SOCIALISTI CONTRO LA GUERRA, Roma 19 ottobre 2024, Intervento di Roberto Biscardini
31 ottobre 2024
È
evidente che ci troviamo di fronte ad una situazione che non ha precedenti
nella storia recente dell’umanità.
Con
fronti di guerra sostanzialmente accettati e subiti dalla comunità
internazionale, subiti dalla politica e dalla diplomazia.
Guerre
che non vengono fermate e che, anche per questo, potrebbero favorirne altre.
In
un mondo che non riesce a fermare un uomo, che per salvare sé stesso, agisce
fuori da qualunque regola del diritto internazionale, mettendo a rischio la
pace mondiale.
1 E questo avviene
con il sostanziale silenzio dei governi occidentali nonostante la maggioranza
dell’opinione pubblica di tutto il mondo sia contro l’aggressione criminale del
governo di Israele nei confronti del popolo palestinese.
2 E avviene
nonostante persino in Israele l’opinione pubblica vorrebbe la fine della
guerra, ma si trova per le mani una democrazia debole che non riesce a fermare
un uomo, senza bisogno di uno spargimento di sangue. Un parlamento che non ha
la forza di alzare la mano per mandare a casa i propri governanti, con comunità
ebraiche in tutto il mondo troppo silenziose, quando addirittura non
condizionate dalle aree più fanatiche e integraliste ancorché minoritarie del
popolo ebraico
3 Con le stesse
famiglie degli ostaggi che chiedono a Netanyahu di fermarsi e di scegliere il
terreno della tregua
Anche
per questo è importante questa iniziativa promossa dalla federazione romana dal
Psi perché
dimostra che da qui si può costruire, sui contenuti e sulle cose da fare,
un’idea unitaria del socialismo.
Nel
merito. Stando alle ultime notizie in medio oriente non siamo di fronte solo ad
un’escalation militare, a Gaza come in Libano, ma anche ad una catastrofe
umanitaria organizzata scientificamente da Netanyahu affinché oltre ai
morti sotto i bombardamenti si aggiungano i morti per fame e di stenti.
L’obiettivo
è lo sterminio di un popolo e ridurre tutta la regione in un cumulo di macerie.
E questo non dovrebbe essere accettato da nessuno.
Infatti
i morti sono molti di più di quelli accertati, perché a coloro (uomini donne e
bambini) che sono morti per gli attacchi militari, bisogna aggiungere le
persone che muoiono dopo essere state ferite, o per assenza di acqua e di cibo,
e per aver contratto malattie conseguenti alla distruzione indiscriminata delle
città.
In
poco tempo alla mattanza di Gaza, alla colonizzazione della Cisgiordania,
all’invasione del Libano siamo arrivati alla minaccia di una guerra contro l’Iran,
e il mondo che è sull’orlo di una catastrofe sta a guardare.
La
reazione affinché l’escalation si fermi è debole.
Se
il mondo parlasse, se l’Europa fosse un’altra, se la politica del governo
italiano non fosse complice di una politica solo atlantista, che ha enormi
responsabilità sia nei crimini della guerra in Medioriente e sia nella guerra
tra Russia e in Ucraina, se anche la sinistra avesse maggiore coraggio e
si possa dire BASTA tutti insieme, non ci sarebbe bisogno di un incontro
come questo.
Ecco
perché oggi
siamo qua, e dobbiamo farlo perché farlo È UN DOVERE E NON BISOGNA STARE
ZITTI.
È
un dovere prendere posizioni (così come abbiamo iniziato a farlo proprio qui a
Roma in queste sale, in un’iniziativa di Critica Sociale qualche mese fa,
lanciando l’idea di un movimento per il socialismo che avesse tra propri
obbiettivi quello di impegnarsi con chiarezza contro la guerra e la cultura
della guerra troppo forte in tutto l’occidente.
È
un dovere esserci ovunque sia possibile.
Farlo
pur in un momento in cui la debolezza di una forza socialista anche a livello
internazionale, colloca spesso la sinistra su posizione che non dovrebbero
appartenergli, incapace di guardare lontano e di cogliere la gravità delle
conseguenze disastrose di ciò che a breve potrebbe succedere.
Farlo
contro chi la guerra la promuove, la sostiene e la alimenta con soldi, armi e
propaganda, perché questo è nel DNA del socialismo italiano ed europeo.
È
dall’Internazionale del 1889 che i socialisti discutono del tema della guerra e
del come prevenirla in quanto strumento dei nostri antagonisti. E delle classi
dominanti.
I
socialisti condannarono ogni guerra al Congresso di Stoccarda e a quello di
Basilea del 1912 in quanto guerra fra capitalisti.
E
lo fecero alle soglie della prima guerra mondiale.
Nel
luglio 1914 l’Avanti titolava a prima pagina “Verso un nuovo macello dei
popoli. Abbasso la guerra!” Nella convinzione che i cittadini e la classe
lavoratrice fossero in condizioni con ogni mezzo di fermarla.
Una
posizione netta e intransigente che, nel centenario della morte di Giacomo
Matteotti è doveroso ricordare per la sua attualità.
È
dell’ottobre del 1914 la presa di posizione di Matteotti circa la possibilità del
ricorso all’insurrezione per impedire l’ingresso dell’Italia in guerra.
Neutralismo,
pacifismo integrale e internazionalista.
Fino
all’estremo rimedio della agitazione rivoluzionaria. Perché Matteotti pensava,
per esempio al contrario di Turati, che con la guerra “con il suo carico di
morti e sofferenze economiche da sempre a carico delle classi meno abbienti
imponesse un’azione più decisa del partito socialista per evitarla, fino ad immaginare
lo sciopero generale insurrezionale”.
I
socialisti italiani furono in quegli anni tra i grandi partiti della sinistra
europea quelli più intransigenti, fedeli alla visione pacifista
dell’internazionale socialista che rappresentò per lunghi anni la speranza
di un mondo migliore e senza guerre.
Ma
la storia pacifista dei socialisti italiani non finisce qui.
Bisogna
ricordare Nenni nell’immediato dopo guerra. È l’avvio di una lunga fase della
politica di distensione tra est e ovest che troverà in modo particolare con la
Bad Godesberg del 1969 il punto più alto per contrastare per via diplomatica la
Guerra Fredda.
E
contemporaneamente, quante volte i socialisti della mia età sono stati in
piazza contro la guerra del Vietnam, o in difesa dei movimenti di
liberazione contro le dittature e i regimi totalitari?
Non
è sbagliato partire dal passato per affrontare il presente ed evitare un futuro
drammatico.
Di
fronte al pericolo di una nuova catastrofe è un dovere dei socialisti agire,
esserci, per dare il proprio contributo ed evitare le conseguenze micidiali
delle guerre attuali che rischiano, senza alcun limite ad alimentare l’odio tra
popoli e tra le persone, per generazioni e generazioni, guerre che si
configurano come guerre preventive che dietro un ipocrita “diritto alla
difesa”, magari addirittura in nome della democrazia, hanno come obiettivo non
di sconfiggere l’avversario ma di distruggerlo.
Un
terrorismo di Stato che produrrà a catena nuovo terrorismo. Senza mettere mai
in conto l’ipotesi di un intervento della diplomazia per raggiungere una tregua
o addirittura in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani,
individuali e collettivi. Negando un ruolo attivo delle Nazioni Unite.
Noi
socialisti siamo dalla parte delle persone, siamo dalla parte dei popoli, di
tutti quelli che soffrono sia da una parte che dall’altra.
Siamo
dalla parte dei diritti, e siamo contro la guerra perché il diritto
principale delle persone è quello di poter vivere.
Per
questo:
Chiediamo
che il nostro Paese e l’Europa riconoscano subito la Palestina, ancorché
a distanza e in ritardo di 31 anni quando vennero ratificati gli accordi di
Oslo, perché non può esistere un popolo senza Stato e senza terra.
Chiediamo
che la comunità internazionale esca dall’immobilismo e sia anche l’ONU ad
intervenire diplomaticamente in Medio oriente e in Ucraina come
forze di interposizione tra israeliani e palestinesi, per garantire
l’organizzazione degli aiuti, la fine delle ostilità, e la ricostruzione.
Oltre
all’embargo delle armi e le sanzioni nei confronti di Israele.
Noi
socialisti, in senso lato (non solo quelli anagrafici) possiamo svolgere, sia
in Italia che in Europa, un ruolo protagonista per una politica di pace contro
la guerra.
Perché
disimparare il valore della pace avrà conseguenze incalcolabili per tutti.
Anche
per questo, come è già stato annunciato, ci rivedremo presto, qui a Roma
per dare continuità all’iniziativa di oggi, ma la prossima volta lo dovremo
farlo coinvolgendo la comunità israeliana e quella palestinese.
Dobbiamo
unire nuove forze a partire dalle tante associazioni socialiste, non tutte
impegnate nello stesso modo, dobbiamo entrare nei circoli e nelle sezioni.
Qualche
volta siamo stati criticati perché abbiamo partecipato a diverse
manifestazioni, a partire da quella in Italia del 5 novembre 2022 e le tante
che si sono succedute fino ad ora.
Lo
faremo anche il 26 ottobre a Roma come a Milano e nelle altre città italiane,
con o senza bandiere. Siamo nel movimento contro la guerra e dobbiamo fare la
nostra parte.