SULLE VICENDE DISCIPLINARI CHE COINVOLGONO RISORGIMENTO SOCIALISTA di Roberto Biscardini e Angelo Sollazzo – Iniziativa Socialista

21 agosto 2015

SULLE VICENDE DISCIPLINARI CHE COINVOLGONO RISORGIMENTO SOCIALISTA di Roberto Biscardini e Angelo Sollazzo – Iniziativa Socialista

Abbiamo letto la lettera che i compagni di Risorgimento Socialista hanno inviato al compagno Crema Presidente della Commissione di Garanzia e al Segretario del Partito Riccardo Nencini a seguito dell’avvio della procedura disciplinare avviata nei loro confronti. Procedura che abbiamo già avuto modo di condannare senza riserve nei giorni scorsi e che avremo modo di argomentare ancora meglio appena ci sarà data l’occasione di partecipare alle riunioni degli organi nazionali di partito. Lettera che con assoluto equilibrio dimostra tre cose che condividiamo. La prima, Rinascimento Socialista nasce all’interno del Psi ed è l’espressione legittima di un dibattito che nel partito è aperto da tempo. Dibattito ben più largo di quanto gli stessi compagni possano da soli rappresentare, ma certamente utile, perché muove dalla considerazione condivisa che non sia più giustificabile per ogni iscritto accettare, senza reagire, il declino politico e organizzativo dell’attuale Psi. Al pari di Iniziativa Socialista e di molte altre voci cresce nel partito la preoccupazione che continuando in questo modo si vada dritti verso una lenta quanto inesorabile consunzione, utile a chi pensa di utilizzare il marchio per fini strumentali e personali, ma devastante sia per i tanti socialisti che al Psi sono stati comunque legati in tutti questi anni sia per tutti coloro che potrebbero avvicinarsi, se avessero di fronte una offerta politica coerente e una prospettiva degna di questo nome. Un ruolo politico e una capacità di proposta che il Psi potrebbe ritrovare se ponesse al centro della propria iniziativa l’obiettivo di difendere e far crescere nella sinistra e nel paese la cultura e la pratica del socialismo italiano. Attività questa ormai dimenticata. La seconda, il dibattito interno quando è espressione di un confronto politico chiaro trasparente è sempre fonte di ricchezza, è linfa vitale, è la ricchezza più grande di cui disponiamo. Esso dovrebbe essere salutato da chi ha le maggiori responsabilità, sempre, come un momento di straordinaria vitalità e di crescita positiva. Chi pensa invece che si debba far giustizia del confronto politico e delle differenze di valutazione utilizzando gli organi di magistratura interna avviando provvedimenti disciplinari e di espulsione dimostra di non avere più a cuore le sorti della nostra comunità, è pronto a tutto pur di salvare sé stesso, tradendo il mandato per il quale era stato eletto. Inoltre, difendere se stesso costi quel che costi, è il segno della peggiore debolezza. Perdere iscritti o addirittura espellere, favorire l’allontanamento di compagni “scomodi”, commissariare federazioni, indebolire le energie più produttive e vitali, minacciare, intimidire, escludere e sostituire gruppi dirigenti locali con compagni ritenuti fedelissimi è insieme l’espressione di una grande involuzione ma anche la controprova che un ciclo rischia di finire nel modo più inglorioso. A questo bisogna mettere un freno. Infine, introdurre nel dibattito interno il tema della fedeltà, e persino il tema della legittimità di posizioni non allineate a quelle della cosiddetta maggioranza, in riferimento alle alleanze di governo, pone, peraltro in assenza di una linea politica chiara, una questione ben più grande. Il tema della democrazia e insieme quello dell’identità. Nel Psi non sarebbe più consentito criticare l’azione del governo, né questo o quel provvedimento: Italikum, jobs act, riforma costituzionale o buona scuola. Esprimere critiche al governo Renzi o esprimere preoccupazioni per il futuro è lesa maestà per interposta persona. Ciò nella storia del Psi non è mai accaduto neppure nei momenti in cui ricoprivamo ben più grandi e dirette responsabilità di governo. Oggi il Psi, o i singoli socialisti, o gruppi, o correnti, non sarebbe più liberi di mettere in discussione l’azione di governo. Il Psi non sarebbe più libero di criticare, di dire la sua, di intervenire con la propria autonomia, non sarebbe più libero di costruire così una prospettiva diversa, non può preoccuparsi di cosa ci sarà dopo e di costruire il dopo, non può cercare di praticare una politica che gli consenta di avere più peso, quindi crescere anche a livello locale ed anche elettoralmente, avere più autorevolezza, essere più protagonista. Perché Renzi non vuole. E quindi dobbiamo votare tutto ciò che ci propone, anche le cose più inaccettabili e in contrasto con la nostra storia e la nostra cultura. Ma è questo che vogliono i nostri iscritti? Non crediamo? Così facendo dovremmo rinunciare alla nostra autonomia accettando una stato di mortificante e quanto inutile subalternità. Un ruolo assolutamente marginale. Ecco, bastano queste prime considerazioni per riaffermare il principio che nel partito deve essere garantito il diritto di esprimere liberamente posizioni politiche diverse e sono legittimati ad esprimerle tutti coloro che non condividendo la deriva recente intendano delineare una prospettiva politica e un futuro diverso. Chi come noi non ha condiviso la decisione di non presentare la lista alle politiche del 2013 quando c’erano le condizioni ottimali per farlo, non ha accettato la politica di totale subordinazione al governo Letta prima e non condividono l’appiattimento del partito sulle politiche del governo Renzi, che nulla ha di socialista, hanno tutto il diritto di esprimerlo ed anche costruire con l’azione politica per un futuro diverso e più entusiasmante. Si può e si deve. Roberto Biscardini e Angelo Sollazzo Iniziativa Socialista

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