SOCIALISTI. SE NON ORA QUAND? Introduzione di Roberto Biscardini al Seminario di Roma del 4 maggio 2013

21 giugno 2013

SOCIALISTI. SE NON ORA QUAND? Introduzione di Roberto Biscardini al Seminario di Roma del 4 maggio 2013

Chi ha convocato questo seminario non lo ha fatto per parlare del PSI, (o non solo) ma per verificare insieme, data la drammaticità e l’urgenza dell’attuale situazione politica, al confine della ribellione sociale, quanto sia possibile iniziare un percorso per dar vita a una nuova iniziativa politica socialista in tempi rapidi e con chi ci sta. Per alcuni questo vorrà dire preservare l’identità socialista nei contenuti e nelle forme più rispondenti alle attese e alle necessità della gente, anche nelle proprie organizzazioni politiche, per altri, i giovani soprattutto, partecipare ad un nuovo progetto, mettere in campo politiche socialiste e socialdemocratiche come risposte utili e necessarie a risolvere i problemi posti dalla crisi. Insomma quello che per molti di noi è un dovere morale, per il paese è una necessità. Da qui il tema di questo seminario. Per verificare insieme l’attualità del socialismo. Appunto. Se crediamo che ci siano le condizioni, anzi che le circostanze in qualche modo lo impongono, bisogna discutere cosa fare, come muoversi, quali i contenuti, quali battaglie centrali possiamo proporre, come cercare e individuare alleati e interlocutori. Come ci rapportiamo alla società. Quali rapporti con gli altri partiti della sinistra e con il PD in particolare, ben sapendo che rispetto al PD c’è chi da socialista ha scelto di essere subalterno e chi per non esserlo ha solo sperato nella sua distruzione, due cose entrambe sbagliate. Quali rapporti riaprire con i sindacati, come ci rapportiamo alla rete di movimenti e cittadini che nella realtà e dai territori e dal basso invocano ricette o riforme socialdemocratiche e non lo sanno. Una cosa è certa: non si fa il socialismo esaurendo le proprie energie per portare un partito dall’1 all’1 e mezzo per cento, non lo si fa nell’isolamento e nella confusione politica, non lo si fa se non ritroveremo la forza e il coraggio per una ben più grande iniziativa, per un salto di qualità rispetto al passato nei contenuti e nelle forme. Una nuova iniziativa socialista italiana, per il socialismo nel nostro paese. C’è una ragione di fondo che motiva questo ragionamento. Siamo di fronte alla fine della Seconda repubblica, che rischia di passare senza che si realizzino due vecchie convinzioni socialiste. Quelle che con la fine della Seconda repubblica avrebbero potuto ricostruirsi nel Paese le forze di riferimento delle antiche tradizioni politiche europee, e tra queste quella socialista. Secondo, che i socialisti in quel momento avrebbero potuto trovare le ragioni per riunirsi e superare la diaspora del ’93. Purtroppo non è così, la Seconda repubblica può finire senza che si realizzino queste condizioni e rischia di finire per i socialisti nel modo più inglorioso. Nella convinzione per l’opinione pubblica che i socialisti non esistono più e quei pochi rimasti sono inutili. Forse non a caso per la prima volta dopo vent’anni nessuna lista socialista è stata presentata alle elezioni politiche lo scorso mese di febbraio, né a destra né a sinistra. Per vent’anni molti di noi, da punti di vista diversi, si sono impegnati, qualche volta persino mortificati, per tenere in piedi delle bandiere socialiste e ci siamo contrapposti presentando alle elezioni piccole formazioni e liste socialiste diverse. Oggi non è successo neppure questo. Ciò cosa significa? Che quella storia durata vent’anni va considerata per certi versi finita. Che siamo all’anno zero e dobbiamo darci un nuovo progetto e un obiettivo molto più grande della semplice esistenza o resistenza. D’altra parte, se non si reagisce cambiando pagina, i socialisti rischiano di sopravvivere solo nella subalternità ad altri e non saranno protagonisti di una fase politica, cosa che la forza della realtà e la forza della crisi chiederebbe loro di essere. Socialismo e socialisti, quindi, se non ora quando? Di fronte alla grave crisi economica e sociale. Di fronte alla grave crisi istituzionale e politica. Di fronte alla difficoltà della sinistra e del PD in particolare. Una sinistra che non avendo voluto per venti anni fare una scelta di campo e socialista si trova oggi nella condizione più difficile. Costretta a governare con Berlusconi, dopo aver fatto dell’antiberlusconismo la ragione della propria esistenza, e adesso col pericolo di essere scavalcati a sinistra o risucchiati dalla sinistra giustizialista e populista. Fra i tanti, gli errori di Bersani sono stati quelli di non aver previsto che alla sinistra di Vendola potessero sorgere nuove formazioni, come quelle di Ingroia e Grillo e di pensare di poter fare un governo con Grillo non capendo il carattere di quel movimento. Con ciò consegnando le carte del governo nelle mani del centrodestra. Ma al di là della contingenza, su quali basi costruire questo nuovo progetto socialista e questa nuova proposta? Quali i punti forti per ripartire? Come ripartire in modo nuovo? Quali contenuti, nella consapevolezza che il socialismo di cui vogliamo discutere non è quello del passato ma è quello del futuro? Infine come far rinascere nel Paese e nell’opinione pubblica, tra i lavoratori e i disoccupati, tra i giovani e nella società, la consapevolezza che solo una politica socialista e una vera “rivoluzione socialdemocratica” può cambiare il corso delle cose? Nessuna ricetta è preconfezionata. Quindi oggi dobbiamo interrogare noi stessi per essere poi in condizione di interrogare gli altri. Vi propongo uno schema di ragionamento, da discutere in questo seminario e nelle occasioni di approfondimento successive. Uno. Non c’è soluzione ai problemi della crisi, anzi non ci saranno efficaci riforme, senza una vera riforma dello Stato. Per cambiare uno Stato che oggi non funziona, non risponde alle esigenze della popolazione e non funziona per tutti i cittadini allo stesso modo. Dobbiamo proporre un nuovo patto tra Stato e cittadini, che riguarda contenuti molto concreti e urgenti, e indipendentemente dalle questioni di carattere costituzionale. Sul tema della riforma costituzionale io rimango del parere, peraltro sostenuto da sempre dai socialisti, che la via maestra è ancora l’elezione diretta di un’Assemblea costituente da tenersi possibilmente dopo un referendum consultivo su forma di stato e forma di governo. Una nuova bicamerale, che si chiamerebbe Convenzione pensata da Berlusconi per bilanciare un possibile governo Bersani, con un sistema di nomina come quello proposto, rischia di essere solo un’altra perdita di tempo. A questo proposito occorre avviare subito un’iniziativa politica per separare questa vicenda costituzionale dalla questione fondamentale della Legge elettorale, che va cambiata o abrogata subito. Non si può aspettare un anno o un anno e mezzo. Non si può correre il rischio, in caso di una crisi di governo più o meno ravvicinata, di andare a votare ancora con il Porcellum. Due. Una forza socialista rinasce nella capacità di affrontare oggi la questione sociale e occupazionale. Bisogna trovare le risorse, e si può, per dare più reddito a chi ne ha meno. È questo il primo punto di una nuova politica sociale, ed essendo stati noi tra i primi a sostenerlo, sosteniamo ancora l’introduzione del reddito di cittadinanza. Sulla politica economica si possono trovare le risorse per ridurre il debito e promuovere lo sviluppo, ma dobbiamo dire basta all’eterna politica del rigore. La parola d’ordine per noi socialisti non può essere tagliare la spesa o ridurla indiscriminatamente, perché questo rischia solo di voler dire: “tagliamo i servizi”. Questa è la politica della destra. Per noi il problema è tagliare gli sprechi, combattere la corruzione, ridurre la spesa improduttiva e lottare contro l’evasione fiscale. Tre. Infine l’Europa, rispetto alla quale bisogna decidere non se starci ma come starci, da italiani e da socialisti. Come costruire con le altre forze del socialismo europeo un’altra Europa rispetto a quella attuale e soprattutto come rinegoziare la cessione di sovranità. Quattro. A questo proposito, una questione da discutere subito, alla vigilia delle elezioni europee, è il tema della presentazione di una lista socialista come fattore coagulante di chi si riconosce nella necessità di politiche socialiste in Italia e in Europa, una lista socialista che può unire socialisti e quello che sarà del PD o parti del PD, sostenuta da forze sociali, civili e sindacali alla ricerca di una nuova prospettiva. Infine sull’organizzazione politica della nostra iniziativa, discutiamone. Ma una cosa è già chiara. Il nostro obiettivo non è costruire un nuovo partito o ricostruire un “minipartito di veri socialisti” e cioè un partito identitario. Ma semmai mettere insieme le forze disponibili, promuovere il coordinamento dal basso di forze socialiste e realtà nuove. Un lavoro che molti di noi potranno fare anche dentro il PSI ma guardando fuori, così come molti altri lo potranno fare, almeno in una fase iniziale, dall’interno di altre micro o grandi organizzazioni. L’obiettivo è costruire una forza socialista larga, che nessuno può pensare di fare da solo. Costruire un movimento socialista largo, insieme a nuove leadeship partendo sia dal centro ma soprattutto dal basso e dai territori.

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