“SINISTRA SENZA POPOLO I THINK TANK NON LA SALVERANNO” di Paolo Franchi da “Il Corriere della Sera” del 17 maggio 2008.
09 giugno 2008
Apprendiamo dalla lettura di Europa che, nel seminario di “Italianieuropei” sull’analisi del voto, analisti e politici del Partito democratico e dintorni su un punto almeno si sono trovati d’accordo. Le elezioni sono state una bruttissima botta, ma il problema viene più da lontano. Perché la maggioranza degli elettori italiani premia Silvio Berlusconi e il centrodestra (con le parziali eccezioni del 1996 e del 2006) fin dalle prime elezioni dopo il crollo della Prima Repubblica, quelle del 1994: il voto del 13-14 aprile ha “soltanto” fortemente incrementato una tendenza che era già assai solida e che adesso rischia di consolidarsi ulteriormente. Perché, avverte sin dal titolo l’editoriale del direttore Stefano Menichini, “Siamo alla scissione. Dall’Italia”. Da un’Italia che, secondo una battuta amara di Massimo D’Alema, al centrosinistra e alla sinistra sarebbe largamente ignota: “Per capirne qualcosa, dovremmo semplicemente smetterla di frequentare tutti quelli che frequentiamo”. Forse è vero. Ma si potrebbe obbiettare (e l’obiezione non vale certo solo per D’Alema) che, in attesa di mettere in pratica scelte di vita tanto radicali, sarebbe già buona cosa allargare le frequentazioni oltre la cerchia tutto sommato ristretta dei propri fidi, dei consiglieri del principe, degli yes men, dei salotti buoni, dell’establishment vero o presunto, dei sondaggisti un po’ troppo compiacenti: vivere il proprio tempo e il proprio Paese, e metterci radici. I partiti veri, vecchi o nuovi che siano, servono anche a questo. Quando fanno la loro parte sono invadenti, e pure difficili da governare. Ma quando non ci sono, o sono ridotti ad ectoplasmi, si sente, eccome, la loro mancanza. Soprattutto a sinistra. In una sinistra che in Italia è sempre stata minoranza, salvo che alla metà degli anni Settanta, e che almeno dal 1956 è sempre stata divisa, e sul finire della Prima Repubblica devastata da feroci guerre intestine. Ma che radici profonde nella società (nel popolo come nei ceti medi come nella cultura) ne aveva, eccome; e con tutte le sue divisioni aveva anche forti tratti comuni, che non venivano del tutto meno nemmeno quando la contesa tra gli stati maggiori dei suoi partiti si faceva furibonda. Quei partiti non ci sono più da un pezzo, e sulla scena non c’è nulla di paragonabile, nemmeno alla lontana, anche se i principali eredi del partito più grande, il Pci, hanno continuato ad esercitare un ruolo chiave nella vicenda politica e di governo in un Paese in cui pure, come ci ha ricordato il seminario di Italianieuropei, il centrodestra è, dal ’94, maggioranza. Un miracolo, se vogliamo, ma un miracolo pagato al prezzo carissimo del divorzio tra sinistra e popolo, e in ogni caso consegnato agli archivi dalle ultime elezioni. Nonostante il Partito democratico, un partito, ironizza D’Alema citato da Menichini, che soffre di identità debole sin da prima di nascere. Nonostante Walter Veltroni. L’identità, senza la quale non si mettono radici, non si inventa, si costruisce. E un quindicennio, per costruirla, non è un’occasione da cogliere al volo, è un eternità che non si può far trascorrere invano, lasciando che a cementare il proprio campo sia soprattutto, se non soltanto, l’antiberlusconismo. Anche perché quando finalmente si lascia cadere questa bandiera, e ci si apre, ma da sconfitti, al dialogo, è dal proprio mondo che salgono le proteste e i sospetti. E si rischia di lasciare niente meno che ad Nonio Di Pietro, chissà perché assunto come unico compagno di strada, il rango di leader di una sinistra che adesso non c’è e che, se dialogando dialogando si riformasse la legge elettorale per le europee introducendo una soglia di sbarramento più elevata, potrebbe scomparire a tempo indeterminato. Bell’affare. Identità, radici, partito. Sembra che, adesso, del Pd partito liquido non voglia più sentir parlare nessuno, neanche Veltroni che sembrava il più tentato. Torna in voga, assieme ai think tank, il territorio. Auguri. Se la si vorrà intraprendere sul serio, sarà una campagna lunga, e toccherà andare controcorrente. Il territorio è largamente ostile, ed è difficile immaginare che a riguadagnarlo a qualcosa che assomigli anche da lontano a un’idea di sinistra possano bastare, con tutto il rispetto, i think tank.
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