TERREMOTO: VAGLIARE ATTENTAMENTE LE RESPONSABILITA’ da Fuoritutto del 16 aprile 2009
19 maggio 2009
L’indagine giudiziaria per accertare eventuali responsabilità per i crolli “anomali” causati dal terremoto del 6 aprile scorso è formalmente avviata. Dopo un iniziale riserbo del capo della procura aquilana che all’inizio non aveva ritenuto di rivelare neppure le ipotesi delittuose iscritte nel registro delle notizie di reato a carico di ignoti, le dichiarazioni alla stampa non sono state certo lesinate. È stata data subito la notizia dell’affidamento a due ingegneri dell’Università dell’Aquila dell’incarico di accertare sia “le cause dei crolli avvenuti in città e nei comuni del circondario”, che “eventuali violazioni di disposizioni normative”. Si è ritenuto poi di precisare che i due tecnici potranno avvalersi dell’ausilio di poliziotti e carabinieri che, oltre ad effettuare le ispezioni, provvederanno all’acquisizione dei documenti relativi a tutti gli stabili; da ultimo è stata fornita la lista delle priorità dell’indagine che vede al primo posto gli edifici pubblici dove ci sono stati morti e feriti, quindi quelli dove il crollo non ha causato danni alle persone; infine, nello stesso ordine, gli stabili privati. Attività e adempimenti tutti ampiamente prevedibili e scontati che tuttavia destano non poche perplessità. Invero l’elenco degli edifici crollati o dichiarati inagibili è alquanto lungo e il compito affidato a due soli tecnici è, a dir poco, improbo. È impensabile che nell’arco di sei mesi, nel caso specifico prorogabili per legge fino ad un massimo di ventiquattro mesi (attesa la particolare complessità delle indagini), due soli tecnici possano esaminare la quantità di documenti e materiali che saranno acquisiti ed affrontare le complesse problematiche che verosimilmente emergeranno. Ma, senza alcun intento di sindacare le scelte degli inquirenti, non può farsi a meno di osservare che l’oggetto dell’indagine non è unico. Unica è la catastrofe complessiva causata dal terremoto, ma l’oggetto dell’indagine penale avviata non può che concernere una pluralità di fatti e, più precisamente, di crolli causati dalle scosse telluriche dei giorni scorsi, mentre è indubbio che ogni edificio crollato potrebbe celare uno o più comportamenti penalmente rilevanti assolutamente diversi e distinti, rispetto a quelli di altri edifici, talché non v’è motivo per procedere ad una sola iscrizione nel registro delle notizie di reato e ad un’indagine unitaria. Sarebbe stato più opportuno frazionare sin dall’inizio la (prevedibile) complessa attività e affidare separatamente più incarichi a diversi consulenti in base alle varie tipologie di crollo o di dissesto degli edifici. L’estrema varietà delle problematiche avrebbe giustificato il frazionamento dell’indagine con riferimento ai singoli casi. Il fatto reato nel caso di specie non è, infatti, il terremoto, ma i singoli crolli e le morti che purtroppo ne sono derivate. Verosimilmente non tutti gli edifici sono stati progettati dagli stessi tecnici o realizzati dalle stesse imprese, talché, nel caso in cui dovessero emergere delle responsabilità per ogni singolo edificio crollato o danneggiato, il numero degli indagati e la varietà delle rispettive responsabilità sarebbe tale da rendere ingestibile un maxiprocesso che per un piccolo tribunale come quello aquilano non sarebbe meno gravoso sul piano organizzativo dello stesso sisma recentemente subito. Fu correttamente affermato nel 1989 (anno di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale) che il nuovo strumento processuale non era adatto per né per le maxi inchieste, né per i maxi processi. E l’esperienza insegna come sia meglio procedere ove possibile ad indagini separate e snelle, salva restando poi la possibilità di riunire eventuali procedimenti connessi, piuttosto che infarcire un’indagine di numerose problematiche non facilmente gestibili. Come in qualsiasi indagine, anche in quella aquilana, pur se definita da taluno “la madre di tutte le indagini”, alla fine non potranno che prevalere l’equilibrio e la moderazione, talché anche il proposito manifestato da chi vorrebbe “arrestare” gli eventuali responsabili del disastro “prima ancora di sottoporli ad indagini”, non potrà che essere giustificato dal contesto emotivo in cui è maturato e dalla gravità dei danni personali e patrimoniali subiti dalla popolazione abruzzese. Ma il medesimo contesto non giustifica il timore, quanto mai prematuro, di dover contrastare eventuali infiltrazioni mafiose o camorristiche che potrebbero trarre profitto dalle opere di ricostruzione che presto saranno immancabilmente avviate. La prevenzione dei reati e dei fenomeni criminali rientra tra i compiti delle forze dell’ordine e non della magistratura; quest’ultima, malgrado qualche tentativo di attribuirsi competenze e funzioni di supplenza, sottraendole ad altre istituzioni, non potrà avviare alcuna indagine senza una preventiva notizia di reato. La mera probabilità che taluni reati possano in futuro verificarsi non autorizza a mettere il carro davanti ai buoi e a distogliere l’attenzione dalla complessità dei problemi attuali. (Sal)
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