SULLA SCISSIONE DEL PD di Maurizio Giancola
25 febbraio 2017
Nuovismo, fine delle ideologie, un progressismo indefinito, leaderismo, partito leggero con il culto delle primarie accanto all'europeismo retorico, alla difesa acritica dell'euro e alla piena adesione alla cultura mercatista e globalista. Su queste basi è nato il Pd, un partito definitosi di centrosinistra quando tutti sappiamo che i partiti sono di destra o di sinistra o di centro, anche se quest'ultima categoria è controversa. Di fatto sono stati sconfitti da Berlusconi nel 2008 e, dopo la sua caduta decisa altrove e da altri, hanno sostenuto le politiche reazionarie del governo Monti (ce lo chiede l'Europa) per poi dare, con la modestissima campagna elettorale del 2013, ampio spazio alla demagogia dei 5 Stelle. A quel punto si sono avvitati su se stessi finché è arrivato Matteo Renzi.
Questo si è rivelato il problema vero. Accettato
inizialmente da quasi tutti come il salvatore del partito ha portato alle
estreme conseguenze le premesse veltroniane, che il mediocre Bersani aveva
cercato di correggere senza successo perché troppo timido ed esitante. Renzi ha
esasperato la concezione leaderistica e maggioritaria, abbandonando ogni
simulacro di tradizione, ed ha avviato una politica avventuristica e muscolare.
Ha scelto Marchionne e Farinetti schernendo la CGIL ed ha puntato tutte le sue
carte sul Jobs Act, l'Italicum e una sgangherata modifica della Costituzione.
Gli è andata male, ma non va dimenticato che questi provvedimenti malsani
furono approvati dagli attuali scissionisti i quali, anziché chiedersi come
fosse stato possibile arrivare a tanto, hanno pensato che il problema fosse
Renzi e solo Renzi e che di conseguenza bisognasse rimuoverlo per ritornare al
passato.
Per questo la discussione ha avuto come unico tema ed argomento Matteo Renzi,
con il noioso corollario delle date di svolgimento delle primarie e del
congresso. Insomma, come è apparso ai più perché così è stato, la differenza
vera riguardava chi dovesse comandare nel partito, non che politiche si
dovessero fare. Dopodiché ci si lamenta e preoccupa per l'avanzata del
populismo.