SPAGNA, SUBITO AL VOTO PER LA TENUTA DEI CONTI di Mauro Bottarelli da il Riformista del 30 luglio 2011
22 agosto 2011
Annuncio di Zapatero. Le elezioni prima della scadenza naturale del mandato serviranno a creare «certezza politica e finanziaria». Il nuovo calendario permetterà di portare a termine i progetti per il consolidamento del debito. Moody’s ha minacciato di declassare il paese iberico. «È assolutamente necessario che il governo che uscirà dalle urne sia pronto ad affrontare già a partire dal primo gennaio la situazione economica e ridurre così il considerevole deficit nazionale». Con queste parole cariche di responsabilità, José Luis Rodriguez Zapatero ha posto fine alle indiscrezioni che fin dal primo mattino di ieri rimbalzavano sulla stampa iberica annunciando elezioni anticipate per il 20 novembre prossimo, quattro mesi prima della scadenza naturale della legislatura. Il 26 settembre verrà sciolto il Parlamento e si darà il via alla campagna elettorale. «Una soluzione a cui il governo pensava da tempo. Abbiamo deciso di comunicare la data per proiettare una certezza politica e economica», ha confermato Zapatero, quasi a voler rispondere alle pressioni dei mercati, rese ancora più forti ieri dalla minaccia di downgrade del rating da parte di Moody’s. Ora il paese dovrà scegliere da chi vorrà essere guidato nel 2012, anno fondamentale per la tenuta dei conti pubblici. Stante l’annunciata non ricandidatura di Zapatero, motivata con il fatto che «due legislature alla guida della Spagna sono sufficienti», ora toccherà al progressista ex ministro degli Interni, Alfredo Perez Rubalcaba tentare la rincorsa sul candidato popolare, Mariano Rajoy, in vantaggio nei sondaggi ma a forte rischio di recupero, visto che quasi tutti gli istituti demoscopici lo danno già al picco dei consensi, senza potenzialità di ulteriori allunghi. Con questa mossa, fortemente voluta dal Partito socialista e inizialmente osteggiata da Zapatero, il Psoe non solo cercherà di mantenere una bandiera socialista nella geografia di centrodestra dell’Europa (con l’eccezione di Grecia, Norvegia e Cipro) ma anche di proseguire il piano di risanamento posto finora in essere. Lo conferma, intervistata da radio Onda Cero, il ministro delle Finanze, Elena Salgado, secondo cui «la Spagna è sulla strada giusta del consolidamento e il governo continuerà a mostrare l’impatto delle riforme strutturali in fatto di mercati finanziari, del lavoro e produttivi». In più, stando ai dati relativi al secondo trimestre di quest’anno, anche la disoccupazione sarebbe in calo, visto che il tasso dei senza lavoro è sceso al 20,9 per cento dal 21,3 dei primi tre mesi del 2011 e il governo centrale aiuterà le autonomie a finanziarsi da sole. Lo scorso 27 luglio proprio la Salgado ha siglato un accordo con le diciassette regioni semi-autonome per nuove regole rispetto ai budget, dopo che i dati del primo trimestre avevano evidenziato il rischio che le autonomie non centrassero l’obiettivo per il 2012 di deficit all’1,3 per cento, all’1,1 nel 2013 e all’1 per cento nel 2014. Insomma, serve rigore e una guida politica ferma per portare avanti l’impegno verso mercati e Ue, anche per smorzare l’ondata speculativa che da almeno due settimane vede le obbligazioni spagnole in tandem con quelle italiane per aumento dei rendimenti, diminuzione della domanda e divaricazione dello spread con i Bund. E ieri, sulla scorta dell’annunciata revisione del rating da parte di Moody’s, il rendimento del bond decennale iberico è salito di un ulteriore 0,10 per cento, arrivando al 6,10 per cento, mentre lo spread sul Bund ha toccato quota 350 punti base. Una decisione, quella dell’agenzia di rating, definita «immotivata» dal Tesoro spagnolo, secondo cui «la ratio tra debito e Pil del paese resta bassa e il piano di previsione sul budget è molto conservativo». Anche Elena Salgado ha commentato l’annuncio di Moody’s, tranquillizzando il paese rispetto al fatto che si tratta solo di una revisione e che quindi non ci sarà downgrade per almeno tre mesi, ma anche mandando un chiaro segnale all’Europa, affinché «le decisioni prese al vertice europeo dell’altra settimana vengano implementate con maggiore velocità». Nella sua minaccia di downgrade del rating spagnolo, attualmente Aa2 come quello italiano, Moody’s citava infatti oltre a «previsioni di crescita peggiori delle attese e di un deficit delle amministrazioni regionali che potrebbe essere più alto di quanto previsto inizialmente», anche «i rischi sui titoli di Stato dell’area euro per l’incertezza sul piano di salvataggio per la Grecia». La nota dell’agenzia di rating, che come “atto dovuto” ha messo sotto osservazione anche il rating delle banche Bbva, CaixaBank, La Caixa e della Confederazione delle Casse di Risparmio, sottolinea quindi ciò che i mercati dicono da giorni ma che la Germania non intende concedere. Ovvero, l’ampliamento ad almeno 1,5 trilioni di euro della disponibilità finanziaria del fondo europeo salva-Stati, in modo da garantirgli operatività sul mercato obbligazionario secondario in caso Madrid e Roma ne avessero bisogno per depotenziare le spinte speculative. Berlino ha già opposto un secco no: toccherà quindi al nuovo governo spagnolo premere un cambio di atteggiamento. Ammesso che non sia troppo tardi.
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