà con Cristo, con colui che attraverso la sua sofferenza ci redime.

Spiegazioni

Cosa viene regolato in un testamento biologico? Con un testamento biologico sostanzialmente si possono richiedere sia misure della cosiddetta “eutanasia passiva”, sia della cosiddetta “eutanasia indiretta” (vedi sotto). Lei può quindi pretendere che misure di sostegno della vita vengano omesse, che misure già iniziate vengano interrotte o che Le vengano somministrati farmaci sedativi del dolore, anche se è possibile che questi abbrevino la vita. Al contenuto del testamento biologico sono posti tuttavia dei limiti in base alla responsabilità cristiana e all’ordinamento giuridico. Così non Le sarà possibile disporre che il medico curante nel caso di una malattia inguaribile e di grandi dolori la possa uccidere (cosiddetta “eutanasia attiva”). Per il medico il testamento biologico è un importante indizio sulla sua volontà che può essere illegale non prendere in considerazione. Resta comunque il medico il responsabile delle misure mediche, per cui a volte si vengono a creare delle tensioni fra la volontà del paziente stabilita in un testamento biologico e la convinzione di coscienza di chi lo cura. Nessuno può tuttavia essere obbligato contro la sua volontà a sottoporsi a misure diagnostiche o terapeutiche, per quanto promettenti queste siano. Se un chiarimento del conflitto non dovesse essere possibile attraverso colloqui, non si può far altro che andare per vie legali.

Le diverse forme di eutanasia

Il significato del termine tedesco “Sterbehilfe” (in italiano eutanasia, ma letteralmente “aiuto nel morire”, n.d.t.) che si è andato affermando è quello di facilitazione della morte per un malato inguaribile. Se si tratta però di aiuto da parte del prossimo o aiuto spirituale nel morire o durante il morire sarebbe consigliabile usare il termine “Sterbebegleitung” (cioè “accompagnamento alla morte”). Alla richiesta di una “morte dignitosa” si associa tuttavia spesso anche la richiesta di poter decidere personalmente la durata della propria vita e il momento della propria morte. La “Sterbehilfe” non viene pertanto più intesa come aiuto nel e durante il morire, bensì come aiuto a morire (nel senso della cosiddetta “eutanasia attiva”). Dal momento che il termine “Sterbehilfe” nella sua polivalenza dà spesso adito a fraintendimenti del genere, è bene distinguere le diverse forme di eutanasia: L’“eutanasia passiva” è diretta a lasciar morire in modo dignitoso, in particolare non continuando o addirittura nemmeno iniziando una terapia volta a prolungare la vita (rinunciando ad esempio all’alimentazione artificiale, alla respirazione artificiale o alla dialisi, alla somministrazione di farmaci come per esempio antibiotici) nel caso di un malato inguaribile. Essa presuppone il suo consenso ed è giuridicamente ed eticamente ammissibile. L’“eutanasia indiretta” viene prestata quando al morente vengono prescritti dal medico farmaci sedativi del dolore che come effetto secondario involontario possono accelerare il subentrare della morte. Considerando il duplice dovere del medico sia di mantenere in vita sia di alleviare il dolore, una tale eutanasia indiretta viene ritenuta ammissibile sia giuridicamente che eticamente. Per “eutanasia attiva (o diretta)” s’intende l’uccisione mirata di una persona, per esempio somministrandole un preparato che induce la morte (una pastiglia, un’iniezione o una fleboclisi). In Germania è vietata dalla legge e viene perseguita penalmente, anche qualora avvenga dietro esplicito consenso del paziente. La legalizzazione dell’eutanasia attiva in Olanda e in Belgio consente in questi paesi l’uccisione di malati gravi o terminali in determinate condizioni. L’eutanasia attiva non è tuttavia conciliabile con la concezione cristiana dell’uomo. Assistenza al suicidio (il cosiddetto “suicidio assistito” o “accompagnamento al suicidio”) viene detto il sostegno prestato a una persona nel realizzare il proprio suicidio. Ciò può avvenire procurando sostanze letali o anche mostrando come utilizzarle. Essa non è limitata soltanto alla fase della morte vera e propria, bensì avviene spesso già subito dopo che è stata diagnosticata una grave malattia o vi è stata una prognosi infausta sul decorso di una malattia. L’assistenza al suicidio, che in alcuni paesi (per es. la Svizzera) viene praticata da cosiddette “Sterbehilfe-Organisationen” (organizzazioni per l’eutanasia), è molto discutibile dal punto di vista etico. Chi assiste accetta nel caso concreto il suicidio, ne condivide i motivi e le ragioni. Pertanto la responsabilità dell’assistenza si estende non soltanto al mettere a disposizione i mezzi, bensì anche alla conseguenza prevedibile, cioè l’azione suicida stessa. Chi mette a disposizione il mezzo è corresponsabile del suicidio. Il suicidio assistito corrisponde eticamente all’eutanasia attiva da noi rifiutata. Nei “Principi dell’Ordine federale dei medici sull’accompagnamento medico alla morte” del 1998 si legge: “La partecipazione del medico al suicidio è contraria all’etica medica e può essere passibile di pena.”

Diritto di autodeterminazione del paziente

Del diritto del paziente (per es. libera scelta del medico, informazione, adeguato trattamento medico) fa parte in modo centrale il diritto di autodeterminazione. Per attuare od omettere un trattamento è decisivo che il paziente, dopo essere stato adeguatamente informato, abbia manifestato la sua esplicita volontà al riguardo, anche qualora il medico consigliasse altre misure diagnostiche o terapeutiche. Accanto alla possibilità di stabilire in qualsiasi momento di mutare l’obiettivo del trattamento, il diritto di autodeterminazione del paziente comprende anche la possibilità di decidere disposizioni su situazioni future. Questo vale in particolare per condizioni vitali in cui i pazienti non possono più esercitare personalmente i propri diritti, cioè non possono più dare il loro consenso perché sono incapaci di dare un consenso, per es. perché sono troppo deboli, confusi o incoscienti. Allora la volontà presunta del paziente è determinante per le decisioni dei medici, dei sanitari, dei congiunti o dei fiduciari. Il testamento biologico riveste un ruolo importante nella ricerca di questa volontà presunta.

Sul rapporto fra medico e paziente

Si deve considerare che la volontà del paziente è la base di ogni trattamento. Il medico è pertanto obbligato a trovare la volontà o la volontà presunta del paziente per la situazione data. Nessuno può essere costretto contro la sua volontà a sottoporsi a misure diagnostiche o terapeutiche, per quanto promettenti queste siano.

Trattamento e assistenza

Per il caso in cui venga decisa la limitazione delle misure terapeutiche, particolare importanza viene conferita al trattamento e all’assistenza della persona malata. La limitazione delle misure terapeutiche può rientrare anche nell’ampio accompagnamento medico e sanitario del morente, il quale include anzitutto la dedizione umana verso il malato, la sedazione del dolore e dei disturbi, così come la messa in atto di misure specifiche di trattamento in modo che i bisogni primari dell’esistenza umana restino tutelati. I “Principi dell’Ordine federale dei medici sull’accompagnamento medico alla morte” del 1998 hanno sottolineato che, indipendentemente dallo scopo del trattamento medico, il medico deve in ogni caso fare in modo che vi sia una cosiddetta “assistenza di base”. Di ciò fanno parte fra le altre cose una sistemazione dignitosa, la dedizione, l’igiene del corpo, l’alleviamento del dolore, della difficoltà respiratoria e della nausea, così come l’appagamento della fame e della sete.

Alimentazione e idratazione artificiale

Anche qualora Lei disponga di non desiderare misure di prolungamento vitale nella fase della morte, una cosiddetta “assistenza di base” viene di principio attuata e in questa rientra anche “l’appagamento della fame e della sete” (cfr. i “Principi dell’Ordine federale dei medici sull’accompagnamento medico alla morte” del 1998). Se l’alimentazione artificiale tramite un sondino naso-gastrico, per bocca o per via gastroenterica (la cosiddetta sonda PEG) o per fleboclisi rientri alla fine della vita nell’“assistenza di base”, va deciso da caso a caso. Si informi presso il Suo medico di fiducia o presso un sanitario e discuta la problematica con i Suoi famigliari. I Suoi desideri, anche riguardo a limitazioni temporali, può esprimerli sul modulo alla voce “Spazio per disposizioni integrative”.

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