SULL’ORLO DELL’ABISSO di Alberto Benzoni del 28 febbraio 2022
03 marzo 2022
Oggi
ci sarà un incontro tra una delegazione ucraina e una russa.
In
questo incontro, gli ucraini si troveranno in una posizione militarmente molto
più debole ma politicamente, anzi umanamente, infinitamente più forte. Come
dimostra il fatto che i russi riconoscono come legittimo il loro governo, dopo
averlo definito “governo di nazisti e di drogati” e avere tentato di scaricarlo
trattando con i militari. E come dimostra il fatto che in tutto il mondo la
solidarietà con Zhelenski è strettamente legata al nostro desiderio di pace,
espressa in mille grandi manifestazioni.
I
tifosi dell’una o dell’altra parte - sto parlando dell’Occidente e della
Russia, inutili sempre, più che fastidiosi oggi - possono tranquillamente
tacciare i manifestanti, rispettivamente come imbelli e come ipocriti.
Prendiamo
atto della prima accusa che giunge a chiamarci corresponsabili delle cosiddette
vittorie del nemico di turno, respingendola al mittente. E dicendo che essere
pacifisti è meglio che essere guerrafondai; se non altro perché fa molto meno
danno.
Per
il resto siamo stati, è vero, ipocriti. E anche, volutamente ciechi e sordi.
Nessuna lacrima, nessuna considerazione per le tragedie causate dalle nostre
guerre umanitarie; o per le vittime innocenti di sanzioni che hanno colpito e
colpiscono i governati e non i governanti. Indignazioni fasulle e lacrime sul
rimmel per Navalny, falso oppositore del regime o per la tennista cinese; un
trafiletto di passaggio sugli attivisti per i diritti umani in Colombia o in
Brasile, sugli indios in Amazzonia, sulle tragedie in Myanmar o magari sui
40000 migranti morti nel Mediterraneo (col sottinteso che “se l’erano
cercata”).
Oggi,
però, le cose stanno cambiando. Hanno cominciato a cambiare quando un grande
giornale americano pubblicò le fotografie dei bambini morti nell’ultima guerra
di Gaza, raccontando la loro vita e le loro speranze e cosa stavano facendo il
giorno in cui sono stati colpiti dalle bombe. E, statene certi, statene
assolutamente certi, quella guerra sarà stata l’ultima. Cambiano oggi, quando
vediamo le rovine di una casa o una donna che piange e sentiamo che il loro
dolore e la loro paura ci appartiene è dentro di noi e ci dice che il poter
vivere in pace e in un mondo libero perché pacificato è un’esigenza di fondo
che va oltre ogni altra considerazione.
Oggi
siamo sull’orlo dell’abisso. L’irreparabile non è ancora avvenuto; grazie
soprattutto alla capacità di resistenza e all’unità ritrovata del popolo
ucraino. I danni umani e materiali sono ancora limitati. L’aggressore può
ancora fermarsi. Ma, perché ciò avvenga, cari amici ucraini, non potete, anzi
non dovete essere lasciati soli.
Oggi,
cari amici ucraini, siete chiamati a incontrarvi con i vostri aggressori. A
vostro favore, la percezione crescente, da parte dell’aggressore, dell’errore
(per noi follia) compiuto; e delle tragedie che verranno, per voi, per lui e
per il mondo intero. A vostro sfavore, l’impossibilità di cominciare ad avviare
un processo di tregua e poi, possibilmente di pace da soli, sotto attacco e in
lasso di tempo molto ma molto breve. E, beffa finale, con la reale possibilità
che le concessioni che sarete chiamati a fare, perché il vostro aggressore non
perda definitivamente la faccia, vengono denunciate dall’occidente, leggi dalla
Nato e dagli Stati uniti, come “nulle e non avvenute” perché imposte. Il che
equivarrebbe a dire che le sanzioni “fine di mondo” resterebbero in piedi,
qualunque fosse l’esito del vostro incontro di oggi. Disincentivando, così,
definitivamente, quei “freni inibitori” che ci auguriamo siano ancora rimasti
nell’autocrate solitario del Cremlino.
Molti,
purtroppo, contano sulla sua follia. Perché il loro obbiettivo non è e non è
mai stato quello di salvare la vostra gente e il loro diritto a vivere in pace
in un paese libero e indipendente ma piuttosto di “ricompattare l’Occidente”; e
perché il Mostro alle porte è il modo più semplice per ricompattarlo.
Perciò,
cari amici, fate di tutto per non arrivare soli e politicamente disarmati;
esigenza essenziale per trasformare un incontro che non può essere un
ultimatum, nell’inizio di un processo alternativo alla guerra. E ricordatevi
che siamo sempre vicini a voi e per il ritorno del dialogo e della pace. Anche
perché, in caso contrario, precipiteremmo in un abisso che ci travolgerebbe
tutti.