SESSANT'ANNI DALLA MORTE DI RANIERO PANZIERI di Franco Astengo del 7 ottobre 2024
07 ottobre 2024
Nell’Ottobre del 1964 moriva,
a soli 44 anni, Raniero Panzieri: figura ispiratrice di molte delle idee degli
anni sessanta che influenzarono alquanto anche gli anni settanta. Fu dirigente
del PSI in Sicilia e a Roma. Diresse la rivista Mondo operaio del
PSI. In questo periodo tradusse il Capitale. Trasferitosi a Torino collaborò
con la casa editrice Einaudi . Fondò la rivista Quaderni Rossi con
altri, tra cui Mario Tronti e Toni Negri. Nella rivolta di piazza Statuto a
Torino del 1962, intuì l'emergere della centralità della fabbrica e
dell'operaio massa. Posizioni e ricerche che lo avevano fatto allontanare dal
PSI e dalla sua corrente di sinistra nella quale aveva a lungo militato: un
distacco che gli impedì anche di aderire, nel Gennaio 1964 pochi mesi prima
della morte, allo PSIUP.
Attraverso l’elaborazione
sviluppata su Quaderni Rossi, Panzieri riscoprì alcuni testi di Marx fino a
quel punto largamente ignorati come la IV sezione del I libro del Capitale, il
“frammento sulle macchine” dei Grundrisse, il Capitolo VI del Capitale (inedito),
facendo emergere nel dibattito i concetti di sussunzione formale e di
sottomissione reale del lavoro al capitale per indagare i processi di
trasformazione economico – sociale e per analizzare l’organizzazione
taylorista e fordista del lavoro.
Su quelle basi teoriche
Panzieri elaborò i concetti di “operaio massa” e di “composizione di classe”.
Panzieri indicava la strada
dell’alternativa in lotte di fabbrica che presentassero la richiesta di un
controllo operaio sulla produzione (come produrre, per chi produrre) (con Lucio
Libertini Panzieri fu autore di "sette tesi per il controllo operaio").
L’avanzamento di questa
domanda “tutta politica”, di presa di potere “nella e sulla fabbrica”, fu
disconosciuta dalle organizzazioni ufficiali del movimento operaio, tutte
intente – in quella fase – a muoversi sulla linea delle politiche keynesiane
indirizzate alla sfera dei bisogni e dei consumi (era il momento del cosiddetto
“miracolo italiano”).
Le lotte di fabbrica di quel
periodo spiazzarono, però, l’analisi marxista ufficiale incentrata sulla
arretratezza del capitalismo italiano, sulla necessità della ricostruzione
nazionale e sull’esaltazione della capacità produttiva del lavoro.
L’ analisi di Panzieri
incontrò il limite del non incrociarsi con la possibilità di realizzare, in
quella fase, una adeguata rappresentanza politica.
L'elemento dell'impostazione
della lotta di classe dentro la modernizzazione capitalistica nel senso della
costruzione dell'alternativa avrebbe dovuto costituire l'essenza
dell'opposizione socialista al centro - sinistra che invece assunse la forma
politicista dello PSIUP.
Forse lo PSIUP avrebbe potuto
rappresentare un punto di coagulo intellettualmente all’altezza se all’interno
di quel partito fosse stato possibile misurarsi con i temi della classe e del
rapporto tra essa e la modernizzazione industriale in Occidente e le tendenze
che essa avrebbe suscitato nel movimento operaio.
Lo PSIUP ( Panzieri morì il 9
ottobre 1964 quando il partito era sorto da pochi mesi), si rivelò
insufficiente per eccesso di politicismo e di legame con lo schema bipolare
(tema che non si è affrontato in questa sede e che rimane comunque fattore
decisivamente insuperabile in quell’epoca se pensiamo a ciò che si verificò,
pochi anni dopo, con l’invasione della Cecoslovacchia e la successiva
radiazione del gruppo del "Manifesto" dal PCI).
Si sarebbe dovuta rinvenire
la capacità di uscire dall’egemonia dello schema togliattiano di lettura di
Gramsci del “Risorgimento incompiuto” e dell’identità nazionale della classe
operaia.
I due punti che Togliatti
mutuò da Gramsci attraverso la pubblicazione “ragionata” dei Quaderni e
che rimangono comunque le stimmate di identità peculiare del comunismo
italiano anche rispetto al materialismo dialettico sovietico.
Un’identità consolidata ed
egemone quella assunta dal PCI che poteva essere affrontata attraverso la
rilettura, assieme ai nuovi classici della sociologia americana dell’epoca e
dei teorici della Scuola di Francoforte anche dalla lettura di un altro Gramsci:
quello di “Americanismo e fordismo”.
Rimane il "forse"
che per quella strada si sarebbe potuti uscire dallo schema del
"bipartitismo imperfetto".
Dei “se” e dei “ma” però sono
piene le fosse e in questo caso ne ho compiuto un utilizzo colpevolmente
abusivo ma Panzieri va ricordato anche in questo momento in cui la sinistra
appare in ritardo nel comprendere la nuova complessità delle contraddizioni tra
antico schema "materialista" e novità "post-materialiste",
tra struttura e sovrastruttura.