SOCIALSTI E SINISTRA E LIBERTA’, di Roberto Biscardini, 6 luglio 2009

24 luglio 2009

SOCIALSTI E SINISTRA E LIBERTA’, di Roberto Biscardini, 6 luglio 2009

Con Sinistra e Libertà, nata dalla contingenza dello sbarramento al 4%, si è realizzata una alleanza elettorale per le europee e contemporaneamente un inizio di progetto politico.
Sul risultato elettorale le cose sono chiare. 3,1% non è un risultato trascurabile, tenendo conto del fatto che solo il 30% degli elettori sono andati a votare sapendo della nostra esistenza, dei tempi troppo limitati per fare una campagna elettorale incisiva e senza soldi, del danno arrecato dai Radicali, dapprima hanno detto no ad un possibile loro ingresso e poi hanno presentato la loro lista in contrapposizione.
PD e PDL a quel punto hanno orchestrato, anche attraverso le tv di Stato e di Mediaset, il gioco di confondere le idee, fatto di tre ingredienti: oscuramento sistematico di SeL, la sinistra non PD era solo quella radicale di Rifondazione, la sinistra laica e libertaria era solo quella di Bonino-Pannella. Sul progetto politico, c’è bisogno di perfezionare, discutere e ragionare. Affrettare sarebbe sbagliato. Il minimo comun denominatore delle forze che hanno dato vita a Sinistra e Libertà è la necessità di rispondere fuori da PD all’esigenza di dar vita in Italia ad una nuova sinistra politica, costruendo un’area della sinistra di governo nuova, più chiara nei contenuti, laica, libertaria e riformista. Una sinistra fortemente ancorata alle esperienze, pur articolate e differenziate, del socialismo e della socialdemocrazia europea, una sinistra europea di governo e non comunista.
Una sinistra che non accetta il de profundis della socialdemocrazia europea, nonostante i deludenti risultati elettorali anche di questa tornata (i segnali delle difficoltà sono noti da almeno dieci anni), e, sentendosene parte, si fa carico di capire da che parte bisogna ripartire per rimontare la china, per superare le difficoltà, individuando e ammettendo naturalmente gli errori commessi.
Insomma Sinistra e Libertà è di fatto già adesso nel socialismo europeo, ma non ha ancora la forze di dirlo. Quindi non può consentire alle Bindi, guarda caso sponsor di Bersani all’interno del PD, di considerare la socialdemocrazia archiviata e di sostenere che in Italia la sua debolezza storica sia stata assolutamente salutare. Noi sappiamo per chi. Per la DC al governo e per i comunisti fuori.
Quindi che fare? Teniamo in piedi questa alleanza, impegniamoci fin d’ora a presentare ovunque liste di Sinistra e Libertà alle prossime regionali e amministrative del 2010. Lavoriamo per darle contenuti politici e programmatici più forti e identificabili. Organizziamo la sua proiezione esterna con iniziative e campagne politiche molto incisive.
Non possiamo ripresentarci agli elettori come sostanzialmente è accaduto alle europee, dicendo, per differenza, chi non siamo, piuttosto che cosa vogliamo.
Ma lasciamo da parte le fughe in avanti. Sinistra e Libertà ha il problema di organizzarsi ed essere presente nelle forme più diverse a livello territoriale (comitati di coordinamento della confederazione dei partiti, circoli, associazioni tematiche, aggregazioni di consenso elettorale), ma non ha il problema di trasformarsi in partito. Anzi questo potrebbe segnare la sua debolezza e forse la sua fine. All’opposto più le forze che la compongono sapranno rafforzarsi, anche nella loro autonomia, più sapranno rafforzare la propria identità e la propria organizzazione mettendola a disposizione e al servizio del progetto comune, senza chiedere strappi e rinunce troppe pesanti, più Sinistra e Libertà potrà rafforzarsi.
Sul piano politico, quali sono i temi più rilevanti della nostra campagna elettorale e che hanno segnato la differenza con il resto della sinistra? Su questi bisogna lavorare.
In primo luogo il termine Libertà, riportato giustamente nell’alveo naturale della sinistra, può essere giocato con una forza rinnovata e dirompente. Una grande parte della crisi delle vecchie ricette distributive della sinistra assegnano oggi alla libertà e alle politiche di libertà un ruolo straordinario, come strumento per la riduzione delle disuguaglianze. E’ questo il nuovo approccio alla ricostruzione della sinistra riformista.
Quindi il primo punto programmatico, non ideologico, ma di governo è dedicarsi, attraverso nuove battaglie politiche, a come allargare le condizioni di libertà nei diversi settori della società, come strumento per garantire più uguaglianza. La libertà sarà parte essenziale dello sbocco positivo della difficoltà della sinistra italiana ed europea. Insomma non è un feticcio nominalistico. La libertà, essenza stessa della sinistra moderna e di ispirazione socialista, diventa punto centrale della ricostruzione della sinistra ed assegna ad essa una nuova prospettiva e credibilità.
Sul resto del programma quindi non occorre dire tutto, ma occorre avere idee grandi. Avere un programma complessivo e totalizzante potrebbe essere persino pericoloso e fuorviante.
Ma le idee devono essere grandi, perché sono grandi le trasformazioni che stiamo vivendo e conoscendo.
Una sinistra nuova ha il dovere di rispondere in forme nuove a tre questioni che hanno risvolti pesanti sul terreno dell’economia e della coesione sociale: rapporto impoverimento-disoccupazione, immigrazione-sicurezza, questione settentrionale-questione meridionale.
Ciò comporta la definizione delle nuove forme di welfare inclusive di nuove opportunità di benessere e di nuovi diritti. Dalle esperienze europee abbiamo capito che la sacrosanta istruzione, pur ancora assolutamente fondamentale da noi, in un momento di crisi forte come questa, non è tutto.
Occorrono nuove politiche del lavoro per accelerare l’ingresso nel mercato del lavoro dei più giovani in rapporto all’economia reale e al sistema produttivo in senso lato. In altre parole una sinistra moderna deve avere uguale attenzione ai problemi del precariato, piaga estrema, come a quelli della piccola impresa, del lavoro autonomo, delle partite Iva vere o coatte esse siano.
Infine più politica internazionale, perchè molte delle risposte a questi problemi avranno uno sbocco positivo o no, in ragione di quale politiche europee o no saranno introdotte.
Ma a fianco dei grandi temi di politica economica, c’è quello altrettanto grave della crisi sistemica del nostro assetto istituzionale, costituzionale e politico. Possiamo fare finta di niente? Possiamo lasciarlo malamente relegato nella sola agenda della destra? Con tutti i pericoli che questo comporta.
La sinistra non esce dalla crisi in cui si è infilata, se non ha il coraggio di prefigurare una risposta alla crisi della nostra democrazia, sia quella reale sia quella rappresentativa. Se non ha un’idea della forma di stato che vuole costruire e proporre. Non c’è più istituto democratico espressione di democrazia reale o istituzionale che regga.
Guai se la sinistra non ha il coraggio di andare al cuore del problema, affrontando la crisi del sistema, ormai evidente anche come crisi della seconda repubblica, e che si manifesta in modo chiaro nella separazione netta tra costituzione materiale e costituzione formale.
Non si difende la democrazia a parole, non si difende la democrazia mettendo la testa sotto la sabbia. Nessuna sinistra può pensare di difendere la democrazia invocando l’intoccabilità della Costituzione. Quella sinistra ha già perso.
Dovremmo essere proprio noi della sinistra nuova a sentire il bisogno di rafforzare gli istituti delle democrazia in crisi. Dovremmo essere noi della sinistra nuova a denunciare che la seconda repubblica si è costruita su presupposti sostanzialmente anticostituzionali, con leggi, soprattutto quelle elettorali, che hanno modificato l’assetto di Stato e di governo in una direzione che i costituenti non avevano prefigurato.
Dovremmo essere noi a denunciare che i vecchi partiti, quelli che avevano sottoscritto tra loro il patto e che fu alla base della Costituzione del ’46, e che mise gli italiani nelle loro mani, non ci sono più. E non ci sono più perché nonostante i tentativi (Amato iniziò a scrivere del bisogno di una riforma a partire dal 1977) non sono stati in grado di concludere un processo di revisione costituzionale pur a parole ritenuto necessario.
Dovremmo essere noi a far nostro il conflitto che si è aperto tra società e modello di repubblica fondato sui partiti. Conflitto aperto fin dagli anni ’60.
Il PD non può farlo perché si porta dietro le responsabilità del blocco DC-PCI.
Insomma Sinistra e Libertà non può pensare di tutelare la democrazia con un atteggiamento conservatore e difensivo. Altro che intoccabilità della Costituzione.
La Costituzione va riformata, nella seconda come nella sua prima parte, perché, come dicevano i nostri costituenti, le due parti sono inscindibili. Perché il paese ha il bisogno di cambiamento e di innovazione. Perché siano allargati e rinnovati gli spazi di democrazia nella società e sia allargata la sfera dei diritti e delle libertà, costituzionalmente fermi a 60 anni fa.
Noi dobbiamo denunciare che il progressivo scollamento tra la costituzione scritta e quella applicata può portare a situazioni traumatiche, da prevenire solo intervenendo. Non si intacca la democrazia riformando la Costituzione, è e sarà l’esatto contrario. E non è un caso che proprio i socialisti, solo sei mesi fa iniziarono la raccolta di firme per proporre, attraverso una legge di iniziativa popolare, di eleggere un’Assemblea Costituente con il compito di riformare la Costituzione. Di questo bisogna prendere atto. A questa grande iniziativa politica dovrebbero essere affiancate, sul terreno istituzionale, almeno quattro campagne riformatrici.
La prima riguarda i partiti, la loro crisi e la loro involuzione. Occorre una legge che affronti il tema irrisolto della loro figura giuridica, regoli e garantisca la loro vita democratica interna, regoli il finanziamento e le spese dei partiti sia nel loro funzionamento normale che nei periodi elettorali.
Secondo, apriamo la battaglia per il ripristino delle preferenze.
Terzo, a livello locale, bisogna metter mano alle distorsioni introdotte con l’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di provincia e di regione sul versante della riduzione dei poteri di controllo e amministrativo delle assemblee elettive.
Quarto, il cittadino si sente sempre più vessato dalla pubblica amministrazione arrogante. Non è garantito secondo principi di giustizia e imparzialità (vedi il caso delle code in sanità, dei concorsi pubblici truccati e di una corruzione diffusa che discrimina), pesano su di lui forme di potere burocratico e politico impenetrabili, rispetto alle quali non ha strumenti per difendersi e tutelarsi. Pesa su di lui una massa di corruzione diffusa che umilia il suo stato di cittadino libero. Spetta ad una sinistra moderna non solo la denuncia, ma trovare gli strumenti per rispondere ad una così grande attesa.
Insomma un programma concreto, da declinare subito a livello regionale in vista delle ormai imminenti elezioni. Un lavoro da fare guardando avanti e in grande. Perché no. Un lavoro assolutamente non incompatibile con la necessità di “ricostituire una base socialista che si riappropri del prestigio della tradizione socialista”. Quindi non in contrasto con il bisogno che hanno ora i socialisti di rafforzare e organizzare meglio il loro partito.
Se saremo all’altezza del compito e se sapremo far fronte a molti avversari, Sinistra e Libertà potrà rappresentare la forza del socialismo europeo in Italia. Potrà rappresentare la forza di un socialismo largo e di una sinistra rinnovata. Il luogo di una nuova e moderna cultura riformista. Una nuova sinistra italiana appunto, che contenga naturalmente ambientalismo e diversificate esperienze della sinistra democratica e liberale. I liberali di sinistra ci sono già, ma non sono considerati ancora come si dovrebbe. Mancano i Radicali che potrebbero arrivarci. Manca ancora buona parte del popolo deluso da ciò che ha fatto e non ha fatto la sinistra italiana dalla caduta del muro di Berlino in poi. Ma questo potrebbe arrivare. Sinistra e Libertà può quindi presentarsi alle prossime elezioni regionali come una forza autonoma e autorevole di un centrosinistra ancora tutto da ricostruire.

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