TEMPESTA SULLA MAGISTRATURA E SUL CSM di Francesco Bochicchio

29 luglio 2019

TEMPESTA SULLA MAGISTRATURA E SUL CSM di Francesco Bochicchio

Francesco Saverio Borrelli, uno dei Magistrati (della Pubblica Accusa, ma sempre Magistrato) più limpidi ed autorevoli che abbia mai avuto l’Italia, è morto pochissimo dopo l’esplosione della crisi più grave della Magistratura italiana.

E’ questo il segno, inconfutabile, che è la Storia la fonte migliore e più autorevole dei più eclatanti paradossi eclatanti.

Alcuni dei Magistrati più esposti nel respingere il disegno anti-legalitario di Berlusconi - massime durante i suoi Governi-, teso a sottrarre i potenti economici e politici ai Procedimenti Giudiziari ed a monte al rigore della legge, sono convolti nello scandalo.

Le irregolarità in cui è stato coinvolto il CSM in suoi importantissimi esponenti, ed il discorso si estende ad Associazioni di Magistrati ed a settori importantissimi della Magistratura, sono di enorme gravità in quanto riguardano da un lato tutele e dall’altro pressioni, il tutto evidentemente indebito e continuativo e perenne, nei confronti di singoli Magistrati. Il CSM è venuto così meno alla propria funzione istituzionale di Organo di Autogoverno della Magistratura, e l’intera Magistratura si è posta al di sopra della legge diventando Organo Politico e non Organo di garanzia, quale essa è, e comunque deve essere.

La crisi, gravissima e con rischi profondi di irreversibilità, dipende dalla circostanza che la Magistratura ha smarrito la legalità che è la sua unica ragion d’essere, in quanto nella divisione dei poteri, fondamentale perché il potere non si concentri in poche mani e perché quindi lo stesso non sia originario ed assoluto ma discenda sempre dal popolo, la Magistratura è l’unica custode della legalità e del rispetto della legge.

Lo smarrimento della legalità da parte della Magistratura è disceso anche dalla guerra dei vent’anni del periodo berlusconiano, guerra che non è mai cessata nemmeno dopo, in cui la stessa, in penuria di mezzi e con una legislazione frammentaria e dalla redazione infelice, si è trovata, in aggiunta a ciò, vittima di un’aggressione indebita da parte di Berlusconi e dei suoi, finalizzata a sovvertire proprio la legalità.

La difesa, meritoria ed eroica, della legalità la ha peraltro spinta alla autoreferenzialità, e in modo ancora più grave, ha creato una contraddizione e così un “vulnus” istituzionale insanabile, nel momento in cui ad oggetto dello scontro vi era un valore fondamentale, con la Magistratura, Organo di Garanzia, che è diventata parte del conflitto contro il Potere Politico.

L’essere parte del conflitto la ha portata pian piano a diventare parte “tout court” e quindi componente dell’agone politico.

Ciò nel momento in cui il centro-sinistra, che avrebbe dovuto sostenere la Magistratura, si è dimostrato sorretto da strumentalità e dal rivelarsi legalitario esclusivamente a corrente alternata.

Come risolvere la crisi?

Non certo con misure tampone e folcloristiche come l’estrazione a sorte dei componenti del CSM: più in generale, è ovvia la tentazione della maggioranza politica, ma anche della minoranza, di mettere le mani sulla Magistratura, sovvertendo l’assetto costituzionale rigorosissimo e sottoponendo la stessa a controllo politico.

La difesa della Magistratura deve dipendere, certamente, innanzitutto da essa stessa. Ma è una difesa improba nel momento in cui è perso il valore assoluto della legalità.

Anche la sinistra si è rivelata spesso ambigua sul punto, e non ci si riferisce solo alla sinistra clientelare, che alla fine ha preso il sopravvento, ma anche quella a radicale, che sin dagli anni ’70 ha inglobato la difesa della legalità in un’ottica di uso alternativo del diritto di stampo marxista e classista, trascurando il valore intrinseco della legalità nell’ottica della sovranità popolare, valore costituzionale fondamentale  e necessario per qualsivoglia ipotesi di emancipazione, anche sociale e quindi anche classista e financo marxista-rivoluzionaria. Ebbene, occorre rimarcare con forza che tale valore intrinseco è incompatibile con qualsivoglia uso del diritto e della legalità, anche alternativo. L’alternatività politica, sociale e di classe si realizza unicamente sviluppando il diritto, ma mai piegandolo.

Nella sinistra radicale, unica, insieme ai radicali, a difendere il garantismo, ha pesato anche l’avversione nei confronti di posizioni giustizialiste della Magistratura (di cui alfiere ed emblema è Davigo): qui è sorto un grande equivoco, in quanto garantismo senza legalità è impossibile. Eccessi giustizialisti vanno emendati esclusivamente all’interno della legalità e mai in contrapposizione ad essa. La maggior parte degli eccessi è peraltro del tutto presunta e dipendente da una visione del tutto strumentale, che ha esaltato la necessità di tutela massima del rigore della prova, la quale peraltro non è assolutamente messa in pericolo nei reati economici ed istituzionali, dove la prova è documentale, e non testimoniale come nei reati usuali e tradizionali.

Ma è il discorso è ancora più profondo. La difesa della legalità è fondamentale ai fini del costituzionalismo e della sovranità popolare. Ebbene, si è dimostrato che la difesa della Costituzionale, anche della più bella del mondo come la nostra -ed i commenti ironici vanno restituiti immediatamente ai tanti, anzi ai troppi, mittenti-, è illusoria quando non vi è una parte politica, anche minoritaria, ma comunque significativa che la propugni fortemente, come è accaduto, ma solo in passato, vale a dire da parte della sinistra nella prima Repubblica.

Come lo scrivente non si stanca mai di ripetere, la sinistra radicale si deve porre il problema di riforma della Costituzione, che resta la più bella del mondo, senza ovviamente sovvertirla, ma nel senso esclusivo di provvederla di “enforcement”, vale a dire di effettività, che come visto manca. Segno eclatante di siffatta mancanza è rappresentato dalla circostanza che la Giustizia Costituzionale è diventata garante non tanto dei valori costituzionali, quanto piuttosto degli equilibri politici.

 Il voto contrario al referendum” sulla riforma Renzi/Boschi era doveroso, ma poi è rimasto senza seguito.  

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