SI PUO’ APRIRE UNA FASE NUOVA di Roberto Biscardini del 24 agosto 2019
24 agosto 2019
Alle prossime elezioni politiche, in qualunque data ci saranno, tra sei mesi o nel 2022 dopo l’elezione del Capo dello Stato o a scadenza naturale, non voglio trovarmi di fronte all’alternativa di votare il Pd e tanto meno il M5s, per stato di necessità. Per evitare che la destra possa avere la meglio.
Per questo sono ancora a favore della nascita di un governo. D’altra parte votare subito farebbe soltanto gli interessi della Lega, ma soprattutto metterebbe l’Italia nella mani di un governo Salvini-Meloni. La cosa più grave che potrebbe succedere. E l’Italia per ragioni economiche e per credibilità internazionale un governo del genere proprio non se lo può permettere.
Preferirei quindi un governo. Non solo un governo in versione anti Lega, ma un governo con un programma minimo ma chiaro, per affrontare subito la gravissima questione economica con particolare riferimento ai problemi del Sud e un governo che sappia rapportarsi con l’Europa in modo autorevole negli interessi reali del Paese, senza abbassare la testa e senza spirito servile. Per concordare nuove politiche comuni a partire da quella per l’immigrazione e dalle politiche fiscali, più espansive per affronta meglio la crisi internazionale. Un governo istituzionale o politico, poco importa. Non tecnico. Ma soprattutto sostenuto da più forze politiche, non un nuovo bicolore Pd-M5s, vincolato da un nuovo contratto di tipo privatistico a due, ma un governo obbligato a trovare nella mediazione tra più forze la più ampia convergenza parlamentare possibile (ciò rimetterebbe positivamente in gioco sia la sinistra che altre forze oggi nel gruppo misto). Infine un governo persino un po’ “grigio”, senza esaltati, senza rosari, con meno ex ministri possibile, che conti su una certa professionalità dei suoi membri, che sappia discutere dossier seri, non in balia dei sondaggi e della propaganda. Un governo obbligato a rimescolare le carte, a rompere la dicotomia tra “barbari” e “ottimati”. Un governo rispettoso di un parlamento che deve riformare la legge elettorale (il rosatellum è morto per dichiarazione del suo stesso patrigno) riportandoci ad un sistema proporzionale puro pur con una soglia di sbarramento del tre, quattro o cinque per cento, si vedrà.
Perché no? Un governo che, con un po’ di buon senso e neanche tanto coraggio, possa mettere sul binario giusto della questione istituzionale e di un disegno più organico sia il tema (anch’esso tutto propagandistico) della riduzione dei parlamentari (molti come me sono contrari), sia quella follia che si chiama “autonomia differenziata”. Progetto da far saltare subito e senza rimpianti.
Un governo che per la forza delle “cose” può mettere tutti di fronte alla proprie responsabilità, chi è in parlamento e chi è fuori, per l’urgenza e importanza delle risposte da dare ai cittadini. E per il bisogno che abbiamo di rinnovare il quadro politico. Un governo che può aprire di fatto spazi politici nuovi, e potrebbe chiudere la lunga stagione della Seconda repubblica. Quella che, nata dalla scorciatoia post referendaria del 1992 e dalle leggi di tipo maggioritario (Scalfaro ci mise disgraziatamente molto del suo), doveva consegnarci stabilità e governabilità e ci ha invece consegnato lo spettacolo indecoroso arrivato fino a questi giorni. Prima il bipolarismo bastardo, poi la frantumazione della politica, poi i partiti personali e i partiti liquidi, senza valori e senza identità.
Ma ritorniamo al punto. Se non vogliamo trovarci alla prossime elezioni politiche di fronte all’alternativa Pd o M5s, un sentimento che accomuna molti, accomuna un popolo senza partito, tanti finiti nell’astensione, tanti che votano il meno peggio turandosi il naso e tanti giovani schifati dalla politica che hanno conosciuto, bisogna muoversi.
Penso che, più di ieri, ci sia lo spazio per costruire una nuova area di riferimento, una nuova intesa democratica, una forza politica con cultura riformista, di governo e garantista, in grado di non lasciare alla destra l’iniziativa su temi che solo forze democratiche sarebbero in grado di affrontare con senso di giustizia e per tutti. Una forza che si propone di presentare una propria lista alle prossime elezione, combattendo in autonomia la propria sfida. Unendo la cultura socialista, quella ambientalista, quella cattolica e liberale in un grande nuovo progetto, al quale i socialisti uniti, come gli altri, potrebbero dare un grande contributo.
Segnali di disponibilità e di interesse ci sono. Tanti. E come ho già detto si tratta di chiamare al lavoro tutti coloro che ci stanno. Tanti intellettuali, politici intelligenti, i tanti giovani, pronti a fare battaglie di giustizia, di solidarietà e di uguaglianza. Internazionalisti dentro. Pronti a dirsi socialisti in ogni parte del mondo (talvolta con spirito cristiano). Le associazioni, i circoli, i sindacati che vivono attivamente nel sociale. Chiamare tutti a dare il proprio contributo per una nuova area di governo, nel senso alto del termine. Ripeto, una lista nella quale siano riconoscibili con chiarezza valori e culture politiche, e che potrebbe fin da subito contare su molti consenti.
Vai all'Archivio