SUI GIOVANI MANIFESTANTI IN PIAZZA LA PAROLA A SERGIO MATTARELLA di Alberto Angeli del 1 febbraio 2022
01 febbraio 2022
Voglio sperare che
l’eletto alla presidenza della repubblica Sergio Mattarella giovedì prossimo,
nel momento solenne di assunzione della carica nell’aula del Parlamento
convocato in seduta comune, dedichi qualche secondo a deplorare la carica delle
forze dell’ordine contro i giovani manifestanti, che protestavano contro la
falsa Alternanza Scuola-lavoro dopo la morte in un cantiere di Udine del
giovane Lorenzo Parelli. Studentesse e studenti si sono dati appuntamento al
Phanteon, nella capitale, domenica 23 gennaio per esprimere la loro rabbia
contro “una morte inaccettabile che ha scoperto il vero volto del Pcto
(percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, come si poteva legge
sui volantini distribuiti. L’iniziativa di lotta, nata con l’idea di costituire
un presidio fisso, ha avuto un momento convulso quando un folto gruppo di
presenti ha cercato di alimentare un corteo autonomo con lo scopo di dirigersi
verso il ministero dell’istruzione, incamminandosi per un percorso non
autorizzato. Gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno tentato con due cariche
di alleggerimento di sciogliere il corteo, colpendo studenti e studentesse.
Secondo gli organizzatori della manifestazione, in quattro sarebbero stati
colpiti duramente esibendo “il volto coperto dal sangue”.
Superato il momento
difficile delle cariche, a seguito di una breve i tesa, un gruppo degli
studenti, scortato dalla polizia ha raggiunto il Miur, dove hanno esposto un
cartello con lo slogan “La vostra scuola uccide. Pagherete caro, pagherete
tutto. Stop all’alternanza scuola-lavoro”. Mentre sul volantino diffuso si poteva legge: “Lo scorso
anno sono morti 1400 lavoratori sul posto di lavoro, questa realtà tragica
vuole essere normalizzata sin dalle nostre scuole con l’alternanza, non lo accettiamo:
vogliamo il blocco immediato dei percorsi di alternanza, senza se e senza ma”.
La manifestazione
del 23 scorso è la continuità della mobilitazione che da oltre due mesi vede
decine di istituti superiori e licei occupati dagli studenti, ragazzi e ragazze,
con l’obiettivo di richiamare l’attenzione della politica sulla situazione di
emergenza in cui versa la scuola e la formazione i generale. La crisi pandemica
e quindi quella sanitaria e economica hanno sicuramente aggravato i limiti di
un sistema che richiede riforme da decine di anni senza risposta alcuna. Allora
non è un caso, per esempio, che l’Italia sia l’ultimo Paese europeo per
percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, l’8% rispetto ad una media
europea del 10. Questo perché le risorse a disposizione sono poche e male
distribuite. Ormai da due anni la scuola si scontra con la gestione disattenta
e discriminante della didattica a distanza e del ritorno in presenza delle
lezioni. Senza un piano serio e a lungo termine, sarà impossibile riuscire a
recuperare il ritardo accumulato in questi anni. E questo stato di cose avrà un
costo nella formazione e preparazione dei nostri ragazzi, e quindi del futuro
del nostro Paese.
La deprecabile morte
di Lorenzo Parelli, avvenuta nello stabilimento di un’azienda metalmeccanica in
provincia di Udine, ha rianimato il dibattito sull’alternanza scuola-lavoro –
prevista dal Jobs Act del 2015 (la riforma Renzi, ve la ricordate?), chiamata Percorso per le Competenze
Trasversali e l’Orientamento (PCTO) da una modifica del Miur del 2018. Il
programma, stando a quanto riporta il ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, si presenta come “un momento di formazione pratica in contesti
lavorativi favorendo così politiche di transizione tra il mondo della scuola e
il mondo del lavoro”. Il problema che si ripropone è l’idea di una scuola
costruita in una visione capitalistica, chiamata a formare futuri lavoratori,
garantendo una presunta spendibilità economica e pratica dell’istruzione, a
discapito del ruolo che questa dovrebbe avere nel formare lo spirito critico
dei più giovani. E questo i giovani l’hanno compreso e per questo si battono.
Allora non servono assolutamente forme repressive e autoritarie criminalizzando
i giovani, come avvenuto a Roma nel silenzio
più totale della politica e della sua rappresentanza che, proprio con
l’elezione del nuovo capo dello stato, ha dato prova del suo fallimenti
identitario, mentre le nuove generazioni
chiedono una scuola più sicura, aperta e costruttiva, un sistema capace di
ascoltare attentamente le loro proposte coinvolgendoli nei processi formativi
dei programmi e delle scelte operative.