TAREQ AZIZ E I CRISTIANI IN IRAQ, di Kawa Goron, del 1 dicembre 2010

17 gennaio 2011

TAREQ AZIZ E I CRISTIANI IN IRAQ, di Kawa Goron, del 1 dicembre 2010

In questo periodo il problema drammatico delle comunit¨¤ cristiane in alcuni paesi (India, Pakistan, Iraq¡­.) torna all¡¯attenzione dell¡¯opinione pubblica e soprattutto del Vaticano che cerca di sollecitare la drammaticit¨¤ di queste antiche comunit¨¤ a volte preislamiche in certi paesi tormentati dai loro conflitti interni. Molti cristiani di tali zone hanno gi¨¤ abbandonando il proprio paese per trovare l¡¯accoglienza nei paesi a maggioranza cristiana Italia compresa. Per secoli le comunit¨¤ mussulmane, cristiane ed ebraiche hanno convissuto insieme in pace senza problemi rilevanti, non a caso ancora oggi la comunit¨¤ ebraica pi¨´ grande dopo l¡¯Israele circa trentamila fedeli vive in Iran dell¡¯Ahmadinajat, colui che non riconosce lo stato di Israele e a volte pronuncia frasi da commedia. Il problema dei cristiani esiste e andrebbe affrontato seriamente nelle sedi appropriate. Collegare la condanna a morte di Tarek Aziz da parte del tribunale di Baghdad al problema della persecuzione dei cristiani non ¨¨ solo un errore ma ¨¨ pura strumentalizzazione che sicuramente non giova alla causa dei cristiani. Aziz e la comunit¨¤ cristiana sono due argomenti ben distinti che vanno analizzati da ottiche differenti. Aziz non ¨¨ stato condannato a morte in quanto cristiano, ma ritenuto corresponsabile di crimini orrendi. La persecuzione dei cristiani, le operazioni terroristiche sono da attribuire ai gruppi che potrebbero fare riferimento ad Al Qaida, probabile che siano anche commissionate dagli ex Baathisti del regime che oggi avendo perso il potere tentano di destabilizzare il paese e provano di attirare l¡¯attenzione delle comunit¨¤ cristiane e del Vaticano. T¨¡req ʿAz¨©z, ¨¨ pseudonimo di Mikhail Yuhanna, nato il 28 aprile del 1936 a Tel Keppe vicino alla citt¨¤ di Musul nel nord dell¡¯Iraq ¨¨ stato ministro degli esteri (1983¨C1991) e vice-primo ministro (1979-2003) dell'Iraq sotto il governo dittatoriale di Saddam Hussein, di cui ʿAz¨©z ¨¨ stato anche consigliere per molti anni. Aziz era iscritto ed era nella direzione del partito Baath (di cui Saddam faceva parte) che nel 1968 con un golpe militare rovesci¨° il governo di Abdalrahman Aref. Inizia cosi un periodo di terrore in Iraq, molti membri del governo di Aref furono condannati a morte, molti degli esponenti del partito comunista furono eliminati pubblicamente o in circostanze misteriose. Cosi s¡¯instaur¨° un regime dittatoriale in Iraq che con la presa di potere da parte di Saddam Hussein raggiunse il culmine dell¡¯arte della crudelt¨¤. Saddam per salire sui gradini del potere fece assassinare tutti i suoi oppositori nel partito, parallelamente anche Aziz faceva carriera e saliva anche lui sui gradini del potere e offriva sempre di pi¨´ la sua fedelt¨¤ a Saddam. Negli anni ottanta pi¨´ volte il regime fece l¡¯uso di tre tipi di gas tossici (iprite, sarin,nervino) contro la popolazione kurda, inoltre 180,000 civili (compreso bambini) sono stati sistematicamente fatti scomparire, oltre 4000 villaggi kurdi rasi al suolo, per non parlare di impiccagioni e fucilazioni. c¡¯era in atto un genocidio. Questi sono solo le azioni pi¨´ inconcepibili del regime nei confronti della popolazione kurda. Hanno pagato anche gli sciiti, molti cristiani soprattutto di etnia kurda hanno pagato con la propria vita militando nei partiti kurdi. In tutto questo e altro, Aziz sicuramente qualche responsabilit¨¤ aveva. Pochi giorni fa a Parigi, invitato per partecipare alla riunione del consiglio dell¡¯internazionale socialista, Jalal Talabani, di etnia kurda e presidente dell¡¯Iraq, dichiarava che non avrebbe firmato la condanna a morte di Aziz, ci¨° ha ridato speranza a tutti coloro che hanno pregato che la condanna ad Aziz non venga eseguita. Perfino il radicale Pannella ha interrotto lo sciopero e pu¨° mangiare e bere qualche boccale di birra. Bisogna ricordare che Talabani ¨¨ un kurdo e per lunghi anni ha combattuto il regime di Saddam. Noi tutti, siamo e saremo sempre contro la pena capitale dovunque nel mondo, tuttavia, abbiamo il dovere nei confronti della storia di rammentare e registrare la realt¨¤ degli eventi che ci coinvolgono.

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