SINISTRA DI GOVERNO, CHE COSA HA SIGNIFICATO E COSA DOVREBBE SIGNIFICARE di Alberto Benzoni

24 ottobre 2017

SINISTRA DI GOVERNO, CHE COSA HA SIGNIFICATO E COSA DOVREBBE SIGNIFICARE di Alberto Benzoni

Siamo verso la fine degli anni novanta. Quando Lionel Jospin, allora presidente del consiglio e secondo tutte le previsioni destinato a diventare presidente della repubblica qualche anno dopo( previsioni che, per inciso, non erano affatto sbagliate: i candidati di sinistra raccolsero nel loro insieme intorno al 40% dei suffragi al primo turno mentre Chirac era sotto al 20%; il fatto è che se ne presentarono sette/otto, al punto di negare allo stesso Jospin l’accesso al secondo turno… NdR ), di ritorno da uno dei suoi viaggi intercontinentali, manifestò la sua profonda irritazione nei confronti dei giornalisti al seguito. Lui avrebbe voluto intrattenerli sulla necessità e la concreta possibilità di avere insieme un’economia di mercato e una società non di mercato e loro non avevano dimostrato alcun interesse all’argomento.

Con il senno del poi, la sua era stata una pretesa assurda. Insomma, perché intrattenere i suoi ospiti su una cosa che non si sapeva cosa fosse e che anzi era stata cancellata dall’orizzonte dieci anni prima ( la “società non di mercato”) quando magari c’erano assai più attuali e succosi argomenti di cui discutere ?

Ma il senno del poi è, almeno per noi, quello amaro e disilluso degli sconfitti; di socialisti che non sono più in grado di essere forza di governo e non sanno ancora essere forza di opposizione, in un contesto in cui, contrariamente al disegno jospiniano, è l’economia di mercato a permeare, con i suoi valori, l’intera società.

Vent’anni fa, invece, il contesto era, o appariva, completamente diverso. Perché i socialisti erano diventati forza di governo in quasi tutti i paesi d’Europa occidentale ( oltre che negli Stati Uniti): nell’Europa latina e mediterranea avendo sconfitto, insieme, la destra autoritaria e il fratello/nemico comunista; in Italia, grazie alla eliminazione, a furor di popolo e di sentenze, dei vecchi partiti di governo; in Gran Bretagna e in Germania perché gli elettori avevano sì accettato la rivoluzione thatcheriana e l’unificazione/annessione dell’Est ma non i loro riflessi nella loro vita quotidiana.

E tutto questo, attenzione, in un contesto in cui  il socialismo come possibilità di costruire una “società altra”era scomparso dall’orizzonte, travolto dalla resa in campo aperto del “socialismo reale”mentre, nel contempo, il disegno liberista si andava affermando con sempre maggior vigore.

C’era allora il pericolo più che reale che l’ondata rimesse in discussione ( come poi è avvenuto) le basi stesse  della civiltà socialdemocratica- il ruolo del pubblico in una economia keynesiana e il welfare universale- ma questo pericolo viene completamente sottovalutato. Perché nell’ottica dei dirigenti socialisti del tempo prevale la convinzione di essere diventati partner indispensabili dei rappresentanti del capitale nella gestione del’economia e della società.

Ecco, dunque, la “sinistra di governo”nella sua interpretazione più autentica. “Io ti lascio gestire l’economia, secondo le tue regole e con il minimo di interferenze. Tu puoi, anzi devi affidarti a me per assicurare, con un opportuno disegno redistributivo delle risorse da te create, il massimo consenso sociale al sistema”.

Apparentemente, era la riproposizione del grande compromesso tra democrazia e capitalismo, così come costruito negli anni del dopoguerra, sino a raggiungere la sua forma più compiuta negli anni sessanta e settanta. Ma in una situazione in cui i rapporti di forza stavano cambiando radicalmente. E a tutto svantaggio del contraente politico. Qui i cultori e i teorici della sinistra di governo si illudono grandemente. Su sé stessi. Ma soprattutto sulla natura e i propositi della controparte.

Nell’un caso e nell’altro gioca un ruolo fondamentale una pigrizia mentale, fonte di una vera e propria incultura. I Nostri padroneggiano benissimo uno schema politico costruito nell’ambito dello stato nazionale. Ma, esaurito il suo ruolo propulsivo non sanno andare oltre. Sono sì cantori di un internazionalismo sostanzialmente retorico e subalterno che li porta ad essere europeisti e atlantici senza se e senza ma, ma non riescono ad essere né europei né internazionalisti. All’Altro, allora, il compito non solo di garantire le risorse per lo svolgimento delle partite future ma anche quello di fissarne le regole.

Detto in altro modo, è il socialismo che scommette sul buon funzionamento del capitalismo cui viene garantita un’assoluta libertà d’azione. Mentre questo stesso capitalismo,  userà questa ritrovata libertà d’azione nel modo più “irresponsabile”possibile; salvo poi a scaricare i costi della conseguente crisi sui lavoratori e sui gruppi più deboli e senza pagare alcun dazio.

A pagare il dazio, come è noto, sarà la sinistra di governo. Per un verso per non aver garantito al mondo del lavoro una pur minima sicurezza sul presente e sul futuro; per altro verso per non essere riuscita, al dunque, di apparire ai, diciamo così, poteri forti un partner sufficientemente affidabile. Il tutto in un contesto in cui, inutile, ricordarlo, la sinistra nel suo insieme è politicamente e/o elettoralmente minoritaria in quasi tutta l’Europa continentale.

E minoritaria, attenzione, perché, contrariamente a quanto riteneva ( o auspicava) Jospin il dominio incontrastato esercitato dall’economia di mercato ha prodotto una società di mercato. Una società il cui “senso comune” è completamente dominato da principi, valori, modalità di comportamento estranei se non opposti a quelli del socialismo democratico.

In queste condizioni parlare di “sinistra di governo”- almeno nella formulazione proposta dai poteri esistenti- è una stupidità se non una vera e propria provocazione. Quello che ci si chiede, infatti, è di diventare partner di minoranza, se non stampella esterna, di governi di centro-destra; il tutto in nome della difesa dell’ordine esistente di fronte al pericolo populista.

Un’opzione fatta propria, a suo tempo e in un quadro formalmente più dignitoso, dalla socialdemocrazia tedesca e olandese; ma oggi non più sostenibile al punto di portarle all’opposizione. Un’opzione che ha letteralmente distrutto il partito francese e che rischia di avere lo stesso effetto su quello spagnolo. Un’opzione all’ordine del giorno nel nostro paese.

A questo punto, dire no dovrebbe essere un atto dovuto. Per una questione di igiene politica e morale; oltre che per evidenti questioni di sopravvivenza.

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